Matematica dell'antica India (900 a.C. - 200)
La scrittura riapparve nell'Asia Meridionale soltanto verso il 1000 - 600 a.C., dopo la crisi che portò alla sparizione della civiltà della valle dell'Indo, in cui si sviluppò la scrittura Brahmi.Alcuni esperti ritengono che in quel periodo Pitagora abbia visitato l'India, mentre secondo altri sia stata influenzata dal contatto con la civiltà greca dopo l'invasione di Alessandro Magno.
Più probabilmente le due teorie matematiche si svilupparono indipendentemente.
Verso il 900 a.C nacque l'era vedica che sviluppò teorie matematiche.
La Yajur-Veda, comparsa nel 900 a.C., affronta per prima il concetto di infinità numerica.
Yajnavalkya (900-800 a.C. circa) calcolò il valore di π con 2 cifre decimali.
Iscrizioni Brahmi |
Viene espresso anche un algoritmo infinito per il calcolo di radice di 2 con cui vengono calcolate le prime 5 cifre decimali.
Pingala (IV secolo a.C.-III secolo a.C.) inventò non solo un sistema binario (che verrà poi ripreso nell'epoca moderna per lo sviluppo dell'Information Technology) ma studiò anche quelli che in seguito sono stati definiti come la "sequenza di Fibonacci" , "il triangolo di Pascal" e formulò la definizione di matrice.
Fra il IV secolo a.C. ed il III secolo d.C. i matematici indiani furono i primi a sviluppare ricerche sulla teoria degli insiemi, dei logaritmi, delle equazioni di terzo e di quarto grado, serie e successioni, permutazioni, combinazioni, estrazione di radici quadrate, potenze finite e infinite.
Nel manoscritto Bakshali, composto tra il III secolo a.C. ed il III secolo d.C., si trovano soluzioni di equazioni lineari con più di cinque incognite, la soluzione di equazioni quadratiche, geometriche, sistemi di equazioni, l'uso del numero zero, i numeri negativi e anche puntigliosi algoritmi per il calcolo di numeri irrazionali.