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28/04/14

Particelle subatomiche | Di cosa sono fatte queste particelle?

Solitamente tendiamo ad affermare che gli oggetti sono fatti di alcune sostanze chimiche, a loro volta formate da atomi specifici, fatti di particelle subatomiche. Ma di cosa sono composte queste particelle?

Molti teorici ritengono al riguardo che tali componenti ultimi siano una forma di energia creata dalle vibrazioni di bizzarre entità multidimensionali che vengono chiamate superstringhe.
Il concetto teorico delle superstringhe nella fisica moderna, è un concetto del tutto teorico, che tenta di fornire una spiegazione chiara ed accettabile a tutte le particelle e le forze fondamentali della natura, racchiudendoli in un'unica teoria, considerando queste entità come vibrazioni di sottilissime stringhe supersimmetriche.

Tale teoria è considerata da più parti una delle più promettenti teorie riguardo la gravità quantistica. Con il termine di teoria delle superstringhe, in realtà si vuole indicare una contrazione del termine più corretto di "teoria supersimmetrica delle stringhe" perché contrariamente a quanto affermato dalla teoria bosonica delle stringhe, questa è la versione della teoria delle stringhe che comprende i fermioni e la supersimmetria. Al momento non si hanno predizioni quantitative sperimentali che possano essere verificate o smentite.
Particelle subatomiche

Quindi non avendo una controprova, ad oggi il problema più importante della fisica teorica è quello di dovere armonizzare la relatività generale, che speiga la gravità e che possa essere applicata al macrocosmo, ovvero sia alle stelle, galassie, ammassi, con la meccanica quantistica che si occupa di spiegare le altre tre forze fondamentali che descrivono il microcosmo (elettroni, fotoni, quark).

Lo sviluppo di una teoria quantistica dei settori comprendenti una forza, fornisce invariabilmente probabilità infinite (e quindi prive di utilità). I fisici teorici a tal proposito hanno dato vita ad una tecnica matematica detta rinormalizzazione che cancella questi "infiniti" che si trovano nell'elettromagnetismo, nella interazione nucleare forte e nell'interazione nucleare debole, ma non quelli che si trovano nella gravità (senza l'introduzione di un numero infinito di termini alla definizione Lagrangiana della teoria, rischiando la località, o altrimenti un numero finito di termini che non rispettano l'invarianza di Lorentz). Quindi lo sviluppo di una teoria quantistica della gravità deve essere espressa necessariamente in maniera diversa nei confronti delle teorie che fanno riferimento alle altre forze della natura.

Il concetto che sta alla base della teoria è quello che i costituenti fondamentali della realtà sono "stringhe" o "corde" di lunghezza pari a quella di Planck (1,616x10−35 m) che vibrano a frequenze differenti. Il gravitone, la particella che dovrebbe fare da mediatrice della gravità, per esempio, è descritta dalla teoria come una stringa che vibra con ampiezza d'onda uguale a zero. Questa particella nasce dalle oscillazioni nello spazio di una stringa chiusa; l'elisione di componenti energetiche sui vari piani di vibrazione rende possibile sia l'esistenza di particelle con massa nulla (ad esempio fotoni) che di particelle dotate di massa non nulla ed in cui alcune componenti energetiche non si elidono.

Un'altra condizione prevista dalla teoria è che non vi sono differenze misurabilmente riscontrabili tra stringhe che si "accartocciano" intorno a dimensioni più piccole di loro stesse e quelle che si muovono lungo dimensioni più grandi (cioè, gli effetti in una dimensione di grandezza R sono uguali a quelli in una dimensione di grandezza 1/R). Le singolarità sono evitate in virtù del fatto che le conseguenze che si potrebbero osservare in un Big Crunch non raggiungono mai lo zero. Infatti, se l'universo dovesse iniziare un processo di contrazione tipo il Big Crunch, la teoria delle stringhe ci dice che l'universo non potrebbe mai diventare più piccolo delle dimensioni di una stringa e che a quel punto dovrebbe iniziare ad espandersi.

07/12/13

Buchi neri e fisica quantistica connessi da un legame intrinseco!

Sembrerebbe che i buchi neri e le particelle quantistiche, nella pratica esattamente allocati agli estremi delle scale spaziali a noi conosciute, abbiano qualcosa in comune che be oltre la loro esistenza e convivenza nell'immaginario collettivo di geek e negli appassionati di scienza e fantascienza.
Alcuni fisici teorici sono stati protagonisti di una scoperta che li ha portati a proclamare l’esistenza di una sorta di connessione tra l'entanglement (difficile da tradurre nella nostra lingua tale definizione!), una sorta di legame intrinseco a distanza tra particelle, e i wormhole, una via alternativa ipotetica che permetterebbe la connessione, il raggiungimento di punti diversi dello spazio, attraverso la percorrenza di due buchi neri. Per chi è appassionato di serie televisive di fantascienza come Star Trek, non può non ricordare il principio base della velocità di curvatura o velocità Chocrane, dal nome del suo scopritore, che permetteva di raggiungere distanze nello spazio profondo in pochi giorni o addirittura istanti attraverso la contrazione dello spaziotempo!
detail-wormhole
Punti estremi scale spaziali
L'intuizione potrebbe senza ombra di dubbio dare una grossa mano alla complessità che ostacola da tempo la convivenza tra la meccanica quantistica e relatività generale, due teorie valide pur andando per vie opposte, e conseguentemente non connesse e raccoglierle in un modello unico e coerente: certamente dinanzi a tutto ciò non mancano gli scettici, secondo cui la connessione scoperta dagli scienziati è soltanto una mera analogia matematica.

