Il-Trafiletto
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26/03/14

STROZZAPRETI ALLA RUSTICA

Semplice è l'esecuzione degli STROZZAPRETI, di cui se ne possono indicare almeno tre versioni.

Per la prima versione, quella tradizionale ma anche la più scarna, basta avere mezzo chilo di farina da impastare con semplice acqua e un po' di sale (ma ne esiste un tipo pure insipido) per fame una quantità sufficiente per quattro o cinque persone. Lavorate bene la farina facendone un impasto. Ricavatene una palla da cui vanno tolti, di volta in volta, i pezzi che utilizzate. Questi vanno stesi col mattarello in strisce per nulla sottili (non meno di mezzo centimetro di spessore), da tagliare poi in bastoncini di circa quattro o cinque centimetri di lunghezza. Poi, appoggiati uno ad uno sul palmo di una mano e sfregandoli con l'altro, assumono il loro caratteristico aspetto, senza assolutamente farli troppo sottili. Per lavorarli meglio, imbiancatevi i palmi delle mani con la farina.

La seconda versione (ma ovviamente le cuoche romagnole ne hanno altre, tutte comunque piuttosto simili fra loro) è quella a cui abbiamo accennato. In questo caso occorrerà sempre' mezzo chilo di farina, 250 grammi di parmigiano reggiano grattugiato di fresco e, invece dell'acqua, il latte sufficiente-ad impastare il tutto (con un tocco di sale). L'esecuzione è la stessa. Il risultato finale è uno strozzaprete più morbido e che pertanto «strozza» meno. Il condimento più indicato è quello di carne e piselli impastato con un po' di panna da cucina.

Il terzo modo in cui potete fare i vostri strozzapreti è con le uova. Se adoperate meno di mezzo chilo di farina vi basterà un solo uovo. Impastate il tutto con acqua, dopo aver aggiustato con un pizzico di sale. Ovviamente, qualunque ricetta vogliate seguire, vanno cotti in acqua bollente.
STROZZAPRETI ALLA RUSTICA

STROZZAPRETI ALLA RUSTICA. Per questo piatto dovreste realizzare gli strozzapreti secondo la ricetta povera e tradizionale, con sola acqua, un pizzico di sale e mezzo chilo di farina. Ovviamente però potete sempre preferire quelli all'uovo, oppure quelli con parmigiano e latte. Per il condimento occorrono: due etti di rigaglie di pollo, piselli, una cipolla, una carota e una costa di sedano; 30 grammi di burro e 50 di pancetta; passato di pomodoro, un cucchiaino di concentrato, olio, aglio, sale e pepe. Fate il consueto trito di cipolla, sedano e carota, aggiungete qualche tocchetto d'aglio, la pancetta tagliata a pezzettini e soffriggete in padella con l'olio e i 30 grammi di burro. Fate imbiondire bene, togliete l'aglio e aggiungete prima i piselli (quanti ne volete, ma senza esagerare) e poco dopo le rigaglie di pollo pulite e tagliate a piccoli pezzetti. Quando il tutto si sarà insaporito, aggiungete il passato di pomodoro necessario a cuocere bene il vostro condimento e insaporite con un cucchiaino di concentrato. Infine, un pizzico di pepe. Nel frattempo cuocete gli strozzapreti in acqua salata. Quando saranno pronti, aggiungete il condimento e servite con .parmigiano grattugiato.

STROZZAPRETI :Ma veramente era un augurio ai preti?

A differenza di quanto credono in molti, la parola strozzapreti non è esclusivamente romagnola, anzi: è propria di altre cucine regionali, sebbene sia riferita spesso a tipi di pastasciutta ben diversa da quella che intendiamo noi. Secondo quanto riportato dai dizionari, gli strozzapreti sono definiti sommariamente «gnocchetti di farina (e talvolta di patata) pressati, da farsi asciutti». Neppure la definizione in italiano corrisponde come si vede, con esattezza, ai nostri strozzapreti.

