Questi temibili predatori, lunghi fino a 13 metri, nel corso della loro storia potrebbero essere arrivati a un passo dall'estinzione.
Un'analisi genetica condotta sulle rare creature, avvistate in diversi luoghi del mondo, ha evidenziato livelli di differenziazione pericolosamente bassi nel loro DNA, un'indicazione del fatto che la loro presenza numerica, a un certo punto, si è drasticamente ridotta.
Un'èquipe internazionale di ricercatori ha esaminato campioni tissutali provenienti da 43 calamari giganti (di per sè un'impresa, se si considera che questi abitanti degli abissi marini sono stati osservati per la prima volta nel loro habitat naturale solo nel 2004). I campioni appartenevano a cefalopodi ritrovati spiaggiati o morti in mare, oppure catturati accidentalmente dalle reti a strascico per pesca d'altura.
I genetisti hanno poi analizzato il materiale genetico contenuto nei mitocondri degli animali (le "centrali energetiche" delle cellule), invece che nei nuclei cellulari. Hanno cosi scoperto che, indipendentemente dal luogo di provenienza del campione, il DNA era simile, al punto che soltanto un'altra creatura marina, lo squalo elefante o Cetorhinus maximus, presenta livelli di diversità ancora inferiori.
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