24/11/13

Il gelo sta per calare sul campionato di calcio italiano!

Il periodo più freddo dell'anno sta per arrivare, ed il gelo cala come una cortina sul campionato di calcio italiano. L'inverno dunque è giunto, ma non soltanto quello meteorologico, lo sanno molto bene ormai i sempre più in estinzione irreversibile, tifosi che nonostante tutto e tutti, come fossero ormai eroi d'altri tempi salutano con i propri cari e famigli prima di varcare l'uscio di casa per affrontare l'avventura che lo porterà allo stadio. Sarà cosi nei prossimi mesi, d'ora in poi, ogni fine settimana sarà un calvario: in balìa di neve, gelo e pioggia, nello sempre più precario confort che offrono gli impianti sportivi, tra i più vecchi e malandati d'Europa, che in media hanno 62 anni.

Mi vien da sorridere nel pensare come certi patron di società calcistiche rimangano delusi dagli scarsi abbonamenti e dalle scarse presenze allo stadio, addossando colpe a tale assenze del cattivo anamento del proprio team. Pensare che a Messina allo stadio San Filippo, capienza di oltre 40 000 spettatori il patron Lo Monaco si demoralizza e si chiede se è ancora il caso di fare calcio in città! Non esiste nemmeno la copertura in tribuna, l'accesso è dir poco da far west, e il tutto per godere di uno spettacolo che per quanto tifosi si possa essere, e a dir poco misero: vedere la propria squadra arrancare con Milan, Juve, Torino, Roma etc etc etc è una cosa ma affrontare quanto sopra e soffrire con tutto il rispetto con Menfi, Poggibonsi, Tutto Cuoio, Gavorrano...tanta lana mi vien da dire! Ma torniamo all'aspetto più in generale della faccenda.

Stadi italiani sotto gelo
L'ammodernamento delle infrastrutture sportive necessario ed auspicabile anche per rilanciare il comporto edilizio qualche settimana fa era finalmente (ri)entrato nell'agenda del Governo. Il premier Enrico Letta, dopo il fallimento dell'iter della "legge sugli stadi" nella scorsa legislatura, si è impegnato infatti a tradurre in un emendamento alla Legge di Stabilità un provvedimento per accelerare le procedure di autorizzazione di palestre, palazzetti e stadi.

Il ministro per gli Affari regionali con delega allo Sport Graziano Del Rio ha tenuto fede all'impegno portando in dote al testo di legge all'esame del Senato un articolato ben equilibrato diretto a favorire "la realizzazione di nuovi impianti sportivi ovvero l'ammodernamento di quelli già esistenti, una semplificazione delle procedure amministrative, corredata da modalità innovative di finanziamento dirette ad assicurare l'equilibrio economico finanziario dei progetti promossi", a tutti i livelli (non si pensi solo alla Serie A). Il tiro al bersaglio.

Prim'ancora che venisse formulato ufficialmente si sono levate le grida degli ambientalisti e non solo che hanno denunciato i rischi di cementificazione selvaggia che il provvedimento si porterebbe dietro. Tant'è che il Governo, anche sulla spinta del ministro Orlando e del viceministro Fassina (entrambi del Pd), ha dovuto riformulare il testo, rivederne la portata e in definitiva ripiegare rispetto al coraggioso tentativo di sbloccare l'impasse dell'intero sistema sportivo italiano (le misure avrebbero trovato applicazione e dovrebbero ancora trovare applicazione per tutte le 45 Federazioni, riguardando strutture a partire da 500 posti indoor e 2000 all'aperto) e nello stesso tempo di dare un contributo importante al comparto delle costruzioni. Qual è la pietra dello scandalo?

La disciplina originariamente pensata dal Governo, a fronte delle scarse risorse pubbliche a disposizione (10 milioni nel 2014, 15 milioni nel 2015 e 20 milioni per il 2016), stabilisce che l'iter amministrativo debba avere termini perentori per gli enti territoriali: autorizzazioni e via libera in 14/15 mesi, inclusi quelli relativi all'impatto ambientale, salvo il potere di sostituzione della Presidenza del Consiglio in caso di ritardi ingiustificati.

I progetti dovranno essere finanziati prevalentemente dai privati con una "clausola di compensazione". L'emendamento dispone(va) in effetti che "l'intervento possa prevedere uno o più impianti sportivi nonché insediamenti edilizi o interventi urbanistici, entrambi di qualunque ambito o destinazione, anche non contigui agli impianti sportivi". L'intervento edilizio compensativo, naturalmente, indicato dal Governo non vuole dare il là a cementificazione selvaggia ovvero a speculazioni ma deve essere "funzionale al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell'intervento e concorrente alla valorizzazione in termini sociali, occupazionali ed economici del territorio di riferimento".

Viene rimesso perciò alle valutazioni dei Comuni e delle Regioni la concessione di varianti ai piani urbanistici a favore dei finanziatori o dei promotori del progetto che garantiscano compensazioni economiche rispetto all'investimento nell'impianto sportivo. Una valutazione che sarà semplice quando si tratta di palestre o stadi in piccole realtà volti a promuovere lo sport di base. Più complessa quando si tratterà di soppesare l'impatto "sociale" di uno stadio di proprietà di una società di serie A al fine di determinare le misure urbanistiche/edilizie finalizzate a compensare lo sforzo economico di club e finanziatori.

Non erano previste deroghe alle ordinarie forme di controllo connessi agli interventi urbanistici. Le correzioni. Ora, stando alle ultime indiscrezioni, il testo sarà rimodellato: si parlerà di "interventi su impianti sportivi e su annessi funzionali, commerciali e di servizi", mentre i promotori del progetto potranno presentare "a corredo" un "piano contenente presupposti, condizioni e interventi da definire in accordo con la Pa".

Cosa significhi tutto ciò non è facile decriptarlo. Se non che la sensazione di avviarsi velocemente verso l'ennesima occasione mancata si fa sempre più forte con il passare delle ore. Le Olimpiadi del 2024. Tutto ciò nei giorni in cui a Roma si è appena conclusa la due giorni in cui il Coni ha fatto da padrone di casa con i vertici dello sport europeo, compresi 30 membri del Comitato olimpico internazionale (Cio) che fra circa quattro anni saranno chiamati ad esprimere la propria preferenza sulla sede delle Olimpiadi del 2024. E Giovanni Malagò il presidente del Coni si è lanciato in ottimistiche dichiarazioni ("ci sono molte più chance di candidarsi alle Olimpiadi").
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