Strozzapreti
La loro forma è infatti talmente caratteristica, da non potersi confondere con quella di altre paste quali gnocchi ed affini, se non con alcune altrettanto tipiche e locali come i curzoli e gli stringotti. Ad ogni modo è da un'altra antica pastasciutta, oggi ormai scomparsa, che gli strozzapreti romagnoli hanno avuto origine: hanno preso il posto infatti dei bigoli (i «bigul», che nelle mille parlate di Romagna erano chiamati anche «begval», «bigval», «bigulòt», «bigie», «beghli», ecc.). Ebbene i bigoli erano e sono ancora, soprattutto in Veneto dove tuttora sono piuttosto diffusi, una sorta di spaghetti fatti in casa, ovviamente più ruvidi, più grossi e dal diametro meno regolare. Prepararli richiedeva una discreta perizia, oppure uno strumento apposito, un torchio grazie al quale si confezionavano lunghi e col foro in mezzo. Col buco o senza, il tempo li ha divorati senza pietà: minestra povera e comunque troppo «complicata» (storica la versione marinara con le sardelle), soprattutto con le esigenze di oggi per cui occorre fare alla svelta anche in cucina, ha avuto in quella degli spaghetti una concorrenza invincibile: con l'avvento e la diffusione di questi, i bigoli sono divenuti un brigoso doppione, rapidamente dileguatosì dai taglieri domestici. Gli strozzapreti ne hanno assunto così l'eredità, ma non la sagoma:abbandonata la forma a filo (bigoloquesto significa), si sono fatti più piccoli e grassoccì. prodotti semplicemente lavorando meno i tocchetti di pasta con le mani e lasciandoli corti e spessi. Dalla minestra povera e rustica hanno mantenuto l'impasto, che si compone di sola acqua e farina senza uova (e tuttavia in parecchi ristoranti, perché siano più saporiti, le uova vengono immancabilmente utilizzate). Ne esiste ana versione più gradevole, con il parmigiano e il latte al posto dell'acqua. Fatti in quest'ultima e più appetitosa maniera, tradiscono un attimo la loro denominazione: «strozzaono» molto meno non legano e non intoppano la gola, sempre chenon si esageri con forchettate eccessivamente avide e generose. Strozzare dunque: ecco da dove deriva la prima parte del nome. Tutto quello che fa nodo, «strangola». Ma perché proprio i preti? Come detto, che questa dizione sia di origine prettamente romagnola non è dlmostrabìle. È vero però che, ce ne abbia in perdono il clero, se una volta esisteva una terra «mangiapreti» questa era per tutti la Romagna. Ricollegare pertanto un simile vocabolo all'antica società di questa regione non pare neppure troppo azzardato. C'è chi racconta che, minestra semplice e di poca spesa, era la più consueta da offrire al parroco in visita all'ora di pranzo: si faceva in un baleno, costava poco e faceva sostanza. E che i preti mangiassero con ingordigia (banale diceria del popolo ateo e pagano) ingurgitandone fino quasi a strozzarsi, resta tutto da dimostrare. Certo, porgendone un piatto al religioso, l'augurio più usuale che poteva capitare di sentire, secondo la brusca ma sincera ospitalità romagnola d'un tempo, non poteva che essere: «Tnì e struzzìv, prit» (tenete e strozzatevi, prete ... ). All'inverso poi, era questa la pasta più semplice, di minor esborso e più appagante che le perpetue di alcuni parroci potessero preparare, in certe occasioni, per i poveri e gli affamati. Gli strozzapreti dunque, dalla dizione scherzosamente irriguardosa ma dalla paciosa consistenza, si sono sempre più affermati e oggi possono considerarsi senza ombra di smentita un classico della gastronomia romagnola. Non per questo si sono guadagnati l'accesso nei libri di cucina, che li snobbano quasi inspiegabilmente: anche nei tanti bei volumi romagnoli ce n'è scarsa traccia, quasi sbadatamente tralasciati in mezzo alle numerose specialità in tema di primi. Un peccato, sia perchè lo meriterebbero per qualità, sia perchè la loro diffusione è capillare su tutto il territorio. Non c'è trattoria e ristorante che non li abbia nei propri menù e più la cucina è casalinga, più sono messi in rilievo. In commercio, industriali e preconfezionati, non esistono; se li mangiate, state pur tranquilli che sono fatti in casa. E hanno una proprietà: riposti in sacchetti e messi nel congelatore, si conservano a lungo, per essere adoperati in qualunque momento si voglia e offrendosi ancor più buoni di prima. Un'ultima annotazione: recentemente si sono diffusi pure in riviera, dove vengono proposti in inconsuete ma apprezzabilissime versioni col pesce.
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