Acqua alle corde, nel 1586, per ordine di papa Sisto V, l'architetto Domenico Fontana doveva doveva innalzare sull'apposito piedistallo l'obelisco che oggi si ammira al centro di Piazza San Pietro a Roma. Era un'operazione che richiedeva la massima concentrazione e il massimo silenzio, quindi, per evitare confusione, il papa aveva fatto emanare un editto che vietava a chiunque non fosse addetto ai lavori, di entrare nel recinto o semplicemente di parlare.
Acqua alle corde |
Bastava già il parapiglia creato dai 140 cavalli e dagli 800 uomini impiegati nei lavori. I trasgressori agli ordini del papa, sarebbero stai impiccati seduta stante e, per l'occasione, all'interno del recinto,il bargello e i suoi sbirri avevano eretto il patibolo. Secondo la tradizione, un certo Bresca, di San Remo, capitano di un bastimento genovese, si accorse ad un dato punto che le corde che reggevano il monolito tendevano ad allungarsi, a causa dell'eccessivo peso, e quindi avrebero finito per rompersi, provocando la distruzione dell'obelisco. Quindi, incurante dell'editto papale, si mise a gridare: "Acqua alle corde!" ( per l'esattezza, come narra Daniele Morchio, Aiga, dai de l'aiga ae corde). Da buon marinaio sapeva che la canapa, bagnata, si restringe e si accorcia. L'architetto, per fortuna, dette immediatamente l'ordine di bagnare tutte le corde, e così l'operazione fu felicemente portata a termine. Inutile dire che invece di essere impiccato, il Bresca ricevette, insieme agli elogi papali, anche consistenti privilegi, tra cui una lauta pensione mensile, estensibile ai discendenti, il titolo di capitano del primo reggimento di linea pontificio, con l'autorizzazione a protarne la divisa e innalzare la bandiera pontificia sul suo bastimento.