09/08/14

La rivoluzione dell'alfabeto | Geroglifici, cosi li abbiamo decifrati

Il passo successivo fu compiuto nel 1815 dallo scienziato inglese Thomas Young, poliedrico intellettuale dagli interessi tanto eterogenei da valergli la nomea di "ultimo onnisciente". 

Seguendo l'idea di De Sacy, Young provò ad abbinare le lettere P, T, O, L, M, N, E ed S (da Ptolmnes, equivalente del greco di "Tolomeo") ai geroglifici racchiusi nel relativo cartiglio. Dopo aver applicato lo stesso metodo anche per il nome della regina tolemaica Berenice, lo scienziato ottenne un possibile "alfabeto" geroglifico, pubblicato nell'Enciclopedia Britannica nel 1819.

Molte delle corrispondenze individuate da Young erano corrette, alcune errate. L'inglese fece un ulteriore, grande passo. Attraverso un raffronto meticoloso dei segni demotici, dei geroglifici incisi sulla Stele di Rosetta e di altre iscrizioni, dimostrò che il demotico discendeva dai geroglifici, al contrario di quanto avevano sostenuto altri studiosi in passato. Insomma, Young potè tracciare lo sviluppo dai geroglifici pittografici (che rappresentavano persone, animali, piante e oggetti vari) ai caratteri demotici, loro equivalenti astratti e corsivi. Lo scienziato trasse quindi la giusta conclusione che il demotico si componeva di "imitazioni dei geroglifici... miste a lettere dell'alfabeto".
Thomas Young

Non si trattava né di un sistema di scrittura puramente simbolico, né di un alfabeto, bensì di una commistione delle due cose. Quest'intuizione meritoria non portò tuttavia Young, che subiva ancora l'incanto degli autori classici, a compiere il passaggio logico successivo. L'idea che l'intero sistema dei geroglifici (e non soltanto i cartigli) potesse costituire un ibrido, al pari del demotico, sarebbe stato il lampo rivoluzionario di Jean-Francois Champollion. Da studente, Champollion ebbe una fonte d'ispirazione nel fisico e matematico Joseph Fourier. Questi divenne prefetto di Grenoble di ritorno dall'Egitto, e intorno al 1805 mostrò al ragazzo la sua collezione di reperti antichi, tra cui anche una serie di iscrizioni. Il problema dei geroglifici iniziò così ad appassionare Champollion. Più tardi, a Parigi, il giovane fu allievo di De Sacy, la cui frustrazione per l'arcano e i successivi progressi compiuti da Young trasformarono la ricerca di Champollion in uno sforzo ossessivo di battere il rivale inglese. L'indizio-chiave arrivò nel 1822 con il ritrovamento di un cartiglio contenente il nome di Cleopatra.

Champollion disponeva ora di un "alfabeto" dei geroglifici per lo più corretto, che gli consentì di tradurre i nomi di decine di sovrani, tra cui Alessandro e Ramesse. Nei successivi dodici mesi circa Champollion esaminò la scoraggiante combinazione di segni fonetici e non fonetici che componevano il sistema dei geroglifici, e nel 1824 scrisse: "Quello dei geroglifici è un sistema complesso, che può essere insieme figurativo, simbolico e fonetico all'interno di uno stesso testo... e, potrei aggiungere, di una stessa parola". Con la scoperta del cartiglio di Tutankhamon (1922), decifrato grazie al lavoro di Champollion, si scoprì che il pittogramma del pulcino era il segno fonetico della vocale U, che la croce ansata stava a indicare la parola ankh ("vita") e che il bastone da pastore voleva dire "sovrano". Grazie a quanto si era appreso sui geroglifici, fu possibile iniziare a svelare i segreti di una grande civiltà del passato.(science)
Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia.