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15/10/14

Nuova fonte di raggi gamma nell'universo

Una nuova fonte di raggi gamma nell'universo, questa è la nuova scoperta di un team di scienziati pubblicata sulla rivista Science.  Sembra dunque che anche le brevi eruzioni stellari possano produrre questi fenomeni che sono tra più violenti che si conoscano. I raggi gamma sono una radiazione fortemente energetica che nel caso qui descritto sono stati scoperti durante l'osservazione di quattro novae, cioè brevi eruzioni stellari, compiute dal 2010 al 2013 con telescopio spaziale Fermi della Nasa-Esa per raggi gamma.

Raggi gamma
immagine presa dal web

Alla scoperta,  ha collaborato anche Steven Shore, professore di astrofisica dell'Università di Pisa che ha spiegato: "Prima delle osservazioni con il telescopio spaziale Fermi,  nessuno sospettava che queste esplosioni, per altro abbastanza comuni nell'Universo, fossero in grado di produrre raggi gamma di solito associati a ben più potenti esplosioni cosmiche". Il primo rilevamento, denominato V407 Cygni, del telescopio spaziale Fermi è avvenuto nel marzo 2010. L'esplosione proveniva da un raro tipo di sistema stellare in cui una "nana bianca", cioè è una stella di piccole dimensioni, con una bassissima luminosità, interagiva con una "gigante rossa", ovvero una stella grande e fredda.

 Nel 2012 e nel 2013, il telescopio spaziale ha rilevato altre tre novae classiche, che si verificano in situazioni più comuni in cui una nana bianca interagisce con una stella simile al Sole. "Inizialmente abbiamo pensato che V407 Cygni fosse un caso speciale",  ha aggiunto Steven Shore, "perché l'atmosfera di una gigante rossa si disperde nello spazio producendo un ambiente gassoso che interagisce con l'onda d'urto dell'esplosione della nana bianca. Ma questo non può spiegare le altre rilevazioni dove non erano presenti giganti rosse".

L'ipotesi degli scienziati per l'emissione di raggi gamma è che l'esplosione di una nova crei vari tipi di onde d'urto che si espandono nello spazio a velocità leggermente diverse. Le scosse più veloci potrebbero interagire con quelle lente, accelerando le particelle portandole a velocità prossime a quelle della luce: queste particelle, in ultima analisi, produrrebbero i raggi gamma. Insieme a Steven Shore dell'Università di Pisa hanno partecipato allo studio anche C-C. Cheung (Naval Research Labs, Washington), Pierre Jean (Institut de Recherche en Astrophysique et Planétologie, Toulouse France) e ricercatori della sezione pisana dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Pisa.

21/11/13

Università di Pisa: pool di ricercatori internazionali cerca di mappare il cervello per aiutare i non vedenti

All'Università Pisa un pool di scienziati cerca di mappare il cervello per aiutare i non vedenti.
Elaborare un atlante dello sviluppo del cervello nei non vedenti, è lo scopo del 'Blind Brain Consortium', gruppo di ricerca internazionale che avrà sede nell'ateneo pisano e riunirà esperti del cervello da ogni parte del mondo, avoreranno a stretto contatto per mettere a punto protocolli di ricerca condivisi.
Mappare il cervello
In base ai dati raccolti dai ricercatori, per molti aspetti fondamentali il cervello dei non vedenti si sviluppa allo stesso modo di quello delle persone dotate di vista a prescindere dagli input che riceve. "Recenti ricerche in individui nati privi della vista - spiega Pietro Pietrini, direttore dell'Unità operativa di psicologia clinica dell'Aou di Pisa, che guiderà il 'Consortium' - hanno permesso di dimostrare che gran parte della meravigliosa architettura morfologica e funzionale del cervello si sviluppa indipendentemente dall'esperienza visiva. In altre parole, il nostro cervello è in qualche modo programmato, a prescindere dagli input sensoriali che riceve, sebbene questi siano importanti nel determinare l'organizzazione di specifiche aree della corteccia cerebrale". Secondo gli esperti, questi studi avranno rilevanti implicazioni anche nella messa a punto di nuovi approcci educativi per i non vedenti.
Fino ad oggi i diversi centri di ricerca nel mondo hanno operato in maniera indipendente. L'adozione di protocolli di ricerca condivisi e coordinati permetterà di studiare grandi numeri di soggetti con cecità congenita o che hanno perso la vista a diverse età. "Intendiamo arrivare alla realizzazione di un vero e proprio atlante dello sviluppo morfo-funzionale del cervello in assenza della vista", ha affermato Pietrini. Al 'Consortium', che ha ricevuto l'adesione e il sostegno dei rappresentanti locali e nazionali dell'Uic-Unione italiana ciechi e dell'Univoc-Unione nazionale italiana volontari pro-ciechi, partecipano scienziati dai più prestigiosi centri di ricerca di Europa, Stati Uniti, Canada e Asia, tra cui l'Università di Harvard e l'Accademia cinese delle scienze.      fonte

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