Questa suddivisione del corpo in divinità corrisponde alla meditazione prescritta dal Visuddhimagga (XI, 2): «Come sezionando una mucca questa cessa di esistere, chi desideri sbarazzarsi dei concetti di natura, uomo, individuo, basta che si suddivida nei suoi elementi, terra, acqua, fuoco, aria». Padmasambhava entrò nel palazzo e s'imbatté nella suprema dakini troneggiante fra sole e luna, che lo trasformò nella formula OM MANI PADME HUM, gemma-fallo nella vulva vuoto, e l'ingoiò. Egli le discese dentro, assimilando via via l'impeto di ciascuno dei suoi centri d'energia, fino al mulinello più svelto, che tutto sorregge, all'altezza dell'ano.
Questa narrazione è conforme alla dottrina che fa del bodhicitta il fuoco nato da sole e luna, lo sperma prodotto tra fallo e vulva, il germe che sorge dalla mescolanza di seme e sangue mestruale, la sillaba che si forma quando una vocale si unisce a una consonante, la giuntura dei due condotti paralleli che legano il coccige al cranio. Bodhicitta è l'essenza dei cinque elementi e dei cinque Buddha:
- l) Splendente (Vairocana), bianco, centrale, situato nella testa, che diverrà Mahàvairocana, principio e somma del cosmo;
- 2) Incrollabile (Aksobhya), azzurro, orientale, aria e tatto, cuore;
- 3) Matrice di gioie (Ratnasambhava), giallo, meridionale, fuoco e visione ombelico.
- 4) Luce sconfinata (Amitabha), rosso, 'occidentale, acqua e gusto, bocca;
- 5) Perfezione infallibile (Amoghasiddhi), verde, nordico, odorato e terra, gambe.
Nàropà, un maestro di Nàlandà, nel X secolo fu iniziato da Tilopà, il quale gli insegnò che pensare senza nessun fine è il « gran gesto» (mahamudra) con cui ci si salva dalla realtà fenomenica, trascendendo ogni pensiero diretto a un fine, portandosi al di là del dualismo e di ogni linguaggio. Il capolavoro di Nàropà, il Kàlacakra, fu tradotto in italiano nel 1994 da Raniero Gnoli dopo che da vari anni il Dalai Lama aveva proceduto a iniziazioni di folle al rito kàlacahra, in cui ci si raffigura come bambini appena nati, posti dinanzi a un mandala che rappresenta l'universo. Si cresce progressivamente mercé l'aiuto del maestro e della sua compagna, fino al momento supremo in cui i due concedono di partecipare al loro abbraccio e si assaggia il seme in forma di latte cagliato e le secrezioni vaginali in forma di tè.
Quindi il maestro porge la compagna e, uniti a lei, si perviene al vuoto, disciolti nel suo grembo come un tozzo di sale nell'acqua. Il testo di Nàropà fornisce una trattazione integra dei riti e delle loro premesse teoriche, espone la condizione preliminare dell'iniziatore, capace di vista e udito soprannaturali, che gli consentono di penetrare nella mente umana e di rammentare le vite anteriori proprie e altrui, oltre che di volare. La capacità di volo è stata accordata nella premessa all'iniziazione maggiore, quando si è subito l'invasamento dell'ira, frantumando ogni cosa, percuotendo tutti i presenti, sempre ballando e saltando, per culminare in una fragorosa risata e nell'ululio di HUM senza ombra di vergogna, senza traccia di ritegno.
Ora ci si inoltra, forse per allucinazione, in volo nelle regioni sotterranee, sviluppando una duttile eloquenza e la penetrazione nelle altrui menti. Dopo questa prova il maestro, acquietato il discepolo, introduce l'adepta, e con lei amoreggerà come le figure terrifiche delle t'an ka tibetane con le dee accoccolate in grembo. Il discepolo parteciperà al loro amore e quindi offrirà una sua fanciulla al maestro. Maestro e discepolo apprenderanno infine a proiettarsi nell'uretra il seme e sapranno trattenerlo mentre con la fantasia concepiranno il Buddha che si estende nei tre mondi e li colma. Segue lo yoga sestuplice, che si suddivide nella ritrazione del mondo esterno, nella contemplazione di se stessi, nella concentrazione del respiro al di qua di ogni alternità, fatto risalire fino al cranio e qui arrestato, sino all'unificazione totale.