04/06/14

Depressione da lutto.

Depressione da lutto, ovvero sia la cosiddetta "esclusione dell'eccezione del lutto", prevista dal DSM-5, a suscitare le maggiori preoccupazioni. 

Detta anche "criterio E", questa norma procedurale consigliava agli psichiatri di non diagnosticare disturbi depressivi maggiori prima che fossero trascorsi due mesi dalla morte di una persona cara.
Ora questa restrizione è stata rimossa, e c'è chi dice che il DSM-5 invita a ritenere malato chi piange la scomparsa di un familiare.

A difesa della nuova decisione, David Kupfer, che ha diretto i lavori di stesura del nuovo prontuario, spiega che l'esclusione del lutto non aiutava, in guanto suggeriva che l'aver di recente subito una grave perdita fosse un fattore protettivo nei confronti della depressione maggiore, impedendo così dunque a depressi clinici di ottenere aiuto. Dissente invece Allen Frances, già direttore della Taskforce .la precedente unità operativa che si era occupata del manuale: secondo lui l' opera, nel nuovo aggiornamento, limita effettivamente l'intervallo di normalità. "Il lutto è diventato un disturbo depressivo maggiore', temere di ammalarsi è classificato 'di turbo sintomi da somatizzazione", fare i capricci, chiama 'disturbo da disregolazione distruttiva dell'umore', la golosità è oggi un 'disturbo da alimentazione incontrollata', tutti risulteremo affetti dalla 'sindrome da deficit di attenzione ha commentato lo studioso.
Depressione da lutto
(immagine dal web)

Frances è il solo ad esprimere riserve nei confronti della patologizzazione sempre più accentuata operata dal DSM. "Il numero di diagnosi è in silenzioso ma costante aumento", segnala Sir Simon Wessely dell'Istituto di Psichiatria del King's College di Londra. Nel 1917, l'American Psychiatric Association (APA) riconosceva appena 59 disturbi mentali: oggi, il manuale ne elenca quasi 300. L'APA, tuttavia, rende note altre cifre, dichiarando che il DSM-5 elenca ufficialmente soltanto 157 disturbi. Dipende, però, da quali criteri di inclusione si adottano: alcune patologie, infatti, vengono escluse perché definite 'in attesa di ulteriori indagini', mentre altre sono moderne suddivisioni di altre sindromi già presenti in precedenza come casi a sé stanti. La cifra generalmente riconosciuta è di 297 disturbi segnalati dal DSM-5; è indubbio, comunque, che il manuale sia aumentato di dimensioni: nel 1952 contava meno di 150 pagine, che oggi sono invece diventate quasi mille.

Il DSM è la moderna versione di un manuale militare, il Medicai 203, creato dopo la Seconda guerra mondiale per classificare i disturbi mentali dei reduci. Precedentemente, non esisteva alcun "dizionario" della terminologia diagnostica: un medico poteva chiamare "depressione" un disturbo definito Cecurato) altrimenti da un altro psichiatra. Il DSM fu dunque ideato per mettere ordine: inizialmente, era uno strumento di ricerca, ma da libro di testo molto dettagliato diveune in breve tempo una vera e propria guida. Si affermò definitivamente con la terza edizione del 1980, nota come DSM-III, che inaugurò una nuova era per la diagnostica in psichiatria: il volume elencava ben 80 nuove patologie, e trasformò definizioni quali "sociofobia" e "depressione maggiore" in termini di uso comune.

Gli vennero mosse anche alcune critiche, che denunciavano in particolare come l'aumento del numero di disturbi non fosse basato su nuove, 'tangibili evidenze: si disse che la sociofobia, per esempio, non fosse altro che un nome alla moda per la vecchia timidezza. Nel suo libro Craked: Why Psychiatry Is Doing More Harm Than Good (traducibile con "I danni della psichiatria: perché fa più male che bene"), lo psicoterapeuta James Davies spiega che i contenuti del DSM-III furono stabiliti da un comitato a tavolino, e non con metodi empirici e scientifici. Era stata un'unità operativa composta da psichiatri a decidere che cosa includere: la spuntò chi faceva sentire con più fermezza la sua voce. Davies scrisse che, addirittura, un potenziale sintomo venne escluso quando uno dei componenti del gruppo di lavoro sentenziò: "Questo non possiamo inserirlo: ce l'ho anch'io!".(science)
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