Il-Trafiletto
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10/04/14

Il messaggio dentro alla bugia | Il piccolo "pinocchio"

Il piccolo "pinocchio"

I bambini, soprattutto piccoli, mentono per incapacità di discernere il falso dal vero o per difesa? Giudicarli con il metro,della morale degli adulti, non solo è sbagliato, ma non ci aiuta a comprenderli 

Una bugia è un'affermazione falsa, una dichiarazione che nasconde la verità per trarre altri in errore, di solito a proprio vantaggio. Nel caso in cui una bugia venga detta da un bambino, però, occorre tenere conto del fatto che il confine fra fantasia e realtà è, almeno fino ai 4-5 anni, assai labile. Un bambino fa cadere una tazza e questa si rompe. «Non sono stato io!" è la tipica protesta del piccolo colpevole colto in flagrante e che lascia indispettiti gli adulti; «non volevo farlo» è la giustificazione del bambino che riesce più accettabile agli adulti. In questi due casi possiamo pensare che i due bambini abbiano età diverse: il primo, più piccolo, è ancora immerso in una specie di procedimento magico di pensiero mentre il secondo, più grandicello, attraversa una fase in cui comincia a capire la differenza fra azioni e intenzioni.

Questa distinzione è importantissima per la nostra concezione della morale, delle regole, dei divieti, delle lodi e delle punizioni in una parola di ciò che è buono e cattivo Quindi il significato delle bugie cambia secondo l'età e dello stadio dello sviluppo psicologico del bambino. Fino a 4-5 anni il «pensiero magico», permette al bambino di modificare realtà spiacevoli che non è ancora in grado di fronteggiare. A questa età il piccolo è convinto che basti pensare o desiderare una cosa perché questa avvenga. «Non sono stato io a rompere la tazza» fa sì che il bambino stesso si autoconvinca di non essere stato lui a compiere quella cattiva azione. Così il giudizio degli adulti non deve essere semplicistico e basarsi solo sulle azioni osservabili, ma deve tener conto anche delle intenzioni. Il bambino di 4/5 anni sa che mentire è sbagliato, ma questa idea è indotta soprattutto dalle reazioni negative dei genitori di fronte alla scoperta della bugia e non tanto dall'effettiva consapevolezza del perché mentire sia male. Inoltre il bambino tende a considerare una bugia tutto ciò che non corrisponde a verità e non solo ciò che viene detto con l'intento deliberato di ingannare. Molto spesso il bambino dice le bugie per paura delle reazioni dei genitori e per timore di perdere il loro amore soprattutto se sa di aver fatto qualche guaio. Meglio quindi sorvolare sulle prime bugie e dimostrare, piuttosto, al piccolo bugiardo che l'amore e la stima dei genitori restano in ogni caso immutati anche dopo una marachella. La vita immaginaria del bambino, così fervida a questa età, che comprende non solo le bugie in senso stretto ma anche un vasto repertorio di racconti fantastici e incredibili, non va ostacolata ma osservata attentamente e, ancora una volta, capita. I bambini attraverso questi racconti e, qualche volta, attraverso le bugie (soprattutto quelle che non sono dirette a evitare una sgridata o una arrabbiatura da parte di mamma e papà), ci comunicano le loro paure, i loro desideri, ci rivolgono, indirettamente, domande che non saprebbero altrimenti come formulare. Dopo questa prima fase, e quindi a partire da circa sei anni di età diventa importante proseguire quel processo educativo finalizzato a fornire al piccolo gli strumenti per comprendere e interiorizzare i valori della sincerità e della reciproca fiducia. Dall' età di circa otto anni il bambino diventa molto più abile sia a mentire deliberatamente sia anche a cogliere quei segnali che indicano una mancanza di sincerità da parte-degli adulti; -e impara a distinguere i vari tipi di bugie: dalle bugie di «convenienza» a quelle, più «gravi", che minano più in profondità i rapporti di fiducia con gli altri. Come sempre appare fondamentale, accanto all'assunzione da parte dei genitori di atteggiamenti di fermezza nei confronti del «piccolo bugiardo» naturalmente consoni all'età del bimbo, fornire un buon esempio. È cioè bene che i genitori evitino di dire bugie e costruiscano quotidianamente in famiglia un clima di reciproca fiducia che comprenda tutti, grandi e piccoli.

19/02/14

Rimini | 9 anni, chiama i carabinieri:” Aiuto, mia mamma mi maltratta”. Ma non voleva andare a scuola

In genere chiamano il telefono azzurro i bambini maltrattati dai genitori; Non è stato il caso di un bambino di 9 anni di un paesino di settemila abitanti vicino Rimini, in alta Valmarecchia, il quale non ci ha pensato due volte e si è rivolto direttamente ai carabinieri. “Aiuto, mia mamma mi picchia e mi maltratta, venite subito, vi prego!”, avrebbe detto il piccolo ai militari con voce piagnucolante, fornendo poi lucidamente nome, cognome e indirizzo. Il carabiniere di turno non ha esitazioni. Scatta come una molla e avverte i superiori. Il tono di voce e la denuncia del bambino sono assolutamente credibili, nessuno penserebbe ad una messinscena, e che che all’altro capo del telefono non c’è un bimbo piegato su sé stesso dalla violenza di un genitore, ma una sorta di “Pierino” in versione romagnola, intraprendente quanto disobbediente, e per di più animato da un’inaspettata e precoce consapevolezza dei propri diritti e di come farli rispettare. La pattuglia dei carabinieri arriva immediatamente all’abitazione del piccolo dove la mamma, alla vista dei militi, cade dalle nuvole. Gli uomini dell’arma raccontano della telefonata ricevuta, fanno domande, ispezionano un pò in giro, giustamente diffidenti, avendone viste di tutti i colori. Sono sufficienti pochi minuti per giungere a capo del mistero. «Sì - racconta la donna -, gli ho dato uno schiaffo. Sono due giorni che non va a scuola, ogni volta ne inventa una nuova, ho perso la pazienza, ma non credevo che fosse così grave...». Non è dato sapere in quale angolo si sia rifugiato il terribile Pierino mentre la madre parlava con i carabinieri. Di sicuro non ha passato una buona serata. E oggi a scuola ci andrà. Gliel’ha ordinato l’Arma.
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