23/08/14

Dormire per ricordare

"Dobbiamo imparare una lingua straniera? Facciamo un'intensa sessione di studio nel tardo pomeriggio, seguita da una bella pennichella a onde lente". 


Il magico effetto del sonno sulla memoria, però, non si esercita soltanto grazie alla riproduzione dei ricordi. Le varie fasi del sonno sono associate a importanti variazioni nei livelli dei neurotrasmettitori, i "messaggeri" chimici che convogliano o modulano i segnali tra le cellule cerebrali e quelle del resto dell'organismo. L'acetilcolina, che gioca un ruolo essenziale nel sostenere lo stato di veglia, si dimezza rispetto alla sua normale concentrazione durante il sonno SWS.

Questo potrebbe contribuire a consolidare singoli ricordi, perché si ritiene che livelli ridotti di questa sostanza promuovano il trasferimento di informazioni dalla memoria a breve termine, aleatoria e gestita essenzialmente dall'ippocampo, sito nella parte più profonda del nostro cervello, a un sistema di memorizzazione più permanente e affidabile, che è invece supportato dalle aree neocorticali. E evidente che esiste un grosso problema di base: apparentemente, non siamo in grado di scegliere quanto far durare le diverse fasi del sonno durante una tipica nottata di riposo, né quali ricordi ripercorrere e dunque consolidare. Come possiamo, dunque, utilizzare il sonno come fattore di potenziamento cognitivo? La risposta è che, in realtà, siamo in grado di esercitare su questi elementi un controllo molto maggiore di quanto pensiamo. Il sonno è agganciato al ritmo circadiano, che regola in maniera naturale il nostro organismo nell'arco delle 24 ore. Di solito, attraversiamo la fase REM al mattino e gli intervalli di sonno SWS al pomeriggio e alla sera. Ciò significa che sonnellini strategicamente programmati in momenti diversi della giornata potrebbero garantirci proprio il tipo di riposo che desideriamo.

Dobbiamo imparare una lingua straniera? Possiamo dedicarci a un'intensa sessione di studio nel tardo pomeriggio, seguita da una bella pennichella "a onde lente". Vogliamo ricordare tutti i particolari di un matrimonio o di un battesimo ad alto impatto emotivo? Meglio sonnecchiare al mattino, procurandoci una bella dose di REM. Oltre a controllare le fasi del sonno, possiamo anche "pilotare" la memoria, in modo da eseguire il replay di ricordi specifici mentre riposiamo. Lo scienziato del sonno Bjorn Rasch dell'Università di Lubecca, in Germania, ha chiesto ad alcuni volontari di partecipare a un gioco. Una serie di coppie di carte veniva visualizzata a faccia in giù sullo schermo di un computer: i soggetti dovevano scoprirne una e tentare di ricordare l'altra carta ad essa abbinata. I giocatori hanno effettuato diverse partite, fino a ricordare con buona approssimazione la posizione di tutte le carte; nel frattempo, nell'ambiente veniva diffusa un'essenza di rose. Dopo aver giocato, tutti i partecipanti hanno trascorso una normale notte di riposo prima della sessione di verifica del giorno successivo.

Alcuni soggetti sono stati esposti alla stessa essenza floreale prima di dormire, alcuni durante il sonno SWS e alcuni durante il sonno REM. Significativamente, i volontari che avevano risentito il profumo di rosa durante il sonno a onde lente hanno fatto registrare i miglioramenti più importanti di tutto il gruppo. Per ottenere gli stessi risultati, si possono utilizzare anche suoni: ma accertatevi di tenere basso il volume per non svegliarvi! Secondo nuove, interessanti ricerche, in futuro potremmo essere in grado di controllare ancora meglio le fasi del nostro riposo. Sempre all'Università di Lubecca, Lisa Marshall ha scoperto che se viene applicata alla testa di un soggetto una corrente elettrica alla stessa frequenza del firing neuronale durante la fase SWS (appena inferiore a una scarica al secondo), si riesce _ riprodurre il ritmo dell'attività elettrica cerebrale, che prosegue anche dopo la sospensione dell'applicazione di corrente.

Benché tecnicamente un "falso", questo sonno SWS stimolato rende molto più efficace il consolidamento dei ricordi. Non tutti, però, sono disposti a sortoporsi a manipolazioni artificiali dell'attività cerebrale: fortunatamente, sia i ricercatori di Lubecca, sia un'altra équipe nel Wisconsin hanno scoperto che un effetto simile è ottenibile semplicemente riproducendo suoni alla frequenza giusta durante il sonno. La possibilità di potenziare l'attività cerebrale in modo naturale è sicuramente un'ottima notizia per tutti i pazienti costretti ad assumere farmaci che migliorano le prestazioni, ma non soltanto per loro. Invecchiando, infatti, la nostra quantità di sonno SWS per notte diminuisce. Giunti a 75 anni circa, molti di noi non beneficiano più di alcuna fase di sonno a onde lente. Gli scienziati hanno capito che il declino della fase SWS si accompagna a difficoltà cognitive e alcuni si spingono a identificare l'assenza di questa importante componente del sonno con un fattore degenerativo della funzionalità cerebrale.

Se così fosse, la stimolazione artificiale si rivelerebbe una panacea per gli anziani, che riacquisterebbero la capacità di abbandonarsi al sonno a onde lente rallentando l'ulteriore invecchiamento corticale. Chissà, magari basterà un po' di terapia musicale mentre riposiamo per mantenerci mentalmente in gran forma anche nei decenni a venire.(science)


Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia.