02/12/13

Drammaticamente prevista la strage della fabbrica cinese a Prato!

Basta solo una scintilla, per far si che sia divampato quell'incendio, che ha fugato i residui dubbi che in quella fabbrica d'abbigliamento cinese fosse tutto a posto! Drammaticamente tutto previsto, la strage annunciata: quella che è accaduta prima delle 7 di ieri mattina in una fabbrica cinese di abbigliamento nella città di Prato, consegna alla cronaca il drammatico numero di sette morti, due feriti gravi (tutti di nazionalità cinesi) e troppi, tanti perché.

Nel capannone-dormitorio dell'area industriale del Macrolotto, importante comparto della catena delle confezioni a basso costo il forte tasso di illegalità messo in atto dalla comunità cinese, stavano dormendo su un soppalco improvvisato, dopo le fatiche lavorative, circa 10-15 operai orientali che sorpresi dalle fiamme mattutine non hanno avuto il tempo di trovare riparo. L'inchiesta aperta dalla procura di Prato dovrà verificare l'origine di queste fiamme e se nell'azienda, la ditta individuale "Teresa Moda" di Li Jianli, erano presenti il rispetto delle regole e delle condizioni di sicurezza.

 Ma già da quanto perviene dalle testimonianze dei soccorritori si è già accertato che i lavoratori cinesi sono rimasti intrappolati senza scampo come topi dentro il capannone: prima il ritrovamento di un corpo, poi di un secondo, di un terzo, fino ad arrivare a metà pomeriggio a sette, con l'ansia di continuare a scavare tra le macerie del capannone, in parte crollato, perché paura e omertà hanno impedito ai lavoratori cinesi di dire con certezza quante persone si trovassero all'interno.
Incendio fabbrica cinese a Prato
Per Prato è la prima grande tragedia del lavoro cinese, dopo le sanguinose faide tra bande rivali e i corpi di lavoratori orientali morti per cause naturali abbandonati sulle strade.

Ma è anche una tragedia annunciata dalle difficoltà di contrasto alla «più grande realtà di lavoro sommerso d'Europa», come l'ha definita ieri il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, venuto a Prato per rendersi conto dell'accaduto e sollecitare la collaborazione del Governo cinese che fa «troppo poco e troppo lentamente».

Il sindaco di Prato, Roberto Cenni, ha indetto il lutto cittadino rivendicando il merito di aver «alzato il velo su questa vergogna radicata a Prato nel silenzio di troppi». «Prato non può più sopportare un peso del genere», ha rivelando di essere in contatto col ministero dell'Interno perché «è necessaria una soluzione che estingua il sistema organizzato di illegalità nel distretto parallelo cinese». Anche il prefetto di Prato, Maria Laura Simonetti, ha ammesso che «dobbiamo fare di più» per estirpare l'illegalità, sottolineando però che «i cinesi devono fare propria la cultura della sicurezza».

 Nel diluvio di dichiarazioni seguite alla tragedia spiccano quelle della Cgil, che non ha iscritti tra le file degli operai cinesi e finora è stata tiepida nel denunciare lo sfruttamento feroce dei lavoratori: «Questa è una tragedia annunciata, diretta conseguenza di condizioni gravissime di vita e di lavoro che non possono più essere tollerate. La battaglia per la condizione di lavoro è la prima battaglia per la Cgil e per tutto il sindacato».

E un "basta" a «situazioni di lavoro non degne dell'uomo e delle conquiste sociali degli ultimi decenni» è arrivato anche dal vescovo Franco Agostinelli, secondo cui «per Prato è arrivata l'ora di mettere da parte posizioni ideologiche preconcette e tatticismi strumentali». Da qui l'appello chiaro e diretto: «Imprenditori e sindacati italiani siano la prima linea di questa frontiera per bonificare le imprese e il lavoro». Un pensiero anche dal ministro per l'Integrazione, Cecile Kyenge: «Grave la violazione della dignità umana dei lavoratori».aggiunto il sindaco
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