02/11/13

Lasciato solo ad affrontare la disabilità psichica, funzionario di banca uccide la sorella e si butta dal sesto piano

A Palermo si è consumato una tragedia familiare. Un uomo lasciato solo con una sorella disabile psichica, ha preferito finire la sofferenza uccidendo la sorella legandole le mani alla sedia e soffocandola con un sacchetto di plastica, e lanciandosi dal sesto piano.

Sarebbe stata lei, Giuseppina Puccio, 62 anni a chiedere al fratello Francesco, 58 anni di porre fine ai suoi stenti. I due abitavano da soli. Gli investigatori hanno trovato nell’appartamento una lettera nella quale Giuseppina avrebbe scritto di avere implorato il fratello di eliminarla perché non ce la faceva più a convivere con i suoi malanni: un disagio psichico che, secondo le prime ricostruzioni, avrebbe fatto capolino con i sintomi di una depressione dopo la laurea per poi aggravarsi dopo la morte della madre. Puccio era funzionario dell’Unicredit a Palermo e assisteva la sorella da molti anni.
L’omicidio-suicidio ha provocato sgomento tra i vicini delle due vittime. Sono in tanti ad essere ancora increduli. «Mi hanno telefonato dicendo che c’era un uomo nel giardino che si era lanciato dal bancone - racconta Emanuele Li Causi che abita nella casa accanto a dove è avvenuta la tragedia - Sono rimasto basito. Non avevamo sentito nulla dal mio appartamento. Mi sono affacciato e ho visto il cadavere per terra di un uomo, i vigili del fuoco e la polizia. Ancora non riesco a credere che lì a terra ci fosse Francesco».
«La sorella non usciva quasi mai. Erano ossessionati dalla possibilità di subire un furto - aggiunge Angelo Giammanco anche lui vicino di casa - Quando erano in casa non li sentivamo. Appena uscivano accendevano la televisione ad alto volume. Ci chiedevano ogni tanto di fare della spesa. Sapevamo che la signora stava male. Una malattia che si è aggravata dopo la morte della madre. Ma davvero non pensavamo che potesse succedere tutto questo». «Si tratta di drammi - afferma Santa Raspanti, psichiatria - che avvengono sempre più di frequente in un contesto in cui la famiglia diventa un nucleo ristretto all’interno di città. Aspetti che non consentono, sia per i ritmi più frenetici che per la mancanza di luoghi di aggregazione, a elementi più fragili di riuscire a diluire l’angoscia della solitudine e del malessere, individuando così come unica via d’uscita la negazione della vita».
E un altro dramma della sofferenza si è consumato oggi a Torino dove un padre 73enne ha accoltellato il figlio tetraplegico di 31 anni. A chiamare i Carabinieri è stata la madre. Il ragazzo è in condizioni critiche all’ospedale Le Molinette e il padre ha confessato ai carabinieri di essere disperato. Non ce la faceva più a vedere il figlio in quelle condizioni.
 
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