Sembra che gli alchimisti avessero le loro visioni durante i sogni o in uno stato di semicoscienza, spesso indotto dalle lunghe ore trascorse curvi a meditare sui libri o dai lunghi periodi passati a concentrarsi nell'attesa di osservare che si producesse un cambiamento nell'alambicco. Alcune visioni possono essere giunte senza che neppure fossero state richieste e accolte benevolmente come rivelazioni inattese, che finalmente fornivano l'intuizione necessaria; altre possono essere state indotte deliberatamente.
A chi o a che cosa gli alchimisti attribuivano queste visioni? Essi sapevano che ciò che vedevano e di cui facevano esperienza perveniva loro da una fonte di forza più vasta della loro immaginazione. Molti rendevano grazie a Dio riconoscenti per essere stati illuminati, mentre molti altri avevano la percezione di avere avuto come tramite uno spirito o una guida. L'autore del Corpus Hermeticum ottenne il suo sapere da Poimandres, «la Mente della Sovranità», che era percepito come un grande essere. Un'altra opera, che risale al periodo dello sviluppo dell'alchimia in Arabia, ma può anche essere più antica, è intitolata Il Libro dei trenta capitoli; qui, garante della visione è un essere senza nome, verosimilmente Ermete Trismegisto (il «santo protettore» dell'alchimia):
«Quando mi resi conto che il mio cuore era stato infiammato dall'amore per la Grande Opera e che le preoccupazioni che sentivo al riguardo avevano scacciato il sonno dai miei occhi e mi impedivano di mangiare e di bere, tanto che il mio corpo stava deperendo e il mio aspetto era orribile, mi abbandonai alla preghiera e al digiuno. Implorai Dio di allontanare le cure e gli affanni che ingombravano il mio cuore e di porre fine alla situazione travagliata in cui versavo. «Mentre stavo dormendo sul mio divano, mi apparve in sogno un essere che mi disse: "Alzati e comprendi ciò che sto per mostrarti". «Mi sollevai e mi misi a seguire questa persona. "Qui - disse la mia guida - si trovano i tesori della scienza che tu stai cercando". -"Grazie - risposi - ora guidami, così che io possa penetrare in questa dimora dove tu dici trovarsi i tesori dell'universo". «"Non penetrerai mai là - rispose - a meno che tu abbia in tuo possesso le chiavi di quelle porte. Ma vieni con me. lo ti mostrerò le chiavi di quelle porte"».

Zosimo formulò una filosofia della rivelazione, in cui ipotizzava l'esistenza di un uomo universale, composto di corpo, anima e spirito; si tratta del «Grande Uomo», che viene sotto varie specie ad insegnare all'individuo: «In effetti il Nous, nostro dio, dichiara :
"Il Figlio di Dio, che può fare tutte le cose e divenire tutte le cose che desidera, si mostra come vuole a ciascun uomo. E fino al giorno d'oggi, sino alla fine del mondo, per vie segrete e nascoste, viene a coloro che sono suoi ed entra in comunicazione con loro, dando loro consigli, in segreto e servendosi del loro intelletto, per separarli dal loro Adamo l'aspetto vile ed ignorante dell'uomo, che li acceca e prova risentimento per l'uomo spirituale e luminoso?».