16/07/14

Le strisce magnetiche | La loro importanza si chiari' negli anni '60

Nel 1962 Harry Hess, all'epoca direttore del dipartimento di geologia dell'Università di Princeton, negli Stati Uniti, avanzò un'ipotesi stupefacente.

L'espansione dei fondali oceanici, come fu chiamata la teoria di Hess, prevedeva che, via via che "sezioni in sollevamento delle celle di convezione del mantello" sgorgavano dalle profondità al di sotto delle dorsali medio-oceaniche, il nuovo materiale spingesse via il precedente in modo tale che metà si allontanasse da una parte della dorsale e metà dall'altra, ampliando così lievemente l'oceano. Prima o poi il flusso iniziale si sarebbe ritrovato a migliaia di chilometri dalla dorsale. I due continenti, un tempo uniti, sarebbero finiti a grande distanza. Inoltre, anziché avere continenti che arrancavano sulla crosta oceanica come proposto da Wegener, Hess li descriveva trasportati su un nastro trasportatore dato dai moti convettivi del mantello. Menzionò solo di sfuggita il lavoro di Holmes, precedente di 35 anni.

CODICE A BARRE DELLA TERRA 
L'importanza delle strisce magnetiche del fondo dell'oceano si chiarì grazie a due geofisici britannici, Fred Vine e il suo relatore di dottorato a Cambridge, Drummond Matthews. Nel 1963 ipotizzarono che se l'espansione dei fondali oceanici si svolgeva come immaginava Hess, le strisce dovevano rappresentare il ribaltamento periodico del campo magnetico terrestre, fossilizzato nei basalti via via che fluivano lentamente dalla dorsale medio-oceanica. Nel corso di milioni di anni l'orientamento del campo magnetico terrestre era rimasto registrato come un codice a barre. Nel gennaio dello stesso anno il canadese Lawrence Morley propose una spiegazione simile, ma il suo lavoro fu respinto dai giornali scientifici perché considerato troppo discutibile.

Nel 1965 venne svolto un nuovo studio magnetico della dorsale Juan de Fuca nel Pacifico nordorientale. Vine correlò i dati con i tempi delle inversioni magnetiche nella lava sulla terraferma e calcolò le epoche delle inversioni sul fondo marino. Fu immediatamente evidente che le rocce più giovani erano più vicine alla dorsale, mentre le più antiche erano le più distanti, adiacenti al continente. L'anno successivo i campioni da profondi carotaggi dal Pacifico mostrarono che la cronologia e la disposizione delle inversioni magnetiche nei campioni coincidevano con quelle determinate dalla lava sulla terraferma. Ciò confermava il lavoro di Vine e la teoria della deriva dei continenti diventava finalmente incontestabile.(science)


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