Il-Trafiletto
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28/11/13

Perchè si dice: "restare sull'albero a cantare"?

Una volta mi sono arrampicata su un fico e mi sono comodamente seduta su un ramo, mentre naturalmente i miei, distratti, ignoravano le mie performance ginniche. Da quel ramo intonai una specie di canzoncina, una sorta di inno da me composto per la conquista del ramo stesso.
In verità l'adagio che andremo ad analizzare non c'entra nulla con il mio ricordo, ma a me piace l'associazione di idee e quinidi....
Il corvo e la volpe

Restare sull'albero a cantare, restar delusi, perdere un'occasione, lasciarsi scappare qualcosa a beneficio di altri. Il modo di dire viene probabilmente dalla famosa favola di Esopo, raccontata anche da Fedro, Apuleio e La Fontaine, che s'intitola Il corvo e  la volpe. Un corvo aveva rubato un pezzo di carne ed era andat a posarsi su un albero. Lo vide la volpe e le venne la voglia di quella carne. Si fermò ai suoi piedi e cominciò a fare gran lodi del suo corpo perfetto e della sua bellezza, dicendo che nessuno era più adatto di lui ad essere il re degli uccelli, e che lo sarebbe diventato senz'altro, se avesse avuto la voce. Il corvo allora, volendo mostrare che nemmeno la voce gli mancava, si mise a gracchiare con tutte le sue forze, lasciando cadere la carne. La volpe si precipitò ad afferrarla, soggiungendo: " Se poi, caro il mio corvo, tu avessi anche il cervello, non ti mancherebbe proprio altro, per diventare re". Ecco, conclude Esopo, una favola adatta per un uomo stolto.

07/11/13

Perchè si dice "il re travicello"?

Ai bei vecchi e cari tempi del liceo la mia professoressa di latino e greco, ci fece tradurre una favola di Esopo, intitolata "Le rane chiesero un re".  Ricordo perfettamente che risi quando mi trovai a tradurre proprio una frase buffa: Zeus mandò alle rane un re travicello.
Da questa frase capii poi che era nato un adagio.
Il re travicello si dice di occupa un posto di comando solo per figura senza avere l'autorità necessaria. In fatti narra  la favola di Esopo che le ranocchie, stanche di vivere senza alcuno che le governasse, mandarono ambasciatori a Zeus, pregandolo di largire loro un re. E Zeus, vedendo la semplicità del loro animo, buttò giù nello stagno un pezzo di legno.

Le rane chiesero un re
 A tutta prima, atterrite dal tonfo, le ranocchie si tuffarono nel fondo; ma poi dato che il legno rimaneva immobile, risalirono a galla, e giunsero a tal punto di disprezzo per il loro re che gli saltarono addosso e vi si accomodarono sopra. Infine, vergognandosi di avere un sovrano di tal fatta, andarono nuovamente da Zeus, e lo pregarono di mandare loro un re più valido, perchè il primo era troppo indolente. Allora Zeus perdette la pazienza, e mandò una biscia d'acqua, che comincò ad afferarle e divorarsele. La favola, conclude Esopo, mostra che è meglio avere governanti infingardi ma non cattivi, piuttosto che turbolenti e malvagi.
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