26/01/14

Caffè | una tazzina migliora la memoria a lungo termine

Una tazzina di caffè ha il potere, la mattina, di tirarci giù dal letto. Ora un nuovo studio americano pubblicato su Nature Neuroscience conferisce a questa classica bevanda un altro effetto benefico: un limitato consumo di caffeina potrebbe fortificare la memoria a lungo termine, aiutandoci in particolare nei compiti di riflessione visiva. Un neuroscienziato della Johns Hopkins University di Baltimora, Michael Yassa, ha mostrato a 44 volontari non consumatori accaniti di caffè, e tutti in ogni caso a "digiuno" di espressi almeno da 24 ore, una sequenza di immagini proiettate sullo schermo di un computer: una paperella di gomma, un'auto, un martello, una sedia, una mela e altri oggetti d'uso comune. Alla comparsa di ogni figura i soggetti volontari dovevano dire se si trattasse di un oggetto da usare all'aperto o al chiuso, ma a nessuno di loro è stato chiesto di memorizzare le immagini. Al termine del test, ad alcuni è stata somministrata una compressa contenente 200 milligrammi di caffeina, poco più della quantità presente in un caffè, ad altri un placebo. Il
giorno seguente, i soggetti sono stati messi nuovamente di fronte a una sequenza di immagini, alcune identiche a quelle mostrate il giorno prima, altre completamente nuove, altre ancora solo lievemente diverse (nel design del martello, per esempio; o nell'angolazione in cui venivano mostrate). Ai volontari è stato chiesto di dire se ciascuna figura fosse vecchia, nuova o simile a quelle viste il giorno precedente; mentre nei primi due casi entrambi i gruppi hanno totalizzato analoghe performance, chi aveva assunto caffeina ha riconosciuto il 10% in più degli oggetti simili. Se il risultato fosse confermato, quello sulla memora a lungo termine sarebbe l'ennesimo beneficio attribuito a un moderato consumo di caffè (già associato, in passato, a proprietà antitumorali, una migliore capacità di tolleranza, una certa longevità e una più alta resistenza contro malattie come l'Alzheimer). Ma si tratta di risultati da leggere con una certa cautela: alcuni neuroscienziati ne contestano la validità statistica; altri invocano un campione di soggetti più ampio di quello utilizzato. Se fossero veri, però, gli effetti sulle nostre doti mnemoniche - dovuti forse a un aumento della norepinefrina, un ormone dello stress associato al consolidamento dei ricordi - sarebbero un tesoro da sfruttare al meglio.
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