Ma in tutta questa complessità sarà meglio andare con ordine, iniziando dal concetto dell’infinitamente piccolo. È difficile da metabolizzare, lo so bene, ma particelle microscopiche come elettroni e quark che ci crediate oppure no, possono essere capaci di “interagire” tra di loro anche a distanze di anni luce, grazie al cosiddetto entanglement, una delle miriadi di bizzarre leggi della meccanica quantistica.

Cerchiamo dunque nel nostro piccolo di capire di cosa stiamo parlando, è per fare ciò sarà necessario compiere un ulteriore passo indietro: nel mondo subatomico, una particella può essere in due diverse condizioni, o stati che dir si voglia, allo stesso tempo.
Facciamo un esempio: un atomo può “ruotare” in una direzione oppure nell'altra (cioè in su o in giù, il cosiddetto spin), ma anche in entrambe le direzioni contemporaneamente. Questo doppio stato, detto anche sovrapposizione quantistica, ha ragione di essere finché non si misura lo spin, ovvero il momento in cui esso “collassa” su uno soltanto dei due stati.

A rendere complicate le cose entra in gioco, per l'appunto, l'entanglement: due atomi possono essere intrinsecamente collegati in maniera tale che entrambi abbiano la stessa sovrapposizione di stati allo stesso tempo. Se si esegue una misura sul primo atomo, provocandone il collasso, per esempio, nello stato di spin “su”, il secondo atomo collasserà istantaneamente nello stato di spin “giù”, nonostante la siderale distanza. All'altro estremo ci sono i wormholes. Sono una conseguenza della teoria della relatività generale secondo Einstein, la quale afferma che gli <<oggetti con massa deformano lo spazio e il tempo – o, meglio, lo spazio-tempo, e creano gli effetti della forza che noi chiamiamo gravità>>.

Se un corpo è abbastanza massivo, può creare una specie di “buco” nello spazio-tempo così ripido che neanche la luce può sfuggirvi: i cosiddetti buchi neri. In linea di principio, due buchi neri separati potrebbero essere connessi, come corni di una tromba, a costruire una specie di “via più breve”, un tunnel, nello spazio-tempo – il wormhole, per l'appunto. Non credete, comunque, che tra entanglement e wormhole si sia potuto bypassare il diktat einsteniano (stavolta ci riferiamo alla relatività ristretta) che si basa sul concetto dell’<<impossibilità di superamento della velocità della luce>>. Il vincolo continua a valere, anche se i fenomeni descritti avvengono istantaneamente. L'entanglement non può essere usato per inviare segnali più veloci della luce perché è impossibile controllare l'esito della misura sull'atomo vicino e di conseguenza impostare quella dell'atomo lontano; e, d'altro canto, non ci si può teletrasportare attraverso un wormhole (ammesso e non concesso che esista) perché sarebbe impossibile uscire dal buco nero all'estremità opposta rispetto all'ingresso.

Fatte queste premesse, ecco cos'è successo, come racconta anche Wired.com. A giugno, Juan Maldacena e Leonard Susskind, fisici teorici rispettivamente dell'Institute for Advanced Study di Princeton e della Stanford University di Palo Alto, hanno immaginato di rendere entangled due buchi neri, quindi poi separarli e tenerli a distanza (congetture solo matematiche, naturalmente). Da queste ipotesi è venuto che si formerebbe un vero wormhole tra i due buchi neri. Ma c'è dell'altro. Due équipe indipendenti di scienziati sostengono che sarebbe possibile creare un wormhole anche tra due particelle quantistiche ordinarie, come i quark. Kristian Jansen, della University of Victoria, e Andreas Karch, della University of Washington, hanno immaginato una coppia quark-antiquark nello spazio tridimensionale, che si allontanano a velocità prossima a quella della luce.

In quel mondo, scrivono gli scienziati su Physical Review Letters, le particelle sono entangled; ma se si considera uno spazio più grande, a quattro dimensioni, di cui lo spazio originario sia solo un sottoinsieme, ecco che l'entanglement diventa un wormhole. Allo stesso risultato, più o meno, è pervenuta anche l'équipe di Julian Sonner, del Massachusetts Institute of Technology di Cambridge, concludendo che a particelle entangled in un mondo tridimensionale corrispondano wormhole in uno spazio a quattro dimensioni. In effetti, tra scorciatoie nello spazio-tempo e realtà a quattro dimensioni, il tutto potrebbe liquidarsi come un mero divertissement matematico. Sono gli stessi Susskind e Maldacena a riconoscerlo. Dal canto suo, Karch sembra nutrire qualche speranza in più: “Il nostro modello offre una realizzazione concreta”, conclude, “dell'idea che la geometria dei wormhole e l'entanglement possano essere manifestazioni diverse della stessa realtà fisica”.
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