Lockheed Martin UK, ramo britannico del colosso statunitense del settore ingegneria aerospaziale e difesa, ha dichiarato di volere avviare prospezioni minerarie sul fondo dell'Oceano Pacifico, 1500 chilometri a sud-ovest delle coste messicane, per verificare se è possibile portare in superficie i materiali più preziosi.
A destare interesse sono sopratutto i noduli polimetallici: piccole masse rocciose sparse sui fondali e ricche di metalli di valore quale rame, cobalto e manganese. Pare che i noduli, di dimensioni comparabili a una pallina da golf o una patata, si formino nel corso di milioni di anni, in seguito al deposito di strati concentrici di minerali sciolti nell'acqua introno a un nucleo duo (per esempio, un ciottolo o un dente di squalo). Raccogliere questi agglomerati è piuttosto costoso, ma oggi gli esperti ritengono che l'incremento del fabbisogno di metalli in Paesi quali Cina potrebbe renderne conveniente il recupero. Locheed, che effettuerebbe l'estrazione attraverso la consociata UK Seabed Resources, è in possesso della licenza per sottoporre a prospezioni un'area di 58mila chilometri quadrati, quasi tre volte l'estensione del Galles.
Noduli polimetallici |
Non sono stati ancora resi noti dettagli tecnici dell'operazione, ma la società spera di potere iniziare i lavori tra cinque-sei anni, una volta completati i test tecnologici e gli studi ambientali. Secondo alcuni scienziati, le concrezioni potrebbero essere trasportate in superficie grazie a un sistema di canalizzazioni, mentre altri sostengono che sarebbe possibile lavorarle sott'acqua estraendo in situ i metalli preziosi. Ancora più controversa è un ipotesi correlata, lo sfruttamento minerario delle sorgenti idrotermali (getti di acqua calda sottomarini). La tecnica da adottare prevederebbe la frantumazione e asportazione dello strato superiore, ma Lockheed Martin nega che questa pratica rientri nei suoi piani operativi per il Pacifico.
"E' importante chiarire che c'è una grande differenza tra estrarre i noduli, che poggiano sui fondali marini delle pianure abissali, e sfruttare economicamente le emissioni idrotermali", spiega John Luick, oceanografo dell'Istituto di Ricerca e Sviluppo dell'Australia Meridionale. "Le sorgenti sono vere e proprie oasi di attività biologica. Rispetto all'estensione delle pianure sottomarine, i getti occupano superfici limitate, ed è quindi ragionevole pensare che andrebbero completamente distrutti in pochi decenni se l'estrazione mineraria venisse autorizzata senza restrizioni".(science)