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03/06/14

Normalità è pazzia | Quale mistero avvolge il disturbo mentale | Alla scoperta di cosa è cambiato.

Dopo la pubblicazione di un nuovo manuale diagnostico, è aumentata l'incertezza relativa alla definizione di disturbo mentale: scopriamo che cosa è cambiato.

Si dice che il confine tra normalità e pazzia sia alquanto labile: un volume, pubblicato nel maggio del 2013, ha resa quest'affermazione più vera che mai. Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali, indicata in inglese con la sigla DSM (Diagnastic And Statistical Manual af Mental Disarders) non è un libro qualunque: si tratta infatti della "Bibbia" dell' American Psychiatric Association e, in questi mesi, l'ondata di reazioni che la sua quinta edizione ha suscitato non accenna a placarsi.

I più critici sostengano' che, ora, anche comportamenti assolutamente naturali vengono classificati come patologici, e la British Psychological Society, per esempio, ha dichiarato che esperienze normali potrebbero recare "la stigma della medicalizzazione", determinando' "interventi potenzialmente dannosi". 
Disturbi mentali
(immagine dal web)

Il DSM, pubblicato per la prima volta nel 1952, è una guida pratica per gli psichiatri, con tanto di caselle di controllo da spuntare per ogni sintomo di tutte le malattie mentali a oggi riconosciute. L'idea era quella di confrontare ciascuna definizione del manuale con i sintomi lamentati dal paziente, trovando per ognuno un'adeguata "etichetta": sindrome bipolare, disturbo acuto da stress, disturbo sintomatico da somatizzazione (ipocondria), e così via. 

La nuova edizione è il primo aggiornamento completo del DSM realizzato dall'American Psychiatric Association (APA) dopo quasi due decenni. Ha suscitato tanto scalpore a causa dei 15 nuovi disturbi mentali inseriti nella guida: per esempio, il dolore dovuto alla perdita di una persona amata potrebbe ora essere diagnosticato come "disturbo depressivo maggiore". Sentirsi terribilmente agitati prima di parlare in pubblico potrebbe significare che si è affetti da "sociofobia su base prestazionale". Anche chi  non vuole separarsi da vecchie carabattole diventa, secondo il manuale, una vittima del "disturbo da accaparramento". Nel prossimo post andremo a vedere ciò che accade durante la depressione a causa di un lutto.(science)

14/02/14

Importanza personale o consapevolezza dell'essere?

Potere, ricchezza, giovinezza, popolarità,  amore, cosa sareste disposti a fare per ottenerli? Sono lusinghe invitanti non credete? Ma tutto ha un prezzo, è l'eterno "do ut des". Eppure oggi non è forse l'apparire quello che più interessa all'uomo? Coltiviamo e concimiamo l'importanza personale, la veneriamo, sopra ogni cosa, ma a scapito della perdita della consapevolezza dell'essere, inseguendo l'effimera chimera di una forma pensiero senza valore.
Un giovane che vive nello sperduto paese di Monte Horizon,  assiste al progressivo, devastante cambiamento attuato negli abitanti del paese, causato da un misterioso "virus" portato da un nuovo venuto, il dottor B. Gli uomini perdono l’ombra. Si vendono, in cambio del soddisfacimento dei loro desideri, e il dottor B. è il loro burattinaio. C'è solo il giovane, diversamente abile, perchè muto, che assiste allo stravolgimento della piccola comunità del paese, alla scomparsa di identità e spirito.
Egli è  come un novello Bendel, fedele compagno di Peter Schlemihl (L'uomo senza ombra di Adalbert von Chamisso). E' la favola della normalità in agonia in una società nella quale il valore dell'essere è stato sacrificato sull'altare della vuota apparenza, in un mondo sempre più virtuale.
Scritto a quattro mani dai gemelli Fabrizio e Nicola Valsecchi, con uno stile coinvolgente, che cattura il lettore  e lo tiene con fiato sospeso fino alla fine, "B. e gli uomini senz'ombra" è la traslazione del nostro mondo, tutto proteso verso un'omologazione standardizzata che infetta tutto e tutti.
E ad assistere a questa distruzione dell'essere, ancora pochi baluardi, come il protagonista, che coraggiosamente resiste alla lusinga della guarigione del suo hadicap per non perdere la propria peculiare identità.
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