Proviamo a capire come sono fatti questi prodotti che possono sostituire la carne:
Tempeh. La sua patria è
l'Indonesia, dove ne sono forti consumatori. Si trova sotto forma di
panetti rettangolari e ha come ingrediente base la soia gialla cotta
e sbucciata, nella quale viene inoculato un batterio, l'Aspergillus
oligosporus, che permette lo sviluppo di un micelio fino a ottenere
un blocco unico che gli fa assumere sapore forte e assai appetitoso.
La fermentazione arricchisce, poi,la sua consistente dotazione di
proteine, vitamine e minerali. Si può consumare insieme a insalate o
cereali dopo averlo riscaldato su una piastra.
Miso. «Mis o sae areba» (finché
c'è il miso va tutto bene), recita un vecchio detto popolare
giapponese che risale quasi a 2.000 anni fa. Quando si parla di miso
ci si riferisce a una pasta bruno-scura che si ottiene con la
fermentazione, 18-24 mesi, di fagioli di soia e sale( ma anche di cereali). L'impasto è
inoculato con fermenti costituiti da un microrganismo, denominato
Aspergillus oryzae, che impreziosisce il prodotto di vitamina B12. Ha
sapore salato, intenso e aromatico ed è indicato a esaltare le
caratteristiche di altri piatti.
Ci sono tre qualità di miso:hacho,
mugi e kome: differiscono fra loro per composizione e tempi di
fermentazione. Da ciò derivano i diversi prezzi di vendita.
Hacho miso: ha colore scuro e si
ottiene portando a fermentazione, per tre anni, i fagioli di soia in
barili di legno. Percentuale proteica di circa il l0 per cento.
Mugi miso: si produce con
fagioli di soia miscelati a orzo e lasciati fermentare per 18 mesi.
Kome miso: di colore bianco, è
il risultato dalla miscela di fagioli di soia e riso. È evidente che
il miso preparato secondo il metodo tradizionale è uno straordinario
alimento. Con i nuovi sistemi industriali, si produce più facilmente
ma si perdono numerose proprietà nutritive. Dunque, occhio all'
etichetta. Una volta aperta la confezione conservare in frigo. È una
miniera di proteine a facile assimilazione, di enzimi e fermenti
lattici, amici salutari della flora batterica intestinale. Trova
impiego soprattutto in zuppe, come condimento sui cereali o spalmato
sul pane. I nutrizionisti vegetariani consigliano di non riscaldarlo
troppo o di bollirlo per non perdere le sue proprietà.
Tamari.
Salsa di soia (stesso discorso per lo shoyu) che nasce sempre in
Giappone come derivato della preparazione del miso. In seguito assume
maggiore dignità e si trasforma in un condimento a se stante così
popolare da diventare un tratto caratteristico della cucina
orientale. Lo stesso discorso può essere fatto per lo
shoyu.Concentrato di proteine vegetali di elevato valore
biologico. È ottenuto con una fermentazione lattica che si protrae
per 3 anni (in botti di legno di quercia) e che si sviluppa dalla
combinazione di soia gialla, frumento integrale e sale marino
integrale. Per gli orientali è un integratore proteico e un potente
rigeneratore cellulare. È sottoposto a processo di pastorizzazione
(la cosa vale anche per lo shoyu) per evitarne la degradazione
e fermare la fermentazione. È una salsa di soia buona per condire e
insaporire cibi a base di cereali, verdure, legumi, pesce, minestre e
zuppe. Rimpiazza le proteine animali e il sale. In commercio se ne
trovano diverse varietà, non tutte della stessa qualità
Shoyu. Ha consistenza più
liquida e un sapore meno spiccato rispetto al tamari. Stesso processo
produttivo. Da aggiungere a insalate, verdure stufate, cereali,
brodo, zuppe, ecc. Non usare insieme al sale marino integrale. In
commercio se ne trovano diverse varietà, non tutte della stessa
qualità. Seitan. Alimento proteico vegetale ricavato dal
glutine del grano. La sua entrata nel menù si deve ai cuochi degli
antichissimi monasteri buddisti, in Cina e in Giappone, che lo
utilizzavano in sostituzione della carne di pollo e di maiale. Da
Cina e Giappone il seitan arriva prima in Russia e poi negliStati
Uniti, circa una settantina di anni fa, introdotto da alcune comunità
di Mormoni e Avventisti che erano contro la macellazione degli
animali. Ci sono, poi, numerosi antropologi pronti a giurare che era
conosciuto anche da noi, già a partire dall'ottocento, in numerose
zone del centro e del nord Italia dove si mangiava un prodotto assai
simile al seitan, denominato la «carne dei poveri». Come
abbiamo visto si ricava dal frumento: lavaggio sotto l'acqua corrente
di un impasto costituito da farina, grano, acqua e sale, rimuovendo
1'amido del cereale proprio con il dilavamento. A fine processo si ha
il glutine, un concentrato di proteine vegetali. Ci sono ulteriori
lavaggi e manipolazioni attraverso le quali prende forma una massa,
prima filamentosa e poi a consistenza gommosa. Risultato? Si ha la
base da cui partire per confezionare spezzatini o bistecche,
cuocendola in acqua o a vapore per 20-60 minuti (i tempi variano
secondo la dimensione dei pezzi). Altamente digeribile, è indicato a
tutte le età e può essere preparato alla piastra, in padella o
essere un ingrediente insostituibile di ragù vegetali. Carente di
lisina, va accompagnato con tamari o shoyu, formaggio, o qualsiasi
legume.
Per una valutazione ampia, consigliamo di leggere "I sostituti della carne (parte prima)