14/11/14

Il più giovane cardiochirurgo pediatrico è italiano ed è primario in Inghilterra

 «Non trovo lavoro in Italia, allora me ne vado». Chirurgo pediatrico ha 37 anni e un curriculum straordinario, ma se ne deve andare, e se ne va all'estero dove diventa il più giovane cardiochirurgo pediatrico della Gran Bretagna 

 
È italiano e si chiama Simone Speggiorin, nel 2010, ha fatto fagotto e se n'è andato a cercar fortuna all'estero. Oggi lavora al Glenfield Hospital di Leicester, a 140 chilometri da Londra, è un chirurgo “strutturato” (ossia ha una sua sala operatoria, i suoi pazienti, un'equipe che lo supporta) ed è stimato a livello internazionale. Opera bambini a cuore aperto o con malformazioni alla trachea.
Fa anche parte di “Healing Little Hearts”, un'organizzazione di beneficenza con la quale opera in diversi ospedali in India. Quattro volte l'anno, prende qualche giorno di ferie e va a curare i bambini più bisognosi.

Lui esce dalla sala operatoria alle 15, dove ci arriva alle 7 del mattino. Ha operato 500 bambini in 4 anni di carriera. E' giovane Simone ed è quasi impossibile un trguardo del genere per un chirurgo così giovane. Figlio di un ex calciatore, di Olmo di Martellago (VE), Speggiorin si laurea in Medicina a Padova. Fa tutto in sei anni. Discute la tesi in cardiochirurgia pediatrica e subito dopo entra all'ospedale di Padova per la specializzazione.  L'incognita di quello che avesse fatto dopo era la costante del suo pensiero «Cosa faccio dopo? Il mio primo mentore, il professor Giovanni Stellin, sapeva che finita la specialità non avrebbe potuto offrirmi un lavoro in Italia e mi invitava a partire per completare il training. Uscire ti apre la mente, capisci come si fa e poi ti metti alla prova». Così Speggiorin inizia a studiare medicina sui testi inglesi e perfeziona la lingua. A 28 anni ha un dottorato di ricerca in anatomia cardiaca. E' già stato a Londra e a Boston. Poi, torna a Padova dove finisce la specialità. E si mette a cercare lavoro in Italia. Nulla.

La sua prima occasione: il professor Martin Elliott, direttore del Great Ormond Street Hospital di Londra (uno dei 5 migliori ospedali pediatrici al mondo) che conosce Speggiorin a Padova e lo invita a seguirlo. "Sono partito lasciando a casa tutto. Gli affetti e le mie abitudini". Arrivato a Londra mi hanno detto: ok, ora ricominci da zero. "Praticamente ti rimbocchi le maniche e ritorni a fare lo specializzando. Devi imparare come stare in una sala operatoria, che è un posto dove vige una disciplina quasi militare. Devi capire tutto quello che gira intorno a quel tavolo e non è detto che tu sia bravo. E poi pensavo di saper l'inglese, mi sbagliavo. Ho passato le sere dei primi tre mesi in terra straniera con il mal di testa". Intanto partecipa a un concorso per un posto all'ospedale di Ancona. Gli rispondono 3 anni dopo. "Avrei dovuto mettere la mia vita in modalità pausa per tre anni e aspettare la loro risposta? Non era nei miei piani".

"Se vuoi fare il chirurgo devi fare pratica, e il professor Elliot gli parla dell'India dove nascono tanti bambini con malformazioni al cuore. Al Narayana Hrudayalaya Hospital  di Bangalore, si fanno 2500 interventi l'anno. Cercano chirurghi con o senza esperienza, sono troppo i bambini da salvare. Speggiorin decide di partire, ha 33 anni e in tasca un biglietto di sola andata. Arrivato in India vive un'esperienza durissima. "Non ho trovato l'America, ma un Paese povero. Lavoravo 18 ore al giorno, 6 operazioni ogni giorno per 6 giorni la settimana. Guadagnavo 300 euro al mese. In 10 mesi, ho operato 350 bambini". Poi quella voce comincia a rifarsi sentire: “cosa faccio dopo?”

Simone Speggiorin
cardiochirurgo infantile.
 Manda 30 curricula a tutte le unità di cardiochirurgia pediatrica del mondo. Lo chiamano un po' da tutto il mondo ma lui sceglie di stare vicino a casa il più possibile, con l'India nel cuore (infatti entra a far parte di una charity) sceglie Leicester, in Uk. "Me ne sono andato dall'Italia perché il nostro non è un Paese per giovani i miei compagni di università sono quasi tutti all'estero. Del gruppo, io non sono il più bravo. Tra i miei amici c'è Paolo De Coppi, lo scienziato di 41 anni che ha scoperto le cellule staminali nel liquido amniotico. Lavora a Londra. Ho un amico in Silicon Valley che crea una startup dopo l'altra. Un altro mio coetaneo di Padova è professore di economia in Australia".

Noi italiani all'estero, rappresentiamo solo un campanello d'allarme di un malessere tutto italiano. Il livello che ho raggiunto qui, in Italia sarebbe stato impossibile, purtroppo vige un sistema gerarchico che non da sbocco al merito. Il sistema inglese mette tutti sullo stesso piano, ti pagano bene ma devi essere pronto sempre e distinguerti. Entri in ospedale con molte più responsabilità, nessuno ti protegge, inizi a non dormire la notte, ci metti la faccia, c'è un alto livello di stress. A 60 anni ti considerano “temporaneo”, a 65 ti mandano in pensione. C'è un'attenzione maniacale ai protocolli, ai dettagli, alla soluzione dei problemi. Tutti possono esprimersi. Anche chi pulisce i pavimenti può segnalare un medico che non si lava le mani, prima di toccare un paziente, come impone il protocollo". fonte Sole24Ore
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