Il-Trafiletto
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25/05/14

"Biosphere 2" | Prove generali per produrre cibo ed ossigeno | Mondi alieni.

Il progetto "Biosphere 2" nacque nel 1991 nel deserto dell'Arizona, con otto "bionauti" rinchiusi ermeticamente per due anni, durante i quali dovettero coltivare il cibo necessario ad alimentarsi e per generare ossigeno.

Alcuni veterani tra i bionauti sono adesso consulenti per le tecnologie di sostentamento di Mars One.
Nel corso degli anni l'interesse scientifico si è concentrato sempre più sulle conseguenze fisiche e mentali del isolamento prolungato. Le si è potute osservare con l'esperimento Mars 500 del 2010, nel quale un equipaggio di sei persone ha simulato una missione completa su Marte, della durata di 520 giorni, all'interno di una finta astronave in un parcheggio a Mosca.
Analoghi planetari
(immagine dal web)

L'interesse per gli "analoghi planetari", cioè i luoghi terrestri che presentano analogie con alcuni aspeti di altri pianeti, è nato più di recente. "Gli analoghi sono più ricercati man mano che la planetologia diventa più interdisciplinare", spiega Anita Heyward di Europlanet, una rete europea di planetologi che organizza viaggi sul campo in siti analoghi, dalla Tunisia alla Siberia.
"Ormai non ci occupiamo più solo di geologia, ma anche di discipline come l'astrobiologia, cioè lo studio della vita in ambienti estremi.

E' stata la Mars Society che sostiene l'idea di missioni con equipaggio sul Pianeta rosso la prima a unire gli studi sull'isolamento e sugli analoghi. "L'organizzazione ha approfittato del fatto che la NASA già aveva un centro ricerche sull'Isola Devon, nell'Oceano artico canadese. Nel 2000 ha ottenuto il permesso di installarci la Flashline Mars Artic Research Station (FMARS)", speiga Vladimir Pletser dell'Agenzia spaziale europea (ESA), veterano sia di FMARS che MDRS. Nell'isola Devon, grande quasi il doppio del Belgio e disabitata, si trova il cratere Haughton del diametro di 23 km, che si formò circa 39 milioni di anni fa, ma è in buona parte intatto, il che lo rende di grande interesse per i geologi.(science)

22/05/14

Pulizie di primavera | Spieghiamo dunque... le "vele" per pescare nello spazio.

Il problema dei rifiuti spaziali potrebbe essere eluso se i satelliti potessero essere dotati di dispositivi per rimandarli sulla Terra, dopo che hanno smesso di funzionare. Spieghiamo dunque le..."vele" per pescare nello spazio.

SPIEGARE LE VELE
Cosi l'Università del Surrey, nel Regno Unito, ha sviluppato una vela ultra leggera di 5 metri per 5, che si dispiega dal satellite appena la sua missione è conclusa, riportandolo palcidamente sul nostro Pianeta.
L'ESA, l'Agenzia spaziale europea, comincerà a testare il dispositivo nel corso dell'anno. Se avrà successo, la vela potrebbe teoricamente, essere installata anche sui satelliti per le telecomunicazioni già in orbita, grazie a un veicolo spaziale automatizzato. Quando un rottame di dimensioni importanti si avvicina a pochi chilometri della Stazione Spaziale Internazionale, allora ISS viene condotta a una diversa altitudine per evitare una possibile collisione.
Vela ultra leggera
(immagine dal web)

PESCA SPAZIALE
"Catturare" i frammenti più piccoli dei rottami è un'impresa ardua. La JAXA, Agenzia spaziale giapponese, ha annunciato recentemente il progetto di testare una "rete da pesca" magnetica lunga 700 metri: una struttura metallica con cavi d'acciaio, attraverso cui scorrerà corrente elettrica, in modo che la rete possa manovrarsi da sola. Ciò genererà un campo magnetico che ettirerà i rottami.

Quando questa sarà piena, deorbiterà da sola e i detriti bruceranno nell'atmosfera. Se il test, previsto quest'anno. avrà esiti positivi, la JAXA proporrà una versione della rete lunga 10 chilometri. Sono 2300 i frammenti rintracciabili prodotti nel 2007 dal test dell'arma anti-satellite cinese Feng-Yun 1C.(science)

Licenza Creative Commons
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