La kermesse, che ha avuto termine venerdì 18 ottobre, ha potuto contare sin da subito sulla presenza di ospiti di rilievo e quest'anno non fa eccezioni: tra le personalità di spicco e dalla competenza acclarata c'è anche quella di Andrew Merkin, responsabile dei progetti speciali di Mirada nel settore che riguarda soprattutto quello dello storytelling e nome certamente noto ai numerosi estimatori di Pacific Rim. Cambiano i volti e gli argomenti: se l'anno scorso l'highlight è stata l'animazione low cost, quest'anno è proprio l'arte di narrare il piatto forte della manifestazione nella Città della Mole.
VIEW Conference di Torino |
Secondo Merkin la VIEW Conference è: «un fantastico esempio per tutta l'industria e tutto il lavoro svolto fino a qui, un modo di confrontarsi e di trovare ispirazione da professionisti di fama e da freelance non meno validi». L'entusiasmo di Merkin pare tangibile e non potrebbe essere diversamente perché il suo motto trova origine nella frase di George Bernard Shaw secondo cui "occorre sempre dire la verità". Quindi essere realistici e toccare le corde giuste è, in sintesi, il segreto dello storytelling (anche e soprattutto visuale) «gli ultimi 25 anni di lavori convergono nella capacità di suscitare reazioni nel pubblico e di farne tesoro per rendere la narrazione sempre più realistica e sempre più capace di generare emozioni. Animazione, nuove tecniche di rendering anche nel software set (cioè gli effetti speciali) sono sinergie che trovano riscontro non solo sul grande schermo ma anche nelle applicazioni software e sul web».
Il creare fili e condizioni narrative di qualità sempre maggiori sta creando un pubblico attento e vieppiù esigente: «in futuro il visual storytelling vivrà di esperienze condivise e si adatterà al pubblico, apprenderà dalle reazioni suscitate».
Ciò vale anche per applicazioni, cortometraggi, libri e per l'industria videoludica. Una dimostrazione co-firmata da Merkin è l'app per iPad "MirrorWorld" che prende spunto dalla saga della scrittrice tedesca Cornelia Funke e che, lasciata la carta, si sviluppa per altra via mediatica nel tentativo di creare «un mondo vivente e capace di respirare».