24/03/14

Per mangiare le rane prima vanno pescate

A caccia di anfibi 
La pesca delle rane con la canna è ancora praticata da numerosi ravennati discendenti da famiglie di "ranucér " ( letteralmente "ranocchiaro"deriva da "ranoch" ranocchio persone che praticavano la pesca di questi anfibi per guadagnarsi da vivere vendendoli poi al mercato, già pronti per essere cotti). È una pesca che necessita di buona abilità e colpo d'occhio in quanto l'esca formata da due lumache (la parte della chiocciola che fuoriesce dal guscio) legate a 7-8 centimetri di distanza una dall'altra in fondo alla lenza non è munita di ami (voÌendo come esca si possono usare anche cavallette o "novelli" rane appena formate quando la prima "covata" comincia la propria vita fuori dall'acqua).

 La lumaca legata al termine della lenza serve per tener ferma la parte terminale sull'erba acquatica a fior d'acqua, l'altra invece con leggeri gesti del braccio viene fatta saltellare in maniera da sembrare un insetto caduto in acqua che si dibatte. La rana si avvicina e ingoia l'esca avvolgendola con la propria lingua vischiosa fatta come le "lingue di meneliche" i fischietti di carnevale retrattili. A questo punto subentra l'abilità del "ranocchiaio ": bisogna tirare su la lenza elasticamente senza strattoni in maniera che la rana continui a tenere stretta in bocca l'esca; gli si fa praticamente fare una parabola a U rovesciata al termine della quale la rana va a cadere sulla mano del pescatore che deve afferrarla al volo altrimenti (dipende dall'agilità di chi pratica la pesca) si dovrà... fare una gara a salti per catturarla.

Le rane vanno poi riposte in un cesto di vimini che si tiene a tracolla "e barasca" o in un sacchetto in tela legato alla vita "e malèt" entrambi muniti di un verso con dispositivo per non permettere loro di uscire "ingan". È buona norma deì "ranucér" di uccidere e pulire le rane al rientro dalla pesca o al massimo il mattino seguente perché, si dice, che in questa maniera le rane abbiano conservato tutto il loro sapore.
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