25/11/13

"Biocidio": avvelenamento dei terreni

Terra generosa, pascoli abbondanti, la campagna tara Napoli e Caserta. Terra di allevamenti di bufali, e produzione casearie note in tutto il mondo. Poi il business dei rifiuti ha interrato, in 22 anni d'inquinamento, 10 mln di tonnellate di veleni .  Dal 1991 al 2013 sono state censite 82 inchieste per traffico di rifiuti, 915 ordinanze di custodia cautelare, 1.806 denunce, e 443 aziende coinvolte. E' stato il suicidio più drammatico avvenuto nei paesi mediterranei, ovvero l'eliminazione di una grossa parte delle primizie dell'agricoltura a favore dell'economia illegale dei rifiuti, per qualche giorno è sembrata interessare i media nazionali e la politica.
terra dei fuochi
 D'improvviso il tema dell'avvelenamento delle terre campane ha attraversato il dibattito nazionale, quello striscione con la parola "Biocidio" è apparso nelle foto, nei siti, nei tg, ed è riuscito a provocare indignazione, paura, promesse di cambiamento. Molti parlano di Terra dei fuochi, pochi sanno cosa significa davvero. In queste settimane in rete circola l'immagine di un documento che risale agli anni 80, stilato dalla sezione del Partito comunista di Casal di Principe. Con quel documento si denunciava, mentre accadeva, l'avvelenamento dei terreni, la fine per sempre della Campania felix. Sapevamo già tutto. È per questo che quando Carmine Schiavone nel 1997 diceva che gli abitanti della Terra dei fuochi "sarebbero tutti morti nell'arco di venti anni" sbagliava: essi erano già morti, civilmente morti. Sono anni che, insieme ad altri, racconto le sciagure della Terra dei fuochi, che nel tempo ha finito con il fagocitare interi comuni, estendendo sempre più i suoi confini. Da quando Peppe Ruggiero di Legambiente usò questa suggestiva espressione, così lontana dalla Terra del fuoco descritta da Magellano. Come l'esploratore portoghese vide dal mare i fuochi sulla costa, così chi viaggia sulla Strada Statale 7 bis Terra di Lavoro (la Nola-Villa Literno) o sull'Asse Mediano, se distrae lo sguardo dall'asfalto vede tutt'intorno fumo salire dalla terra e se abbassa il finestrino sente un odore acre che brucia in gola lasciando un sapore acido. Un odore cui non è possibile assuefarsi. Come è potuto accadere? Come è stato possibile intombare tanti rifiuti tossici, fino a renderne difficile se non impossibile l'estrazione dal suolo? C'è la via, tra virgolette, "legale". Da trent'anni diverse aziende del Nord hanno appaltato - e purtroppo ancora appaltano - lo smaltimento dei loro rifiuti speciali a ditte specializzate, apparentemente legali, che riescono a fare enormi sconti: specialmente in una congiuntura economica come questa, possono fare la differenza tra sopravvivere o fallire. È una dinamica chiara: non è forse questo il tempo in cui i grandi Paesi industrializzati affermano di non essere in grado di osservare i vincoli posti dal Protocollo di Kyoto? Basti pensare, a titolo di esempio, come gli stakeholder italiani (ossia i mediatori tra industria e ditte che smaltiscono) sono riusciti, nel 2004, a garantire che ottocento tonnellate di terre contaminate da idrocarburi, proprietà di una azienda chimica, fossero trattate al prezzo di venticinque centesimi al chilo, trasporto compreso. Un risparmio dell'80 per cento sui prezzi ordinari. Le aziende che in questo modo si liberano dei rifiuti prodotti sono colpevoli, certo, ma allo stesso tempo legalmente tutelate, perché le ditte che forniscono il servizio di smaltimento producono documentazioni legali. Poi, il gioco sporco comincia con i giri di bolla che fanno risultare che il ciclo è apparentemente rispettato. Quello dei giri di bolla è il secondo passaggio e avviene nei centri di stoccaggio. I titolari fanno in modo di raccogliere i rifiuti speciali che, in molti casi, miscelano con rifiuti ordinari, diluendo la concentrazione tossica e declassificando, rispetto al Cer (Catalogo europeo dei rifiuti), la pericolosità dei veleni.[...] ( Dall'articolo di Robeto Saviano)          fonte
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