16/02/14

Addio cara dolce "bottiglia!" | In caso di cuore "spezzato" scordatevi della cara e fedele "bottiglia" da oggi arriva suo fratello! Il "flacone"!

Addio cara e dolce "bottiglia!" In caso di cuore "spezzato" scordatevi della cara e fedele "bottiglia" da oggi arriva in soccorso dei cuori infranti suo fratello. Il "flacone"!
San Valentino è passato ormai, è certamente tra tanti cuori innamorati c'è ne sarà qualcuno spezzato che fino ad oggi per dimenticare, sarebbe stato sufficente attaccarsi alla cara e semper fidelis bottiglia per dimenticare dolori e disperazione. Ma da "domani" in poi troveremo ad aspettarci suo fratello: il flacone.

Da ogni parte del mondo ieri si è festeggiato San Valentino, la festa degli innamorati per antonomasia, il giorno in cui si ribadisce, si risalda il prorpio amore l'uno per l'altra, oppure si prende la decisione di dividersi, andando ognuno per la propria strada, anche se ammetto che questa azione poco si addice all'evento ma comunque sia qualcuno liberamente può decidere di andare in controtendenza.
Cuori spezzati

A tal proposito mi piacerebbe raccontarvi le ultime novità in fatto di farmaci anti-amore in quanto che grazie alle nuove scoperte riguardo alla base neurale dell’amore, la scienza sta mettendo a punto una serie di rimedi farmacologici per curare i cuori spezzati. Prima di tutto, racconta il New Scientist, c’è da definire cosa sia, dal punto di vista neurochimico, il famoso apostrofo rosa tra le parole t’amo. Poco poeticamente, gli scienziati lo descrivono come un fenomeno neurobiologico che si divide in tre sottocategorie:
  • innamoramento
  • attrazione 
  • attaccamento
Alla base di tutte e tre c’è l’aumento del successo riproduttivo e quindi la continuazione della specie. Ognuno di questi aspetti, racconta Helen Fisher, della Rutgers University nel New Jersey, è legato all’interazione di diversi meccanismi chimici cerebrali. L’innamoramento delle prime ore per esempio, ha diverse caratteristiche in comune con i disturbi ossessivi-compulsivi (Ocd).
Donatella Marazziti, scienziata dell’Università di Pisa, ha comparato il cervello di venti persone alle prese con le prime pene d’amore con quello di altrettante affette da Ocd, scoprendo in entrambi i gruppi livelli insolitamente bassi di una proteina che trasporta la serotonina, l’ormone responsabile della regolazione dell’umore.

Ricontrollando gli amanti l’anno successivo, quando erano scemate le attenzioni compulsive nei confronti del partner, la ricercatrice ha scoperto che i livelli di serotonina erano tornati ai valori normali. È quindi ragionevole pensare che i farmaci regolatori della serotonina possano smorzare le pene d’amore del primo periodo di una relazione. Si tratta di molecole già usate per il trattamento degli Ocd, tra le quali gli inibitori della ricaptazione della serotonina, che smussano le emozioni estreme e rendono più difficile la formazione di legami romantici. Reazioni che di solito sono considerati effetti collaterali, ma che potrebbero risultare utili per chi vuole interrompere l’ossessione per il partner.

Lo studio dei comportamenti animali può insegnare qualcosa per quel che riguarda, invece, i legami più duraturi. L’arvicola della prateria, per esempio, è notoriamente monogama. Larry Young, della Emory University, ha somministrato all’animale un farmaco che bloccava dopamina e ossitocina con il risultato di farlo diventare poligamo.
“Pensiamo quindi”, spiega il ricercatore al NewScientist, “che il blocco di queste sostanze possa servire per recidere attaccamenti a lungo termine”. Attenzione, però, agli effetti collaterali: l’ossitocina è importante per tutte le relazioni, non solo per l’amore romantico e quindi intaccherebbe tutti i rapporti umani.

Allo stesso modo, il blocco del fattore di rilascio della corticotropina (Crf), un ormone coinvolto nella risposta allo stress, allevia la depressione dell’arvicola dopo la morte dell’unico partner. E forse potrebbe servire per casi analoghi anche nell’essere umano. Un altro possibile approccio potrebbe essere simile a quello usato per curare i disturbi da stress post-traumatico: si cerca di sostituire il ricordo che genera sofferenza con una memoria emotivamente meno negativa.

Le persone che provano dolore dopo un amore finito male, infatti, hanno mostrato una maggiore attività cerebrale nel pallidum ventrale, la zona legata all’attaccamento, rispetto alle persone che vivono una relazione felice: un giorno, secondo Fisher, potrebbe essere possibile usare la stimolazione cerebrale per diminuire l’attività in quest’area del cervello e velocizzare l’effetto curatore del tempo. Naturalmente, ci sono molti scettici. Il neuro-eticista Brian Darp, per esempio, consiglia di provare prima i rimedi tradizionali: “Esistono strategie provate per secoli. Creare una distanza fisica e non passare più tempo con la persona che ci fa soffrire è un buon inizio. Un trucco moderno potrebbe essere quello di smetterla di guardare il suo profilo Facebook. Se tutto fallisce e se si prova che i farmaci anti-amore possono davvero aiutare le persone a superare la crisi e andare avanti, potrebbero esserci buone ragioni per usarli”.
Romeo dunque, passa in farmacia!
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