l, 1. SERENO «A me, che attentamente osservavo dentro me stesso, certi difetti apparivano, o Seneca, scoperti, posti in chiaro, da afferrarli con la mano, altri più oscuri ed appartati, altri non continui, ma ritornanti ad intervalli; questi, li definirei i più molesti· in assoluto, come nemici errabondi che assalgono a seconda delle occasioni, a causa dei quali non è possibile né, come in guerra, essere preparati, né, come in pace, essere senza preoccupazioni.
2. Tuttavia, quell'atteggiamento soprattutto sorprendo in me (perché infatti non dovrei dire la verità, come ad un medico?), di non essermi con piena fiducia liberato da quei difetti che temevo ed odiavo, né, all'inverso, di essere in loro balia: sono posto in una situazione che, come non è la peggiore, così è sommamente querula ed affliggente: né sono malato né sono in buona salute.
3. Non dirmi che di tutte le virtù delicati sono i principi, che con il tempo vi si aggiunge indurimento e vigore; so bene che anche quelle attività che si affannano per l'apparenza (parlo della posizione sociale e della fama comportata dall'eloquenza e di quant'altro cade sotto l'approvazione altrui) con il passare del tempo si consolidano - non solo quelle attività che procurano forze vere, ma anche quelle che si rivestono di belletti, a ché si riesca graditi, aspettano anni, finché poco a poco il lungo trascorrere del tempo non ne assorba il colore - quanto a me, temo che la consuetudine, apportatrice di costanza alle cose, questo difetto conficchi in me più profondamente: dell'amore tanto verso le cose buone quanto verso le cose cattive, il lungo rapporto avutone ci veste.
4. Questo squilibrio dell'animo, incerto fra entrambe le evenienze, che non sa piegarsi né con forza alle cose rette né a quelle storte, di che tipo sia, io non sono tanto in grado di mostrarlo in una sola volta, quanto piuttosto di mostrarlo diviso in parti. Ti dirò che mi succede, tu troverai il nome per la malattia.
5. Mi possiede un sommo amore per la parsimonia, lo riconosco; mi piace un letto messo insieme non perché se ne parli per fama, non una veste tratta fuori da un forziere, non stirata da pesi e da infiniti torchi che la costringano a risplendere, ma una da casa e di poco valore, non conservata né da indossarsi con preoccupazione;
6. mi piace un cibo che non preparino né vi assistano intere servitù, non ordinato molti giorni prima né imbandito dalle mani di molte persone, ma facilmente procacciabile e confezionabile, che nulla ha di ricercato e di prezioso, tale da non mancare in alcun luogo della terra, non pesante né per il patrimonio né per il corpo, non destinato a tornare per dove è entrato;
7. mi piace un servitore male in arnese ed un rozzo schiavetto casalingo, l'argenteria pesante appartenuta al padre contadino, senza alcun nome di cesellatore; una mensa non rifulgente per varietà di venature né nota alla città attraverso molte successioni ereditarie di padroni raffinati, ma messa lì perché serva e tale da non fermare per il piacere gli occhi di alcun convitato né da accenderli per l'invidia.
8. Ma quando tutto ciò mi è ben piaciuto, abbaglia l'animo la pompa di qualche scuola di paggi, gli schiavi vestiti con diligenza maggiore di quanto comporti una pubblica processione ed abbelliti d'oro, ed una schiera di schiavi tutti lustri, ed ecco già la casa preziosa anche dove riceve il calpestio dei piedi, e persino i soffitti risplendenti di cose ricche sparse per ogni angolo, e la folla che fa da scorta e si accompagna a patrimoni che vanno in rovina. Che dire delle acque trasparenti sino in fondo e scorrenti addirittura intorno ai conviti, dei banchetti degni del loro scenario?
