06/08/14

Quello che abitualmente intendiamo per memoria non è che un riassunto degli eventi vissuti | JINARAJADASA

................Avendo delle idee chiare sul meccanismo della memoria, forse comprenderemo perché ricordiamo o non ricordiamo le nostre vite passate.[qui]

In breve, possiamo dire che quello che abitualmente intendiamo per memoria non è che un riassunto degli eventi vissuti. Se ricordo oggi l'incidente che mi toccò ieri, quando mi sono tagliato un dito, due elementi sono presenti nella mia memoria: in primo luogo, la serie degli eventi che produssero il dolore - il maneggio maldestro del coltello, il taglio, il sanguinamento, la reazione sensibile nel cervello, il gesto, ecc.; in secondo luogo, il senso del dolore. Come passano i giorni, le cause del dolore recedono alla periferia della coscienza, mentre gli effetti, cioè il dolore, si raccolgono nel centro. In seguito, pure il ricordo del dolore recede verso lo sfondo, lasciandoci non più un ricordo diretto dell'evento, ma un ricordo indiretto, come una tendenza - una tendenza cioè ad essere più cauti nel maneggiare gli strumenti taglienti.

Questo processo avviene continuamente: la causa viene dimenticata, per quanto si possa rievocarla dalla mente subcosciente sotto l'influsso dell'ipnosi, mentre l'effetto rimane, tramutandosi in tendenza acquisita. In questo processo siamo aiutati dal nostro cervello. Possiamo considerare il cervello quale registratore dei ricordi, ma la sua più efficace funzione consiste appunto nel rimuovere le registrazioni mnemoniche già avvenute; il cervello cioè ha una doppia funzione: quella del registrare e quella del dimenticare. La nostra vita sarebbe impossibile se non avessimo la capacità di dimenticare. Se ogni volta che cerchiamo di muovere un membro ci ricordassimo tutti gli sforzi che facemmo da bambini per compiere quel movimento, con le esitazioni e i dubbi e forse con le sofferenze connessevi, la nostra coscienza sarebbe tanto sovraccarica di memorie, che il necessario movimento dell'arto certamente ne sarebbe ritardato o addirittura impedito.

La stessa cosa avverrebbe per ogni altra funzione, che ora si compie in modo automatico, ma che però fu coscientemente acquisita. Ciò è dovuto appunto al fatto di dimenticare il processo di acquisizione, però utilizziamo la facoltà che ne risulta. Questo processo avviene continuamente nella coscienza di ognuno di noi. Avviene, in altri termini, un processo di permutazione, come quando si scambiano le monete di rame con quelle d'argento, dello stesso valore, ma di minor mole; queste a loro volta si possono scambiare ancora con banconote, che rappresentano soltanto il loro valore, oppure con un pezzo di carta sotto forma di assegno, il valore intrinseco del quale è nullo. In tal caso basta firmare l'assegno e si mette in funzione tutto il meccanismo del cambio.

Un processo simile avviene anche con i nostri ricordi di sensazioni, sentimenti e pensieri. Questi si raccolgono in categorie e si trasmutano in dispiaceri e piaceri (in inclinazioni ed avversioni) ed infme in talenti o facoltà. Ora sappiamo bene che, quando manifestiamo un piacere (inclinazione) o dispiacere (avversione) per qualche cosa o esprimiamo qualche attitudine speciale, non facciamo altro che ricordare il nostro passato, per quanto non ricordiamo i dettagli delle esperienze che in origine generano l'emozione o la facoltà. Mentre io scrivo queste parole in italiano su questa pagina, debbo ricordare quando, per la prima volta, mi sono imbattuto in ciascuna parola in qualche libro di lettura, e ne trovai il significato in qualche dizionario, quando facevo le lezioni scolastiche, però ora uso tali ricordi trasformati.

Tuttavia, in effetti ricordo, e se non fosse per questi ricordi accumulati in qualche parte della mia coscienza, (se nelle cellule cerebrali o altrove, tralasciamo per ora) non sarei in grado di conoscere la parola appropriata per esprimere il mio pensiero o neppure di raffigurarla, in modo che il tipografo possa riconoscere le lettere per comporre la parola stessa. Inoltre, ci è noto il fatto che noi effettivamente dimentichiamo le cause una ad una; sarebbe folle se, mentre scrivo una parola, dovessi ricordare quando la vidi per la prima volta. Il cervello è uno strumento di registrazione tale, che non obbedisce alla coscienza quando si desidera risalire il corso degli avvenimenti, salvo che in certi casi particolari.

Il desiderio di ricordare non è necessariamente seguito dai ricordi relativi, e questo fatto dobbiamo accettarlo qual'è. Bergson assai appropriatamente ha dimostrato che "...noi pensiamo soltanto con una piccola parte del passato, mentre invece con tutto il nostro passato e con l'impulso originale della nostra anima desideriamo, vogliamo e agiamo". Risulta chiaro che sarebbe inutile cercare di ricordare le nostre vite passate con il solo esercizio della mente; tuttavia il pensiero può richiamare qualcosa del passato, ma questo non è che una frazione del tutto.

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