Il-Trafiletto
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29/04/14

Antichi frutti e semi in difesa della biodiversità

Immagine presa dal web

Diventare paladino di antichi frutti in difesa della biodiversità di cereali, legumi, ortaggi e frutta, è stata lanciata in Italia, ormai da qualche anno, una campagna per mettere in piedi una rete di «salvatori di semi», sull'esempio di quanto è già in atto nel resto del mondo occidentale.

 


Ideatrice e sponsor dell'iniziativa è Civiltà Contadina, un'associazione che ha organizzato un gruppo di persone per trasformarle in sentinelle della biodivervità, sempre più minacciata dalle multinazionali del seme. La strategia? Ospitare nel proprio orto piante rare con l'obiettivo di costituire una banca genetica del seme, aperta e pubblica. Il progetto è di creare, in questa prima fase, cento orti conservativi, e in ognuno di essi, un «Seed Savers» di Civiltà Contadina dovrà adottare almeno una varietà destinata all'estinzione. E che non si tratta di un'idea campata in aria sta a dimostrarlo l'esperienza austriaca: dopo otto anni di sensibilizzazione i Seed sono 5.000 e le piante conservate negli orti ben 8.000. Tutti i soci che entrano a far parte della rete dei «SeedSavers» di Civiltà Contadina, pagando una quota di iscrizione, avranno a disposizione semi, conoscenzee strumenti indispensabili a mantenere integro e vivibile il pianeta.
C'è molto amore e poesia nelle storie dei "Seed Savers", i salvatori di semi. Amore per la ricerca di cibi perduti o diventati ormai rarissimi; poesia di sapori unici finora riservati solo alle generazioni passate, al massimo ai nostri padri. Quella di Nardello, pioniere di questa pratica, sono vicende solo apparentemente esclusive, riservate a pochi «fissati», romantici della biodiversità e dell'ecologia. Esse racchiudono in realtà elementi di grande modernità e alcuni preziosi insegnamenti. Tra questi ci sono la forza di volontà, la testardaggine, il lavoro umile ma tenace di chi da una manciata di semi ricava intere colture che si tramandano nei decenni. Colture ricche di... culture ben poco astratte. Dentro quei semi (di pomodori gialli o di aglio violetto) ci sono altre storie da raccontare, queste ancora più secolari. La storia di una popolazione che impara a selezionare quello che le serve, osserva come reagisce il terreno, conosce la specie più resistenti e, senza l'ausilio di armamentari chimici, riesce a resistere alle aggressioni esterne. In quei semi c'è la memoria di quello che poteva essere ma non è stato. È il prezzo del progresso, si dice. Che offre meno qualità, però la garantisce a tutti. Ma i conti non tornano. Perché dopo un secolo di chimica, siamo di nuovo a cercare la panacea dei mali di questo progresso ricorrendo alle promesse della genetica. Ogm o bio?. Potremmo dire a questo punto, sì al bio accompagnato da una maggiore attenzione alla biodiversità. D'altronde proprio la tenacia dei "Seed Savers" ci sprona a tentare di imboccare strade più impegnative che potrebbero portare molto lontano. Perché nella biodiversità è contenuto un altro importante insegnamento: il rispetto della differenza. E una civiltà che si ingegna a mantenerla e a ravvivarla, probabilmente acquisisce una maggiore sensibilità verso più ampie e profonde diversità che coinvolgono donne e uomini di altre culture e religioni.

(fonte Vita e Salute articolo di Ennio Battista)

28/04/14

Semi antichi conservati per la biodiversità

Ormai sono a rischio di estinzione migliaia di semi che davano vita a un'infinita varietà di ortaggi frutta, cereali e legumi. L'omologazione dei sapori e il dominio di semi ibridi ha uniformato la produzione dei prodotti da orto. Per ovviare a questo impoverimento dei nostri prodotti, è nato una nuova figura: il "Seed Saver"( salva di semi)

Ma chi sono i salvatori di semi? Partiamo dal loro capostipite, Jimmy Nardello, uno dei tanti emigranti italiani che dalla nativa Lucania nel 1887 si trasferì negli Stati Uniti, portandosi dietro un fagottino di semi, tra i quali un peperone dolce che gli avrebbe ricordato la famiglia lontana. Nardello e i suoi discendenti continuarono a coltivare nel loro orto quel particolare peperone, conservandone i semi generazione dopo generazione. Nel 1983, poi, un discendente di Nardello fondò negli Usa l'associazione «Seed savers exchange», il gruppo più attivo e organizzato che si conosca: ha 8.000 soci e ha salvato oltre 20 mila semi di ortaggi.
Pomodori antichi

