Tra
regole e
decisioni più o meno bizzarre della
Fifa riguardo fasce e fascette, merletti e bordature, ancora tutta da
interpretare oltre che “
significare” per non
equivocare ed in santa pace iniziare a finalmente,
giocare, si alzano
appelli a voce alta in merito le
convocazioni più o meno
legittime e
necessarie, il nostro
commissario tecnico della
Nazionale,
Cesare Prandelli, ha pensato di proporre una
pausa. Anzi, un “
time out”. L'idea di introdurre la
regola già esistente in altri
sport, quella del
Time Out è stata proposta dal
ct azzurro, durante un
incontro ufficiale tenutosi con i
giornalisti, ieri nei locali
dell'Associazione stampa estera a Roma. «Avremo due problemi grandi in
Brasile:
caldo e
umidità che rischiano in città tipo
Fortaleza e
Manaus di condizionare le
gare. Lo abbiamo sperimentato in
Confederations. Prima dei
corner, tutti a
bere. Forse meglio fermarsi due minuti e consentire di
dissetarsi». Cosi disse
Cesare…
Prandelli!
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| Cesare Prandelli vuole il time out |
Sembra facile ma…mai dire
time out. Il
modus operandi del
time out è una consuetudine ormai consolidata in altri
sport: l'interruzione del gioco richiesta dal
tecnico di una delle due
squadre in campo, infatti è prevista già da tempo nella
pallacanestro, nella
pallavolo, nel
baseball, nel
football americano, ma anche nel nobile
sport come il
cricket, nell'
hockey su ghiaccio, nella
pallamano e, pensate un po', pure nel parente nemmeno tanto lontano, nel
calcio a 5.
Ma nel
calcio a 11, invece, assolutamente no, non è hanno mai voluto sapere! E pensare che nel più recente passato si sono espressi a favore del
time out, personalità di primo piano del
calcio internazionale. Solo per fare qualche nome,
Gerhard Aigner, dal 1989 al 1999
segretario generale dell'Uefa. Sosteneva uno dei
massimi dirigenti del calcio europeo nel gennaio del 1995: «L
'Uefa proporrà in tempi brevi l'introduzione di un'
interruzione di gioco per tempo nelle
partite. I
tecnici avrebbero così la possibilità di
comunicare istruzioni alla loro squadra. In cambio, durante lo svolgimento del
gioco, sarebbero costretti a restare
seduti in panchina.
Questa idea è già in vigore in altre
discipline sportive e una proposta simile era stata discussa prima del
Mondiale statunitense».
Aigner era convinto che il
time out potesse sconfiggere una volta per tutte i comportamenti spesso fuori dalle righe degli
allenatori nel corso delle
partite («incitano i
giocatori e i
tifosi ad
atteggiamenti antisportivi e si moltiplicano i casi di
tecnici che si
insultano dalla
panchina. Un brutto spettacolo»). Insomma, roba da codice penale. Da qui, l'idea tutta nuova ma anche no di istituzionalizzare una pausa per consentire ai tecnici di guardare negli occhi i propri atleti senza dare spettacolo a due passi dal
terreno di gioco. Già, ma c'era di più. Sì, perché nel calcio nulla avviene per caso. «Un'interruzione del gioco rappresenterebbe un'occasione ideale di piazzare pubblicità durante trasmissioni tv in diretta», l'ammissione di
Aigner. «Questa conseguenza non sarebbe insignificante, considerato che per queste
trasmissioni in diretta le reti televisive pagano ingenti somme e rischiano di trovarsi in difficoltà finanziarie». Svelato l'arcano.
Con il
time out l'Uefa voleva mettere insieme le necessità del
campo con le gioie del portafogli. Peccato che la
Fifa, dopo lunghe riflessioni e sperimenti più o meno convincenti, disse no. E fine delle discussioni.
Passano gli anni, cambiano le logiche e le
ragioni del calcio, non cambia l'approccio ultraconservatore del massimo
organismo pallonaro del pianeta. Che accenna ma non conclude, apre ma non rivoluziona. È andata così per almeno un paio di lustri a proposito dell'introduzione della moviola durante le partite, potrebbe capitare lo stesso per il time out. Nel maggio scorso, il direttivo della Fifpro, il sindacato internazionale dei calciatori professionisti, aveva chiesto lo spostamento delle partite del
Mondiale a orari meno critici. Perché il
Brasile è grande quanto l'intera
Europa e i viaggi da uno
stadio all'altro non sono da prendere sottogamba. E poi perché da quelle parti - vedi
Manaus, Recife, Brasilia - può fare così caldo da non riuscire a respirare.
La risposta della
Fifa? Apertura per
brevi interruzioni decise dagli
arbitri per permettere ai
giocatori di
dissetarsi, nulla più. Con tanto di decisione definitiva rimandata a data da destinarsi.
Prandelli però non ha più intenzione di aspettare e l'ha fatto capire con un affondo dei suoi. La
strategia del
ct azzurro è chiara: dare forma a un accerchiamento da sfida
all'Ok Corral e vinca il migliore. «Se l'intenzione è quella di regalare un
grande spettacolo, allora bisogna mettere i
giocatori in condizioni di poterlo fare. È una richiesta che penso possano fare anche le altre
federazioni». L'
Italia si espone e rimane alla finestra nell'attesa di risposte di segno positivo. Che presto o tardi arriveranno, ormai è più che una speranza.