Il-Trafiletto
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05/08/14

Il prezzo della felicità

Avete letto bene: la felicità si può comprare, basta sapere come. Elizabeth Dunn e Michael Norton ci guidano verso la nuova frontiera della spesa emozionale. 

LA FELICITÀ NON SI COMPRA! Sono in tanti che lo dicono, ma pochi ne sono davvero convinti. Per esempio, avete mai conosciuto qualcuno che abbia rifiutato un aumento di stipendio? Eppure, decenni di ricerche dimostrano che la relazione tra reddito percepito e felicità è sorprendentemente labile.

Uno studio condotto dalla Princeton University su quasi mezzo milione di americani nel 2010 ha dimostrato che, una volta raggiunto il tetto dei 57mila € di introiti annui, eventuali ulteriori guadagni non hanno alcun effetto sulla sensazione di felicità quotidiana Ciò che conta, infatti, non è tanto la quantità di denaro che riusciamo ad accumulare, quanto ciò che riusciamo a fare con la somma a disposizione. Numerose ricerche si sono occupati di recente di quali spese, grandi o piccole, ci rendano più felici: nelle prossime righe, scopriremo come comprare la felicità.
Il prezzo della felicità

Nel corso delle nostre ricerche abbiamo conosciuto Nicole Mantie, 37 anni, e suo marito Dean. Da tempo la coppia sognava un safari in Africa, ma nella casa che avevano comprato, il bagno era in condizioni pietose: gli animali esotici avrebbero dovuto aspettare. Dopo aver ascoltato alcuni amici magnificare una fantastica spedizione, però, decisero di fare una pazzia: al diavolo i sanitari nuovi. È facile etichettare come meno giudizioso chi sperpera soldi in un safari invece di investirli in necessari lavori di ristrutturazione: un decennio di attività di ricerca scientifica, però, rivela tutta l'insospettata saggezza di questa decisione. Studio dopo studio, è apparso chiaro che la felicità viene dall'acquistare esperienze, piuttosto che dall'impossessarsi di beni materiali. Perché?

Fare esperienze di solito ci porta a contatto con altre persone, mentre la fruizione di oggetti spesso avviene in solitaria. Una ricerca svolta dal College of Business della Stony Brook University, New York, ha addirittura dimostrato che, in termini di felicità procacciata, non c'è alcuna differenza tra un'esperienza fatta da soli e un acquisto materiale. Le esperienze, poi, sono molto più interessanti da raccontare. In uno studio, in particolare, ricercatori dell'Università del Colorado hanno scoperto che, se l'argomento trattato era l'acquisto di esperienze invece che di oggetti, coppie di estranei tendevano a dialogare con più soddisfazione e tutto sommato, ad apprezzarsi di più. Nicole ha riferito con trasporto di essere stata baciata da una giraffa durante il suo safari: anche chi adotta un approccio più cauto nel contatto con specie diverse da noi, dovrà ammettere che questo aneddoto tende a destare molto più interesse dell'installazione di un nuovo lavabo.(science)


06/12/13

Una partita a scacchi al buio

Per questo secondo appuntamento con la mia rubrica vi parlo del libro Lo scheletro che balla di Jeffery Deaver.
Deaver è uno dei più grandi autori di thriller al mondo, e se è uno dei migliori, un motivo c'è e lo si capisce dai suoi libri. Di Deaver ho letto molti libri ma uno dei migliori che fino ad ora ho letto è proprio Lo scheletro che balla.

Lo scheletro che balla
In questo romanzo affianchiamo Lincoln Rhyme nella sua caccia al migliore, o peggiore a seconda dei punti di vista, killer su commissione mai esistito: Lo scheletro che balla, chiamato così per il tatuaggio presente sul suo avambraccio. Il killer è stato ingaggiato per eliminare gli unici tre testimoni del caso contro Phillip Hansen. Uno di questi, Edward Carney, è già assassinato e l'FBI non vuole altre cadaveri, così chiede aiuto all'unico in grado di tenere testa allo Scheletro che balla: Lincoln Rhyme.
Lo Scheletro che Balla e Lincoln Rhyme ingaggeranno una partita a scacchi, dove quest'ultimo dovrà pensare più in fretta dello Scheletro, superarne la fredda intelligenza, radiografarne la mente, e sfruttare al massimo la sua dote peculiare: la capacità di arrivare alla soluzione di un caso decifrando le tracce minuscole lasciate dall’assassino sulle scene dei crimini.

Il thriller si svolge nell’arco di 45 ore, dove vi renderete presto conto che niente di ciò che state leggendo è reale, che ogni prova, ogni traccia, ogni testimone non è quello che sembra, perché se Rhyme e lo Scheletro che Balla stanno giocando la loro partita, Deaver la sta giocando con il lettore, portandolo dove non pensava, cambiando costantemente le regole del gioco.

Jeffery Deaver
Lo stile di Deaver non è mai banale o scontato, dettagliato  e a tratti "istruttivo" quando dedica qualche riga alla spiegazione di concetti o terminologie specifiche del campo della scientifica. Il libro inizia lentamente per poi aumentare di ritmo a mano a mano che la storia prende piede. Informazioni dosate ad arte, pagine di caccia frenetica alternate ad altre di calma e minuziosa indagine, il tutto farcito da colpi di scena e capitoli al cardiopalma.

I personaggi sono sempre ben descritti, analizzati e "sviscerati" perché il lettore possa familiarizzare con loro, possa sentirli vicini e concreti. Una particolarità apprezzabile dei personaggi dei libri di Deaver è il fatto che non sono perfetti come accade con altri autori, anzi, sono deboli, hanno dei difetti, dei limiti. Prendete Rhyme ad esempio, costretto a letto senza possibilità e prospettiva di ritornare a camminare, cosa c'è di più umano, di più reale in un personaggio come lui?

Un thriller quindi mozzafiato che vi terrà col fiato sospeso fino all’ultima pagina, fino all’ultimo incredibile colpo di scena, quello a cui non avevate pensato, quello che non avevate neppure preso minimamente in considerazione.
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