9. suole avvolgere me, che vengo dalla lunga muffa della frugalità, il lusso con il suo grande splendore e da ogni parte rimbombarmi: la vista tituba un po', e verso il lusso alzo più facilmente l'animo che gli occhi; me ne torno dunque indietro non peggiore, ma più malcontento, e fra quelle mie cose di poco valore non mi muovo più a testa tanto alta, ma un tacito morso si fa sotto, ed un dubbio, se mai quelle altre cose siano preferibili: nessuna di quelle mi cambia, non ce n'è nessuna che non mi scuota.
10. Sono deciso a seguire la via dei precetti e di mettermi in mezzo alla vita politica; ho deciso di ottenere cariche pubbliche ed i fasci, non certo perché portato fuori strada dalla porpora e dalle verghe, ma per essere più disponibile e più utile agli amici ed ai parenti e a tutti i concittadini, poi a tutti gli uomini. Ben deciso, ben raccolto in questa decisione, seguo Zenone, Cleante, Crisippo, nessuno dei quali fece tuttavia politica, eppure tutti spinsero a farla.
11. Quando qualche incidente ha colpito l'animo mio, non abituato ad essere urtato, quando si presenta davanti qualche fatto non meritato (quali molti accadono in ogni vita umana) o che scorre troppo poco facilmente, oppure quando fatti degni di poca stima hanno richiesto molto tempo, allora me ne tomo alla vita privata e, come suole capitare alle greggi sebbene stanche, il mio passo si fa più veloce verso casa. Sono deciso a racchiudere la vita entro le fidate pareti della propria casa:
12. "Nessuno ci porti via un sol giorno, dato che non potrà restituire nulla che sia degno di una spesa tanto grande; l'animo stia ben stretto a sé solo, si coltivi, nulla faccia che riguardi gli estranei, nulla che sia sottoposto ad un giudice: si ami una tranquillità che non ha a che fare con una preoccupazione pubblica e privata". Ma quando una lettura più impegnata e coraggiosa ha sollevato l'animo ed esempi famosi hanno messo sotto gli sproni, mi piace muovere di botto al foro, mettere a disposizione di uno la voce, di un altro l'opera mia (che, se anche non sarà utile, tenterà di esserlo), frenare nel foro la baldanza di un altro, che si è malamente insuperbito per felici vicende.
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14. Poi, di nuovo, quando l'animo si è elevato per grandezza di pensieri, diventa ambizioso nel cercare le parole, desidera come spirare, così parlare più elevatamente, ed il discorso esce fuori adattandosi alla dignità degli argomenti; dimentico allora della regola imposta e di un giudizio maggiormente premuto a terra, mi sento portare più in alto "con bocca non più mia".
15. Per non tenere dietro più a lungo alle singole manifestazioni, mi segue in ogni cosa questa instabilità nella retta volontà. Anzi, temo di scorrere giù poco a poco, o piuttosto (ed è cosa ancor più preoccupante) di rimanere sempre in bilico, simile a colui che sta per cadere, e temo che la cosa sia più grave di quanto io riesca a vedere dentro: familiarmente infatti guardiamo le cose della nostra casa e sempre al giudizio è di ostacolo la simpatia.
16. Credo che a molti sarebbe stato possibile raggiungere la saggezza, se non avessero creduto di averla già raggiunta, se non avessero fatto finta di non vedere in sé stessi certi difetti, davanti a certi altri non fossero passati ad occhi chiusi. Non credere infatti che noi andiamo in rovina più per l'adulazione altrui che per la nostra. Chi ha mai avuto il coraggio di dire a sé stesso la verità? chi, pur posto fra greggi di gente che loda e blandisce, non è lui a complimentarsi moltissimo con sé stesso?
17. Ti prego, dunque, se hai un rimedio con cui arresti questo mio fluttuare, di credermi degno che io sia debitore verso di te della mia tranquillità. Che non siano moti dell'animo pericolosi e che non apportino nulla di sconvolgente, lo so bene. Per rappresentarti con un paragone concreto ciò di cui mi lamento, non sono sballottato dalla tempesta, ma dalla nausea; strappa dunque via tutto questo male, qualunque sia, e soccorri me, che soffro in vista della terra.»