Rinasce il
mito della
Lancia Fulvia!
Regina di Montecarlo con due "principi" d'eccezione:
Munari e
Mannucci!
La
storia dell'
automobilismo è stata segnata da sole due
auto che sono ricordate menzionando il
numero di gara: la
Mercedes 300 Slr numero 722, alla cui
guida c'era
Stirling Moss che vinse a tempo di record la
Mille Miglia del 1955, e la ancor più
mitica Lancia Fulvia HF con numero 14 che, con la
coppia Munari-Mannucci, i quali dominarono contro tutto e contro tutti il
Rally di Montecarlo del 1972.
Mentre si sta svolgendo l'edizione 2014 del
Rally più famoso del mondo, che affronterà per ben due volte il
Col de Turini anche se in senso inverso rispetto alla tradizione, ricordare la
leggenda di un'
auto rimasta nel cuore di tutti gli
appassionati di motori è un piacere e un obbligo.
Un'
auto che proprio sul
Col de Turini ribaltò la
classifica che fino ad allora la vedeva in terza posizione, e già quello era considerato un
risultato straordinario.
Perché la
Lancia Fulvia HF 1600, nel 1972, era ormai considerata ormai superata, una sorta di catorcio, un'
auto spompata con soli 160 CV destinata a soccombere senza speranza nel
confronto diretto con le
Porsche (270 CV) e le
Renault Alpine (cavalleria simile alle
Porsche e 200 chili in meno della
Fulvia) considerate le vere predestinate al successo finale.
 |
| Lancia Fulvia HF |
Poco prima di affrontare il
Turini, in quel gennaio del 1972, iniziò prima a piovere e poi a nevicare. Il dio pluvio delle
corse aveva scombinato le carte, apparecchiando una situazione meteo nella quale la vecchia
Fulvia si trovava a suo agio. Lo si era già capito molti anni prima, al
Rally di Corsica, quando il
motore era ancora il 1400: le rivali non riuscivano a tenere la
strada mentre lei, la piccola
Fulvia, restava aggrappata all'
asfalto bagnato e ricoperto di foglie e fango. Chilometro dopo chilometro, fino alla vittoria finale. Un'
auto che avrebbe vinto molto, che sarebbe entrata nella
storia dei Rally anche grazie a un aggiornamento del
motore, portato ai 1600 di cilindrata.
Ma il
Montecarlo del 1972 quello no, era un sogno impossibile. Troppo
potenti le
Porsche, troppo
potenti e
leggere le
Alpine anche solo per restargli alle costole. E poi, suvvia, i francesi schieravano addirittura sei
equipaggi, proprio per non tralasciare alcun particolare sulla
strade di casa.
E invece, pioggia e vento: e "nonna"
Fulvia a fine
carriera che improvvisamente si ritrova nel suo ambiente naturale. Quando le altre escono di strada... Sembra di vedere lo sguardo sornione della
HF numero 14, con i
fanaloni a illuminare la notte e la scritta
Lancia Italia sul
cofano per far sentire a francesi e tedeschi il fiato sul collo. Fino ad arrivargli alle costole, fino a prenderli.
Le
Porsche non restano in strada: troppa
potenza da scaricare a terra e a terra, al posto dell'
asfalto asciutto, c'è solo neve.
Tanta, troppa neve. Le
Alpine non reggono alla prova di una natura così scatenata: sul
Turini, Jean Claude Andruet esce sbattendo contro la montagna. Darnische e Ove si fermano con il
cambio rotto. Le altre
Alpine, beh! quelle erano già dietro da tempo. Nonna
Fulvia vola.
Munari la
guida come se fosse un prolungamento del suo corpo,
Mannucci disegna il
percorso per l'amico alla
guida rendendogli impossibile un qualsiasi errore. Passato il
Turini la
Fulvia, la nonnetta, il ronzino, la vittima predestinata è in testa,
dominatrice di un Montecarlo che spianerà la strada verso il
titolo Mondiale Rally. Che farà passare la
Fulvia Hf 1600,
targata TO E24266, dalla
storia alla leggenda.
Ricordandola oggi rendiamo omaggio all'immenso
Sandro Munari e a
Mario Mannucci, che molti chiamavano "il maestro" e che ci ha lasciati, in silenzio, nel dicembre del 2011. Ricordiamo
Cesare Fiorio, che tutti ricordano come artefice della
Squadra corse Lancia di quegli anni straordinari. Ma ricordiamo anche
Ettore Zaccone Mina, il papà del
motore della
Fulvia.
L'uomo che progettò un
motore millecento, per la
Fulvia berlina, riuscendo a trasformarlo nel tempo con una genialità inarrivabile in un 1600 da 160 cavalli, con un rapporto di 100 CV/litro che rivisto oggi ha dello straordinario. Lo fece quasi di nascosto, nelle notti trascorse disegnando nel salotto di casa, perché il numero uno della
Lancia, il professor Fessia, gli aveva dato il permesso di inseguire questo sogno solo al di fuori dell'orario di lavoro. Così nacque il V stretto che ancora oggi stupisce gli addetti ai lavori per la perfezione assoluta con cui è stato concepito.
Così, con la straordinaria unione di molti e molti uomini che hanno reso grande la
Lancia, è nata la vittoria al
Montecarlo del 1972 e la
leggenda di una
macchina immmortale.