17/10/14

Ci sono quattro elementi e...| L'Alchimia

......alla comparsa di un nuovo e abbagliante colore nell'alambicco ermeticamente sigillato.[Qui]

TEORIE DI ELEMENTI E METALLI
|"Ci sono quattro elementi, e... ciascuno ha al suo centro un altro elemento che lo rende ciò che è. Questi sono i quattro pilastri del mondo. Essi alle origini si svilupparono e furono plasmati dal caos per mano del Creatore; è la loro azione contraria che conserva l'armonia e l'equilibrio della macchina del mondo; sono loro, che, attraverso la virtù degli influssi celesti, producono tutte le cose che stanno sopra e sotto la terra". 

Michele Sendivogius, che scrive nel XVII secolo, traccia qui la descrizione della teoria classica di costruzione della materia che era alla base delle idee originarie sulla trasformazione alchimistica persistenti ancora nel XVIII secolo. I quattro elementi sono la terra, l'acqua, il fuoco e l'aria; ne fece menzione per la prima volta il filosofo greco Empedocle, al culmine della sua attività verso il 450 a.c. Egli sosteneva che i quattro elementi entrassero in combinazione secondo proporzioni sempre diverse, dando così vita alle differenti sostanze che esistono; una parte del compito dell'alchimia è proprio quella di cercare di ricostituire la composizione degli elementi e la loro relazione reciproca, per poter poi procedere alla trasformazione della sostanza in esame.

Un'altra esposizione della teoria, che in Europa tenne banco fino all'era moderna quando si affacciò all'orizzonte la nuova scienza del XVII secolo, è quella che si ritrova nella formulazione di Aristotele, databile al 350 a.C. all'incirca. Era opinione del filosofo che ciascun elemento fosse composto di due qualità, e che il numero complessivo delle qualità fosse quattro: calda, asciutta, umida e fredda. L'elemento dell'aria era caldo e umido; il fuoco era caldo e asciutto; la terrà era asciutta e fredda; l'acqua umida e fredda. Il mutamento di una qualità di ciascun elemento rendeva possibile la trasformazione: eliminando l'umidità dall'aria, per esempio, sarebbe risultato il fuoco, perche ora la coppla delle qualità sarebbe stata quella del fuoco, che era caldo e asciutto. Ecco che gli alchimisti si trovavano in questo modo a possedere una teoria delle trasformazioni.

L'apparente semplicità di questo sistema, in ogni caso, è minata gia alla base dalle stesse descrizioni che ne fanno gli alchimisti, come possiamo vedere dalla citazione precedente. Essi ci tenevano a precisare quasi immediatamente che i veri aria, acqua, fuoco e terra non sono le entità che conosciamo noi. Gli elementi «comuni» erano le qualità tangibili e visibili, il cui carattere era il più prossimo agli elementi «puri». Questi elementi puri si trovavano solo nel nucleo della materia, ed erano considerati per lo più come forze, o agenti, piuttosto che come sostanze effettivamente rintracciabili. Questi elementi portavano a compimento il lavoro della Natura con il cambiare continuamente la propria combinazione per poter dare vita a tutte le diverse sostanze che esistono sulla terra.

Se la materia giungeva a cambiare il proprio stato, come succedeva nell'alambicco dell'alchimista, questo significava dunque che si era verificata un'alterazione, una nuova combinazione degli elementi che formano la materia. Un mutamento nello stato degli elementi non poteva avvenire semplicemente sotto l'azione di forze fisiche cioè, per fare un esempio, tramite taglio o polverizzazione. Il mutamento doveva avvenire in genere mediante l'applicazione dell'azione di un altro agente elementare, specialmente quello dell'acqua o quello del fuoco. Il fuoco e l'acqua «comune» venivano così a giocare un ruolo di spicco nell'alchimia, ma molto spesso gli alchimisti cercarono di produrre le forme «pure», che essi chiamavano con nomi del tipo «il nostro fuoco» e «la dolce acqua», «l'acqua del Ponto» o «l'acqua del sapiente».

Queste forme andavano soggette a lunghi e laboriosi stadi preparatori e venivano utilizzate per scopi quali la distruzione della forma originaria della Materia Prima per poter liberare gli elementi in essa contenuti, o per nutrire il materiale posto nell'alambicco, una volta che avesse già subito la trasformazione radicale. Si credeva che l'oro contenesse tutti e quattro gli elementi in perfetto equilibrio e si diceva che la natura operasse un processo costante di perfezionamento di quanto era ancora ad uno stato grezzo o corrotto. Ancora una volta Aristotele deve essere considerato il responsabile della teoria secondo la quale la Natura faceva «crescere» l'oro nella terra e che, per ovvia conseguenza, tutti i metalli si sarebbero dovuti sviluppare fino a diventare oro. I metalli stessi nascevano da semi, di cui si potrebbe riconoscere l'originaria natura metallica.

Talvolta la ricerca alchimistica della Materia Prima fu descritta come la ricerca del giusto seme metallico, che gli alchimisti potevano curare con attenzione e far sviluppare fino a condurlo allo stato di oro perfetto. Aristotele aveva elaborato una tesi per cui i metalli venivano prodotti all'interno della terra per azione del vapore. Gli alchimisti elaborarono questa idea, ìpotizzando che il calore del sole e l'influsso dei pianeti rendessero attivo questo vapore e che, dal momento che questi fattori variano a seconda del clima, delle stagioni e delle configurazioni dei pianeti, così anche i tipi di metalli sepolti nella terra variano. Nel procedimento alchemico essi cercavano appunto di riprodurre questo processo, annotando il grado di calore nella fornace, il periodo dell'anno e le indicazioni astrologiche.

Dall'osservazione della Natura, ancella fedele e saggia del volere divino, gli alchimisti incominciarono a capirne le vie e ad imparare come riprodurle ed esercitarsi su di esse tramite l'Arte. La visione che l'alchimista aveva della terra era quella di un organismo vivente in stato perenne e costante di cambiamento e di crescita. Per l'alchimia non esiste materia «morta»; tutta la sostanza è vitale e dinamica.
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