LA TRASFORMAZIONE DEGLI ELEMENTI
Il simbolo centrale dell'alchimia è l'oro. Esso rappresenta il coronamento glorioso dell'Opera, il più perfetto dei metalli: desiderio e scopo della vita di ogni alchimista è possedere il segreto della sua creazione. L'oro è più che un metallo, è un principio: per questo, anche se l'oro in quanto metallo, dal punto di vista fisico, detiene una posizione assolutamente centrale nell'alchimia, ci si imbatte anche nei concetti di oro esaltato, di oro vegetale e di oro spirituale. Quando si considerano le qualità dell'oro, appare evidente che si tratta di un metallo molto particolare. E praticamente esente dai normali processi di corruzione; non viene attaccato dalla ruggine, né si ossida. Il fuoco può raffinare l'oro, ma non può distruggerlo o alterarne la natura essenziale. Per quanto riguarda l'aspetto, si dice che l'oro ha «una struttura levigata e malleabile, bellezza cromatica, capacità di splendere intensamente ».
Dal punto di vista della lavorazione, ciò che più colpisce è la possibilità che offre di essere lavorato a freddo. È duttile e malleabile: può cioè essere usato non per creare strumenti resistenti o forti, ma può essere modellato in varie forme e strutture delicate; può anche essere battuto fino ad essere ridotto ad una lamina di incredibile sottigliezza. Lo si può trovare in tutti i continenti del globo, come attesta il fatto che sia stato noto ad ogni civiltà. l primi esempi di oro lavorato compaiono attorno al IV millennio a.C. In Egitto e a Ur, l'oro veniva impiegato per gioielli, vasi, ornamenti, e decorazione delle tombe reali; non venne invece usato come moneta fino al 400 a.c. In Egitto la produzione di oro era controllata dallo Stato; i resoconti delle condizioni dei minatori dipingono un fosco quadro di lavori forzati imposti a criminali e prigionieri di guerra.
Sin dai tempi antichi, l'oro è stato associato alla regalità e alla divinità. Gli Egizi chiamarono l'oro «la carne degli dèi» e, come altri popoli dell'antichità, scorsero nell'oro gli attributi della divinità splendore, purezza, incorruttibilità. L'oro stesso incarnava perciò il potere divino e il suo impiego poteva conferire doni e benedizioni speciali. Si pensava, ad esempio, che recipienti d'oro potessero mutare la qualità delle sostanze in essi contenute. Un altro collegamento istituito fin dai tempi più antichi è anche quello dell'oro con il sole, collegamento che fu mantenuto anche dagli alchimisti, i quali chiamarono l'oro e l'argento Sole e Luna, Re e Regina, la coppia celeste. L'oro era anche stato generalmente stimato un metallo sovrannaturale, dagli. influssi magici. Nelle tradizioni europee si favoleggiava che fate e nani lo possedessero in grandi quantità e che se ne servissero per attirare i mortali nei loro regni.

Assai forte fu sin dagli inizi l'influsso della tradizione egizia, dove peraltro la lavorazione dei metalli aveva raggiunto altissimi livelli ed era un punto di riferimento per tutte le altre civiltà. L'Egitto era a conoscenza del metodo di fabbricazione delle leghe e di quello della colorazione dei metalli; erano in grado di smaltare l'oro e di placcare gli oggetti d'oro. Questo doveva in parte contribuire a soddisfare il desiderio onnipresente nella natura umana ad ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo, poiché esistevano tecniche per legare l'oro con metalli più vili e perfino per creare del falso oro. In ogni caso, gli artigiani andavano assai fieri del proprio lavoro e ne custodivano molto gelosamente i segreti.
Non siamo in possesso che di scarsi dettagli in merito alle pratiche effettive, ma dai testi geroglifici e dalle pitture dell'epoca si riescono a ricavare alcuni principi generali. La fornace delle fonderie, per esempio, aveva tre lati di altezza più elevata per aumentare l'intensità del calore - allo scopo di ravvivare la fiamma si servivano di un mantice, quando si procedeva alla raffinazione dell'oro. I primissimi alchimisti furono probabilmente iniziati ai segreti della lavorazione dei metalli, ma non si riesce a stabilire con certezza quando avvenne la separazione fra le due arti.