8, 1. Passiamo ai patrimoni, materia massima dalle umane afflizioni; se paragoni infatti tutto il resto da cui siamo afflitti, generi di morte, malattie, paure, rimpianti, sopportazione di dolori e di fatiche, con quei mali che il nostro denaro ci presenta, questa parte peserà in modo molto più schiacciante.
2. Bisogna quindi pensare, quanto più leggero sia il dolore del non possedere, che quello del perdere: così capiremo che la povertà ha in sé materia tanto minore di tormenti, quanto lo ha di perdite. Sbagli, infatti, se pensi che i ricchi sopportino con forza d'animo maggiore le perdite: il dolore della ferita è pari per i corpi più grandi e per i più piccoli.
3. Bione afferma in modo acconcio che farsi strappare i peli non è meno molesto per i calvi, che per chi è fornito di chiome. Lo stesso puoi sapere valga per i poveri e per i ricchi, il tormento per loro è uguale: ad entrambi, infatti, il denaro ha aderito addosso e non può essere strappato senza che lo percepiscano. È più tollerabile, invece, come ho detto, e più facile, non acquistare che perdere, e perciò vedrai più felici quelli che la fortuna non ha mai guardato benevolmente, che non quelli che ha abbandonato. Vide ciò Diogene!', uomo di animo grande, e fece in modo che nulla potesse essergli strappato.
4. Tu chiama questa povertà, mancanza di mezzi, bisogno, imponi quale nome vuoi ignominioso alla vita priva di preoccupazioni: crederò che costui non sia felice, se me ne troverai un altro al quale nulla vada perduto. O mi sbaglio, oppure vale quanto un regno, in mezzo a gente avida, ad imbroglioni, a banditi, a mercanti di schiavi rubati, essere l'unico cui non è possibile nuocere.
5. Se qualcuno dubita della felicità di Diogene, costui è in grado di dubitare ugualmente della condizione degli dei immortali, se mai vivano troppo poco felicemente, perché non hanno campi e giardini, né campagne fatte preziose dalla presenza di un colono non di proprietà, né grosse usure nel foro. Non ti vergogni, chiunque tu sia, a rimanere stupefatto davanti alla ricchezza? volgiti a guardare l'universo: nudi vedrai gli dei, che danno tutto, che nulla hanno. Giudichi tu persona povera, oppure simile agli dei immortali, chi si è spogliato di tutto ciò che dà la fortuna?
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7. A Diogene, invece, fuggì l'unico schiavo ed egli non credette valesse la pena riportarlo a casa, nonostante gli fosse mostrato. «È vergognoso» disse «che Mane sia in grado di vivere senza Diogene, Diogene non sia in grado di vivere senza Mane.» Mi sembra che gli abbia detto questo: «Fatti gli affari tuoi, o fortuna, nulla di tuo c'è ormai presso Diogene: mi è fuggito uno schiavo, anzi io me ne sono andato libero».
8. il personale di servizio chiede vestiario e vitto, bisogna aver cura di tanti ventri di animali avidissimi, bisogna comperare la veste, sorvegliare mani rapacissime, servirsi dell'opera di gente che piange e che maledice: quanto più felice colui che nulla deve a nessuno, se non a chi può rifiutarlo con grande facilità, cioè a sé stesso!
9. ma poiché tanta forza non ce l'abbiamo, sicuro è che dobbiamo restringere i nostri patrimoni, per essere meno esposti alle ingiurie della fortuna. Più adatti sono in guerra quei corpi, che possono contrarsi per adattarsi alle proprie armi da difesa, di quanto lo siano quelli che debordano e che da ogni parte la loro stessa grandezza ha esposto ai colpi: la migliore misura per il denaro è quella che non cade nella povertà e che dalla povertà non si è allontanata troppo.