I semi hanno una lunga storia da raccontare, non solo quella delle mani in cui sono passati, ma anche la storia di innumerevoli generazioni di agricoltori che fin dalla notte dei tempi hanno utilizzato, in modo naturale, la genetica dei vegetali per ricavarne cibo, fibre per tessere, coloranti e medicinali. Purtroppo dopo circa diecimila anni di frammentarietà, varietà e fantasia l'agricoltura si è imbucata nel tunnel d'una grandiosa monotonia. Non pìù terreni coltivati con molte varietà di semi ma estese monoculture. Una filosofia agricola che ha portato in primo piano i big della chimica con il loro arsenale di fertilizzanti sintetici e pesticidi, affiancati dai venditori di trattori che tormentano il suolo e dai fautori dei semi ibridati. Qualche voce di opposizione che ha osato levarsi, denunciando i danni che sarebbero derivati da questa tendenza, è stata subito messa a tacere. Finché, a partire dagli anni Settanta, un parassita dei cereali dimezza, in un' estate, il raccolto di mais e in Brasile le piantagioni di caffè, orgoglio dei genetisti, vanno in fumo non solo per la cattiva stagione ma soprattutto perché la ruggine delle foglie fa fuori le superpiante senza pietà. In pratica è accaduto quanto già in molti avevano previsto: quando il gene antimicrobico è messo fuori gioco dalle mutazioni, il vegetale sarà facile vittima della malattia, e 1'appiattimento genetico farà diffondere il morbo per migliaia di ettari.
 Sarebbe bastato trarre insegnamenti dall'agricoltura di una volta: biodiversità delle sementi, il concime quasi non occorreva, poca acqua e le malattie quando colpivano si fermavano presto, provocavano pochi danni e non isterilivano intere regioni. Invece, il risultato principe dell' agricoltura della monotonia sta solo nel far dipendere la nutrizione umana da appena trenta piante, otto delle quali coprono i tre quarti del contributo che il regno vegetale offre al mantenimento dell'umanità. Le campagne italiane sono un chiaro esempio di tale politica. Che fine ha fatto il grano Rieti 11, resistente agli assalti della ruggine? In Sicilia, durante gli anni Venti c'erano ben 42 varietà di frumento duro, oggi siamo appena a una. L'impoverimento ha colpito anche i vigneti e gli agrumeti siciliani. Questo fenomeno ha coinvolto anche l'universo vegetale del Terzo mondo: i paesi industrializzati hanno creato ibridi a più alta resa, che i paesi «sottosviluppati» sono costretti ad acquistare, sostituendo le varietà autoctone selezionate dai contadini, che per millenni hanno rifornito il cibo quotidiano. Gli ibridi sono oltretutto sterili e quindi a ogni nuova semina occorre rifornirsi di un nuovo stock. Per questo motivo è indispensabile che anche in Italia inizino a operare nuovi salvatori di semi. L'obiettivo? Cercare e salvare le numerose varietà locali che lentamente cedono il passo alle biotecnologie. Noi non siamo fanatici che vogliono il ritorno a un mondo forzatamente bucolico e non ci occupiamo di piante provenienti dalle foreste vergini. Stiamo lavorando per salvare vegetali assai comuni e in cui ci imbattiamo sempre, come patate, pomodori, peperoni, lattughe, mele e altri utilizzati dall'umanità come cibo. «A rischiare di sparire non sono chiaramente questi prodotti anzi continueranno ad arrivare sulle nostre tavole; a correre il pericolo della totale estinzione è la loro biodiversità, mi riferisco soprattutto a quelle più antiche e tradizionali che senza i Seed Savers sarebbero condannate a non lasciare più traccia. Per esempio, delle 25 varietà di cocomero italiano coltivate a inizio secolo ne resta solo una, «il moscadello a pasta gialla». Le altre sono state sostituite con quelle provenienti dall' America. Le varietà di broccolo scomparse sono invece 33 e ancora 400 varietà di frumento, centinaia di pomodori e meloni. Se non resteranno semi antichi, sarà inevitabile consumare cibi prodotti da semi manipolati, brevettati e che servono semplicemente a monopolizzare il mercato e a pagare le royalties ai loro inventori. È in gioco la biodiversità del pianeta. Noi dobbiamo rispondere incrementando la rete di tutti i salvatori di semi scambiandoci piantine. 

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