L'atteggiamento ingannevole:
La menzogna e l'inganno creano un senso di profonda amarezza nelle relazioni umane. La prima reazione è di stupore: «Perché mi ha mentito?». Vorremmo non trovarci in questa situazione ma succede, e allora è importante decodificare l'atteggiamento ingannevole tramite alcuni segnali:
*1. Fidarsi del «fiuto» iniziale; è una sensazione che non si può definire perché è intuitiva, ma qualcosa ci dice che non è vero.
*2. "Il tono della voce, l'espressione del viso e il modo di gesticolare possono essere sottili manifestazioni dell'inganno.
*3. Gli occhi ruotano un istante quasi per cercare qualcosa di nascosto.
*4. In genere chi sta per riportare un fatto non vero ha dei tentennamenti nella voce, esitazioni accompagnate da suoni paraverbali (ehrn, uhm ... ) o dà risposte evasive: «Non lo so», «non mi ricordo».
*5. Occorre fare particolare attenzione quando ci si trova nella trappola: «Domanda esplicita, risposta vaga». Le esitazioni, i giri di parole sono spesso i segni di un rapporto poco autentico. Reagire alla menzogna. Non esiste una ricetta facile. Le circostanze, le dinamiche, le motivazioni e le conseguenze della menzogna sono variabili. Se si tratta di un dipendente che abitualmente ricorre alla menzogna, forse la soluzione migliore è il licenziamento. Direi, però, di non drammatizzare nel caso di bugie non tipiche e non frequenti. Se la menzogna riguarda tuo figlio La situazione è diversa quando con un certa frequenza si ricorre alla menzogna nel rapporto familiare. Un genitore si interroga sul perché il figlio o la figlia mente; sarebbe utile capire a quali domande riceve risposte non autentiche. In questo modo il genitore, che desidera far apprezzare al figlio l'onestà e la sincerità, può rivalutare il proprio atteggiamento, in modo da non indurre il figlio a difendersi con la menzogna. Per concretizzare questo obiettivo propongo:
A Non indagare per sapere quello che è realmente accaduto ma mettere l'accento sulla prossima volta. «Hai fatto i compiti?», «Sì, ma ho lasciato il quadeno a casa di Roberto». «Vorrei vederlo domani. E' importante per me vedere i compiti così posso apprezzare meglio i tuoi progressi».

B. In caso di menzogne ripetute non attaccare il figlio ma mostrare la propria infelicità. Dire: «Sei un bugiardo!» anche se è una verità, è molto umiliante per un bambino. Sarebbe più opportuno condividere le proprie emozioni: «Mi sento deluso e confuso; ho chiesto di vedere i compiti perché desidero aiutarti negli studi. Ma forse nel mio modo di fare é qualcosa che non va?». Si può riprendere e correggere senza squalificare l'altro. Questo è il senso della «comunicazione ecologica».
C. Accompagnare il bambino nello svolgimento dei compiti fino a che non diventi un'abitudine. Dire semplicemente: «Vai a studiare!», è un modo autoritario di risolvere il problema. Il genitore che cerca il dialogo si chiede se ha fatto tutto il possibile affinché il figlio impari a essere competente. Quando c'è una comunicazione aperta, fatta con calore, si ricorre sempre meno alla menzogna.
Prof. Jerome Liss Psichiatra, psicoterapeuta, fondatore della Scuola di Biosistemica