31/08/14

Questo punto sta al di là di qualsiasi idioma | LE TRE VIE

............., e sul quale è fondata la filosofia che gli ordina la realtà in maniera limpida e razionale.[qui]

Non si potrà descrivere, questo punto, perché sta al di là di qualsiasi idioma. Che cos'è mai, infatti, la nostra facoltà di parlare? Con poche decine di migliaia di vocaboli e qualche regola per combinarli non riusciamo a significare interamente, siamo come Achille che non può attingere la tartaruga. Ho sentito dire: senza il linguaggio siamo come cani. Ma la nostra vita e quella del cane si sovrappongono puntualmente per molta parte. Del cane condividiamo corpo, istinti, calcoli, paure, amori, fedeltà, ardimenti, tristezze e perfino in parte la percezione del mondo, anche se quella del cane è più estesa. Tutta questa parte puramente « canina» della vita è sottratta nella sua essenza al linguaggio, che pure ci soccorre, spesso ci esalta con eloquenza e poesia, ma del pari ci inganna, dandoci a credere che sia capace di descrivere punto per punto un'esperienza che lo sovrasta in misura quasi sconfinata.

Sarà sempre fuori d'ogni idioma il momento in cui la comunicazione diventa veramente stretta, quando le labbra si serrano e lo sguardo trasmette sull'istante la notizia: gli occhi parlano più della bocca. Diceva il poeta del Cinquecento Dàdù: il maestro guarda e, se non lo si intende, si rassegna a parlare. Infatti c'è una modalità della coscienza che apprende gli oggetti senza classificarli né denominarli (nirvikalpa o nirviseka) e quindi è di per sé ineffabile: il maestro non pratica oratoria, ma su quella sensibilità egli si fonda e quella desidera trasmettere. Il punto inesteso d'attenzione si potrà anche designare come l'essere, distinto dal mondo degli enti; l'essere è sottratto a ogni determinatezza misurabile, che ha luogo soltanto rispetto a degli enti. Gli enti non sarebbero peraltro pensabili se non sussistesse l'essere, dal quale ricevono l'esistenza. L'essere somiglia alla luce (prakiisa) che è tutt'uno con l'illuminato; è anche l'atomo di coscienza, poiché senza questo l'essere non è pensabile.

Eliminare l'idea di punto d'attenzione fuori dello spazio e del tempo, inattingibile con la parola, sarebbe come escludere dall'esistenza degli enti proprio l'essere che ne forma il presupposto, infinito rispetto alla loro temporalità e modalità. Il punto d'attenzione è tuttavia palese, risulta come onda cerebrale e lo si coglie con una intercettazione sottile che superi le tre condizioni di veglia, sogno e sonno, con la comprensione piena che si accende al momento dell'estasi: l'istante in cui ogni traccia di persona scompare, eppure vibra l'attenzione più tersa.

Per spiegare appieno, citerò ancora dallo Yogavasistharamayana il passo rigoroso, sconvolgente, universale che in Archetipi già riportavo: «Quando [la liberazione] è turbata e si disperde negli oggetti molteplici, si chiama mente; quando è persuasa d'una sua intuizione, si chiama intelligenza; quando, stoltamente, si identifica con una persona, si chiama io; quando, invece d'indagare in maniera coerente, si frammenta in una miriade di pensieri vaganti, si chiama coscienza individuale; quando il movimento della coscienza, trascurando l'agente, si protende al frutto dell'azione, si chiama fatalità; quando si attiene all'idea "L'ho già visto prima" in rapporto a qualcosa di veduto o non veduto, si chiama memoria; quando gli affetti di cose godute in passato persistono nel campo della coscienza anche se non si scorgono, si chiama latenza inconscia; quando è consapevole che la molteplicità è illusoria, si chiama sapienza; quando, in direzione opposta, si oblia nelle fantasie, si chiama mente impura; quando Si trattiene nell'io con le sensazioni, si chiama sensibilità; quando rimane non manifestata entro l'essere cosmico, si chiama natura; quando suscita confusioni fra realtà e apparenza, si chiama illusione; quando si discioglie nell'infinito, si chiama liberazione: pensa "sono legato" e c'è l'asservimento, pensa "sono libero" e c'è la libertà». ' Credo sia il testo più lucido mai scritto, dispiega interamente la trama del possibile dall'unica prospettiva che conceda una visione universale.
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