25/03/14

Il vigoroso sangue della Romagna: Il Sangiovese

IL SANGIOVESE è il vigoroso sangue che scorre nelle vene della Romagna, il vino rosso per eccellenza, capace di essere popolare ma al contempo, nelle sue produzioni superiori e pregiate, nobile e ben gradito anche ai palati più fini. 


E tale è il suo valore, che anche il superbo Chianti affida proprio al Sangiovese corpo e anima, componendosi dal 75 al 90 per cento delle sue uve. Sebbene già Plinio parlasse di un ottimo vino rosso definito "cesenate"( di Cesena), del Sangiovese si trova traccia ufficialmente solo dal 1600, mentre il nome si diffonderà due secoli più tardi. D'altronde, fino a pochi decenni fa, si era ancora soliti parlare, nelle nostre campagne, di vino rosso in contrapposizione a quello bianco senza distinguere per nomi specifici. Sulla dizione del Sangiovese esiste peraltro una curiosa storiella.
Sul colle di Santarcangelo (il Colle Jovìs) sorgeva un convento di Cappuccini. Qui, fra le diverse colture, i frati curavano anche le viti da cui traevano uno squisito vino rosso. Un giorno, in occasione di una ricorrenza sacra, venne allestito un ricco pranzo. Un ospite, colpito dalla bontà di quel nettare d'uva, chiese come fosse chiamato: e poiché quel vino non aveva in realtà alcun nome, un frate più acculturato e pronto degli altri spezzò il disagio generale, coniando su due piedi il termine "Sanguis Jovis" e cioè sangue del colle Giove. Da qui, per semplice contrazione dei due vocaboli, sarebbe poi derivato "Sangiovese".
L'ipotesi che tale dizione derivi proprio dal colle di Giove, caldeggiata da uno studioso quale lo Schurr, indimenticato tribuno dei vini romagnoli, è ripresa anche da Gianfranco Bolognesi nel suo ricco e dettagliatissimo volume "I vini del Sole". A fianco di questa teoria, che comunque resta la più suggestiva (e d'altronde quella di Sant'Arcangelo è una zona eletta per la produzione del Sangiovese) ve ne sono altre, di cui le più note sono le seguenti: per i toscani ha origine da un'altra area di buona diffusione del Sangiovese, quella di .San Giovanni Valdarno, da cui "Sangiovannese" e infine "Sangiovese". I romagnoli non vedono giustamente di buon occhio questa tesi, soprattutto se si tiene conto che i toscani il Sangiovese non lo hanno mai nobilitato quale vino a sé, ma solo come supporto. Infine, c'è chi ritiene che il nome derivi dal dio Giove, la massima divinità dei Romani: come si vede, torna di nuovo in ballo il potente e pagano Zeus. Pagano come la sua poco religiosa gente (come dice Francesco Fuschini, "Il Sangiovese è il santo più amato dai romagnoli"; potente invece come il Sangiovese stesso, il quale, ora che per fama ha finalmente varcato i confini regionali, si sta facendo la nomea di vino robusto, più forte che armonico. In realtà il suo sapore è si asciutto ma mai aspro. Alfredo Panzini nel suo "Dizionario Moderno" del 1905 lo definì anzi "vino rosso da pasto e da bottiglia, armonico nei suoi componenti, di pronta beva, gradevolmente amarognolo". Fra i suoi ammiratori più appassionati, un nome su tutti: l'illustre Aurelio Saffi, triumviro con Mazzini ed Armellini. Il conte forlivese lo produceva con le uve delle sue vigne a San Varano e lo aveva portato con successo in giro per l'Italia e l'Europa. Come ricorda Bolognesi, altri suoi estimatori e produttori famosi furono Adone Zoli (presidente del Consiglio, proprietario di preziosi vigneti a Predappio Alta) e Isaia Sancisi, un piccolo vinificatore santarcangiolese che impose con successo il suo splendido Sangiovese dei Collis Jovis sui mercati nazionali ed internazionali . Facciamo un ultimo salto indietro: i più antichi testi in cui compare il primo in assoluto è il "Trattato della vite" del toscano Soderini, del 1600, sono del XVII secolo. La denominazione si diffuse però molto più tardi, grazie ad alcune operette che il forlivese Pier Maria de' Minimi e il ravennate Jacopo Landoni composero in occasione di alcuni pranzi di nozze. Nel famoso ditirambo "Bacco in Romagna" dell'abate Piolanti è citato.

La pigiatura coi piedi in occasione
della Festa della Mostatura a
Predappio Alta. In alto, carro
allegorico preparato nella piazza del
paese per lo degustazione gratuita
del Sangiovese.
L'abate segnala pure quello "allegro" (lievemente frizzantino), rammentando "quell'uva rossa così grata che fiammeggia in Brisighella". Il vitigno del Sangiovese è diffuso oggi in tutta la Romagna, nonché in parte dell'Emilia e in certe zone della Toscana. Al di là dell'Appennino viene coltivato quasi unicamente quello ad acino grosso, mentre da noi è più diffuso quello ad acino piccolo. Parecchie le aree importanti di produzione (in questo secolo si è andato affermando sempre più il Predappiese); sono cinque infatti i tipi di Sangiovese previsti dal disciplinare della Doc (acquisita nel 1967): Sangiovese di Romagna Cesenate, Faentino, Forlivese, Imolese e Riminese. Alcune singole località note per il loro rinomato sangue di Giove, oltre a Predappio, Santarcangelo e Brisighella, sono Bertinoro, Civitella, Meldola, Mercato Saraceno (si diceva un tempo "e' mercatès l'ha divuzion pr'un sant: sanzves", ovvero "il mercatese ha devozione per un santo, Sangiovese", Modigliana, Monte Colombo, Morciano, Riolo, San Giovanni in Marignano, Savignano sul Rubicone e Verucchio. Si vede dunque, pur senza citare tutti gli altri paesi e città che ne possono vantare una buona produzione, quanto il Sangiovese scorra nelle vene della Romagna ed i suoi rivoli raggiungano ogni angolo della terra che lo partorisce. Non a caso nei boccali di ceramica faentina veniva impressa a fuoco la frase "Sanzves, amor de mi paes": Sangiovese, sapore del mio paese.
Vignaiola di Predappio alta
e la Cantina Sociale
offrono Sangiovese



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