Il-Trafiletto
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24/12/13

Come sarà la natura dello spazio-tempo: discreta o continua?

La domanda che da sempre permea della mente dei fisici di tutto il modo: sarà liscia o ruvida? Discreta o continua? Tutto ciò riguardo la natura dello spazio-tempo. Tale quesito pulsa come un mantice nella testa dei fisici quando volgono il loro pensiero allo spazio-tempo, esattamente alla struttura quadridimensionale dell'universo introdotta dalla teoria della relatività di Albert Einstein. A riassumere il tutto sugli ultimi risultati in questo campo di studi giunge oggi un articolo di Stefano Liberati, coordinatore del gruppo di Fisica delle Astroparticelle della Scuola Internazionale Superiore di studi Avanzati (Sissa) di Trieste. Lo studio, apparso sulle pagine della rivista Classical and Quantum Gravity, è stato selezionato dalla stessa rivista tra gli Highlight papers dell’ormai prossimo trascorso 2013.

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Spazio-tempo
“Da tempo i fisici si interrogano sulla natura dello spazio-tempo”, racconta Liberati. “Ci si chiede infatti se sia continuo a tutte le scale, come appare nell’esperienza comune, o se a piccolissime dimensioni presenti una grana irregolare che nella nostra esperienza diretta non possiamo percepire”. Se così fosse, spiega l'esperto della Sissa, questo potrebbe portare a deviazioni dalla teoria della relatività speciale formulata da Einstein ormai più di cento anni fa.

In alcuni scenari teorici, la “non-continuità” dello spazio-tempo implica infatti violazioni all’invarianza delle leggi fisiche sotto le cosiddette trasformazioni di Lorentz (che stabiliscono che le leggi della fisica sono le stesse per tutti i sistemi di riferimento inerziali e che sono alla base della relatività speciale). Nello studio, Liberati passa in rassegna tutte le metodologie più promettenti (spesso basate su fenomeni legati all’astrofisica delle alte energie) messe a punto dai fisici a partire dagli anni ‘90 per testare queste deviazioni dalla fisica standard.

“Provate a immaginare di guardare una lastra di marmo da una certa distanza: vi sembrerà probabilmente di consistenza uniforme. A un più attento esame, ad esempio con un potente microscopio, si può vedere invece che il marmo è poroso e irregolare”, continua Liberati. “In un certo senso i fisici hanno cercato di fare qualcosa di simile con lo spazio-tempo: trovare qualcosa che agisca da microscopio per scoprire se a piccolissime scale di lunghezza c’è davvero un’irregolarità. Nel mio lavoro ho offerto un quadro sistematico degli esperimenti e delle osservazioni che si possono sfruttare per indagare l’esistenza di queste irregolarità. La relatività speciale è uno dei pilastri fondamentali della fisica moderna e in quanto tale è molto importante testarne la validità, fin dove le attuali osservazioni ce lo permettono”.


10/12/13

I gusci dei virus, ecco le ultime scoperte

Sui virus c'è molto da scoprire, sono così mutevoli e misteriosi. Capire il loro "comportamento" potrà aprire nuove frontiere alla medicina, utilizzandoli come terapia da far entrare direttamente all'interno delle cellule. Ecco cosa ha scoperto un pool di scienziati in merito.
I virus sono come navicelle che contengono una parte attiva, il materiale genetico, in grado di infettare una cellula ospite. La navicella, chiamata capside o vettore, è sostanzialmente un guscio che si deforma quando deve penetrare nella cellula da infettare, e può addirittura andare in pezzi.
Capside
 Il gruppo di ricerca, fra cui Guido Polles e Cristian Micheletti della SISSA ( Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati) di Trieste, ha usato simulazioni al computer e modelli teorici proprio per capire come questa “navicella” risponda alle sollecitazioni termiche e meccaniche. La ricerca, che è stata condotta insieme all’Università di York (UK), all’Università di Torino e all’Istituto Max Planck di Mainz (Germania), è stata pubblicata su Plos Computational Biology. Così facendo ha individuato i punti deboli dei capsidi e ne ha dedotto il processo di assemblaggio spontaneo. Ogni guscio è formato da tanti tasselli proteici che si incastrano spontaneamente come pezzetti di Lego. Un capside può essere formato da centinaia di queste sub-unità, ma ogni tassello è formato da un numero limitato di proteine. I bordi dei tasselli rappresentano le linee “deboli” dove avviene la deformazione della struttura generale e lungo le quali il guscio si frammenta in caso di rottura. Per alcuni tipi di virus sono state fatte delle osservazioni sperimentali, proprio per capire la dinamica interna del vettore (deformazione) e la forma dei singoli tasselli (che è di solito piuttosto regolare - pentagoni, esagoni, triangoli). Micheletti e colleghi hanno prodotto un modello al computer che, in linea di principio, può essere applicato a qualunque virus di cui sia nota la struttura. “Partendo dalle conoscenze sulla struttura molecolare del capside abbiamo provato a ‘stuzzicarlo’ un po’ per vedere come cambiava forma. Abbiamo infatti simulato delle fluttuazioni termiche (banalmente l’abbiamo virtualmente scaldato e raffreddato) osservando lungo quali linee il guscio si modificava. Molto probabilmente queste linee sono anche i punti in cui il capside tende a frantumarsi”. Hanno spiegato Polles e Micheletti. “Il nostro modello si è rivelato molto robusto. Le simulazioni infatti hanno riprodotto le condizioni che sono state osservate sperimentalmente su una serie di capsidi noti. Per questo motivo abbiamo prodotto altre previsioni su capsidi di cui non esiste conoscenza diretta in questo senso”. Gli studi sulla natura dei capsidi virali sono importanti per conoscere i meccanismi di azione infettiva dei virus (e studiare metodi per contrastarla). I vettori virali inoltre sono usati in farmacologia e per la terapia genica. I gusci dei virus infatti possono essere utilizzati come vettore per far entrare una terapia direttamente dentro le cellule, una metodologia che oggi rappresenta l’avanguardia in medicina. La possibilità di identificare i punti meccanicamente deboli potrebbe, in prospettiva, essere sfruttata per modificare i capsidi naturali ottimizzandone la loro resistenza per un più efficace trasporto e consegna del contenuto farmacologico.
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