Ciò che plasma e articola il carattere di una casta è l'alimento, principio centrale del sistema indù, come dimostra Malamoud in Cuocere il mondo. Soltanto vivande purissime sono destinate al brahmano vegetariano, il quale può cuocere per tutti, dato che lui solo attende con scrupolosa, rituale attenzione al fuoco. Spezie e cibi aggressivi aizzano la furia del guerriero. Cereali, carni e vini ecciteranno laboriosità e voluttà nel contadino. Nisargadatta Mahàràj ripete che, attraverso i succhi, essenza del cibo, viene in essere la consapevolezza che dice: «io sono». E aggiunge: « L'atman, il vero Sé, vede l'io sono attraverso i succhi o l'essenza del cibo». L'essenza nascosta del cibo è l'io sono, l'esistenza in quanto tale.
Questa si attua nel mondo attraverso l'attività e si inorgoglisce attribuendo si la paternità delle azioni. Tutto questo gioco promana dal cibo, base dell'esistenza. «A causa del fatto che c'è la conoscenza io sono, svolgi ogni attività. Al mattino quando ti svegli ottieni quella prima garanzia, la convinzione dell'io sono. Poi, siccome non sei in grado di ottenere o tollerare quell'io sono, ti agiti. Ti alzi di nuovo, ti sposti di qua e di là, ti coinvolgi in tutta l'attività, perché vuoi sostenere quell'io sono. Più tardi quell'io sono dimentica se stesso nel sonno profondo. Solo allora sei in pace». Per affrancarsi da questa conseguenza del cibo, occorre non considerarsi l'agente delle proprie azioni. Le azioni si manifestano nostro tramite; una volta che si sia persuasi di non averne responsabilità, di non esserne i padri, il primo soffio di liberazione ci può investire.

L'attenzione è l'ultima illusione, al di là di essa c'è la consapevolezza del sonno profondo: una volta raggiunto questo vertice, si è liberati. Si cessa di ripetere « sono questo » o «sono quello », di farsi coinvolgere dalla coscienza. lo sono è la puntura di spillo o la stretta di chele dello scorpione da cui tutto nasce, attenzione a quel primario dolore! Che si superi l'io sono, e la libertà potrà inondare; è un punto simile al punto geometrico, non occupa spazio, ma determina ogni costruzione spaziale: si disciolga, si cancelli. Come? Tornando innanzitutto fanciulli: «Prima della comprensione io sono, c'è Balakrsna, l'ignoranza infantile. Più tardi essa comprende se stessa - quella è conoscenza. La conoscenza cancella l'ignoranza, Balakrsna. In questo stato di krsna, il Signore Krsna espose la conoscenza e dopo si fuse nel suo stato originale, l'Assoluto ».
Nisargadatta parlava quando aveva toccato i settantaquattro anni, diceva di sentirsi infante ed esortava a tornare a quello stato di puro essere, nel quale l'io sono è ancora puro, anteriore alla maculazione di sono questo o sono quello, e ad abolire in ultimo anche io sono. Alla fine si potrà veramente ripetere con Nisargadatta Mahàràj: «Sto parlando da un punto di vista in cui non conosco me stesso, in cui non so di essere. Non appartengo al regno della veglia e del sonno». Da questa condizione egli rammenta senza tregua che ci si identifica con i propri pensieri, ma questi sono generati dal corpo e il corpo è generato dal cibo, è cibo nato dal sole.