Come ogni anno al ripetersi delle
stagioni arriva perentorio anche l’autunno, con le sue nuvole cariche di
umidità e quasi per ipocrisia, torna alla cronaca il problema del dissesto idrogeologico.
Oggi le chiamiamo bombe d’acqua ma se andiamo a ritroso nel tempo il calendario è pieno di ricorrenze. E tra le
tante possiamo ricordare: l’alluvione del Polesine, Firenze, Messina, Sarno, la Valtellina,
la Sardegna, la Puglia, l'alluvione di Refrontolo e oggi come tre anni fa ancora Genova. Nel corso dei decenni si sono susseguite innumerevoli alluvioni
provocando migliaia di vittime e sfollati.
Quello che ormai guardiamo per
tv, sono sempre le solite immagini, si sentono voci spezzate dal pianto,
persone prese dall’ansia e vittime della loro stessa negligenza . Ma la parola d’ordine è sempre la stessa
“”fatalità””. Vero potrebbe, ma tutto questo può essere evitato semplicemente
gestendo meglio il territorio, evitando un urbanizzazione selvaggia e adottando
una politica che preveda il monitoraggio del territorio.
esondazione fiume Bisagno |
Come sempre però, ad ogni catastrofe naturale, uguale quale essa
sia, si fa l’esatto contrario. Si aprono dibattiti, si proclamano accuse, si
rimbalzano le responsabilità, si parla di prevenzione, e di stanziamento di fondi
per la messa in sicurezza. Per quale motivo allora si continuano a verificare
disastri del genere? Molto semplice,
siamo egoisti, ci illudiamo di poter dominare la natura. Si continua così l’opera di cementificazione
selvaggia, si costruisce lungo i fiumi e persino nelle zone golenali, riducendo
gli spazi necessari perché un fiume o un
semplice ruscello non venga fuori dai suoi argini.
Per Genova questa volta, oltre al
danno vi è anche la beffa, infatti i
fondi per la messa in sicurezza del torrente Bisagno, sono bloccati da tre anni, a causa di ricorsi e
controricorsi. Un male comune che
colpisce purtroppo tutte le opere pubbliche che si dovrebbero realizzare in
Italia.
Intanto, mentre si fa finta di
capire le cause di questa ennesima “”fatalità”” i genovesi si sono rimboccate
le maniche e continuano a spalare fango dalle loro abitazioni. Invece, il comune
ha formalmente fatto richiesta alla regione lo stato di calamità
naturale. Magra consolazione per i genovesi, per un disaggio che si poteva sicuramente
evitare.
Utopisticamente, mi auguro, che
questa ennesima sciagura, possa almeno servire a sensibilizzare le
amministrazioni. Purtroppo però, fra
qualche giorno, spente le telecamere, non se ne parlerà più, fino alla prossima
“fatalità’”. Del resto è questo
lo specchio dell'Italia.