Gli esseri umani possiedono circa 400 tipi di sensori specializzati, meglio conosciuti come proteine recettori olfattive, che fanno si di farci rilevare una enorme varietà di odori. “Capire come questo enorme gruppo di recettori codifica gli odori è un compito impegnativo”, ha commentato l’autore dello studio, Joel Mainland: “I pattern di attivazione di questi 400 sensori codificano sia l’intensità che la qualità di un odore, tutto questo ripetuto per le decine di migliaia di diversi odori che rappresentano tutto quello che annusiamo. Tutt’ora non siamo in grado di sapere e capire come questi pattern siano trasformati in un segnale che il nostro cervello percepisce come un odore”.
Ricettori olfattivi |
Per comprendere meglio il fenomeno e come questo influenzi la percezione olfattiva umana, Mainland e i suoi colleghi hanno eseguito una serie di analisi per misurare come i singoli recettori e gli individui rispondano agli odori, e hanno compiuto significativi passi avanti nel comprendere come l’intensità, la gradevolezza e la qualità delle molecole olfattive siano codificati.
Nel loro esperimento, i ricercatori hanno clonato 511 varianti di recettori olfattivi umani e li hanno inseriti in cellule ospiti, facilmente coltivabili in laboratorio. Successivamente, hanno misurato come ogni variante dei recettori reagisse a un gruppo composto da 73 diverse molecole odorose, identificando 28 varianti che rispondevano ad almeno una di esse. Gli scienziati hanno anche esaminato il dna di 16 geni dei recettori olfattivi, scoprendo una notevole variabilità tra di essi. Infine, usando alcuni sofisticati modelli matematici, i ricercatori hanno potuto stabilire che i recettori di due diversi individui differiscono di almeno il 30% (ossia presi due individui a caso, 140 dei loro 400 recettori reagiranno in modo diverso agli odori).
“Lo scopo finale è di capire come i recettori codifichino le molecole degli odori abbastanza bene da poter creare ogni odore che vogliamo direttamente manipolando i recettori” ha aggiunti Mainland, “e questo ci permetterebbe di digitalizzare l’olfatto”.