05/04/14

DEF: Documento di Economia e Finanza

Def, il Documento di Economia e Finanza istituito con la legge n° 39 del 7 aprile 2011 composto da tre sezioni e rappresenta un punto nodale nella programmazione della politica economica e di bilancio del paese, il punto d’incontro tra politica nazionale e l’Unione Europea, e riforme ed Europa. 

Sono stati questi i temi al centro del colloquio di Matteo Renzi con Giorgio Napolitano. Ma a nessuno e' sfuggito che il sottotesto di parte dell'incontro sia stato l'atteggiamento che terra' di qui a qualche settimana Silvio Berlusconi. Il premier e' salito al Quirinale per riferire al Capo dello Stato l'esito dei colloqui avuti in questi ultimi dieci giorni, da quelli avuti con Barack Obama a quello con David Cameron, senza dimenticare il tour europeo. Renzi ha spiegato la sua intenzione di rilanciare una impostazione di un'Europa che punti sulla crescita e non solo sul rigore, a maggior ragione alla vigilia di elezioni europee che si annunciano a rischio per la potenziale presenza sempre piu' ingombrante di partiti euroscettici.

Napolitano Renzi
Renzi ha assicurato al Capo dello Stato, che su questo tema e' assai sensibile che i paletti di Bruxelles verranno rispettati e non si sforeranno i tetti di bilancio: "Dalla procedura di infrazione siamo usciti e non vogliamo rientrarci". Anche sulle riforme il premier ha rassicurato Napolitano: si va avanti, al di la' di alcune tensioni e di dichiarazioni roboanti di alcuni. Forza Italia ha assicurato che intende proseguire nel sostegno all'iter della riforma della legge elettorale e del Senato. Certo, ne' al presidente del Consiglio ne' al presidente della Repubblica e' sfuggito che il partito di Berlusconi e' in fibrillazione, ma si cerca di mantenere il sangue freddo. "FI sta dentro l'accordo e rispetta l'accordo, per quanto riguarda me" ha detto ieri Renzi. Il premier infatti ragiona come se la riforme non debbano e non possano subire rallentamenti o ostacoli definitivi, ne da alcune frange del Pd ne' da Forza Italia. "Sa benissimo che se le riforme falliscono i primi a subire le conseguenze elettorali di tale fallimento sarebbero quelli che le hanno fatte saltare" spiega un deputato renziano.  fonte(AGI)
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