Il-Trafiletto
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03/08/14

Meccanismi olfattivi

Meccanismi olfattivi
Strano ma vero: la dinamica seguita per percepire e riconoscere gli odori non è ancora perfettamente nota. 

Nel 2004, gli scienziati Richard Axel e Linda Buck hanno vinto il premio Nobel per le loro scoperte in questo campo: hanno concluso che sono ben 1000 i geni impegnati a codificare per i recettori olfattivi nasali, quasi il 3 per cento del nostro patrimonio genetico totale. Ma non tutti concordano con la loro teoria del meccanismo chiave-serratura...

L'ipotesi accettata. Teorìa della forma
Questa teoria rappresenta ormai da 60 anni l'ortodossia di pensiero nel mondo del riconoscimento olfattivo. Secondo questa ipotesi, una parte di molecola olfattiva (la "chiave") combacia con un recettore localizzato nella parte superiore del nostro naso (la "serratura"). Questa interazione chimica viene poi convertita in segnale elettrico, che viaggia fino a raggiungere il bulbo olfattivo cerebrale. Diversi recettori, tutti corrispondenti allo stesso odore, inviano segnali a una sola localizzazione nel bulbo. Le informazioni provenienti da diverse aree sono poi ritrasmesse ad altre parti del cervello e combinate per formare un modello. I premi Nobel Richard Axel e Linda Buck sono stati i principali sostenitori della teoria della forma, e hanno scoperto come i recettori nasali comunicano con il cervello.

Una nuova ipotesi. Teoria della vibrazione molecolare
La teoria della forma sembra plausibile: molti elementi in biologia, compreso il nostro senso del gusto, si basano su un principio del tipo chiave-serratura. C'è però un problema: perché molecole di forma sostanzialmente identica, per esempio Cis-3-exene-1-ol (erba tagliata) e Cis-3-exene-1-thiol (uovo marcio) hanno odori diversi? I difetti della teoria della forma sono stati evidenziati dal carismatico ed eclettico scienziato Luca Turin: "Il meccanismo chiave-serratura non spiega tutta la casistica. Deve esserci qualcos'altro", ha detto. Tutte le molecole vibrano ad una frequenza estremamente specifica e Turin ritiene che ciò che rileviamo sia la vibrazione, e non la forma, molecolare. Sostiene di avere le prove che molecole con frequenze vibrazionali simili abbiano lo stesso odore.(science)


14/07/14

Paranoia da radiazioni

Perchè le centrali nucleari sono l'ultima delle nostre preoccupazioni? Se pronunciate il nome radiazione, verrà probabilmente da pensare all'esplosione dei reattori, al fall-out delle bombe, a scorie nucleari e a bombe atomiche. 

Eppure, la vera minaccia da radiazioni l'abbiamo quasi sotto casa. Se intendete davvero minimizzare l'esposizione a questa famigerata causa tumore, dovreste concentrarvi un attimo sull'aria che respirate dentro casa. La dose di radiazione dì gran lunga maggiore è quella che riceviamo da un gas radioattivo invisibile e inodore, intrappolato fra le pareti domestiche.
Paranoia da radiazioni

Questo gas inodore e incolore è presente ovunque e può facilmente esalare dal suolo e dalle rocce e diffondersi attraverso l'aria del terreno o in soluzione nell'acqua (altre fonti possono essere in misura minore i materiali da costruzione specialmente se di origine vulcanica come il tufo o i graniti) accumulandosi in locali chiusi dove diventa pericoloso. In Italia, secondo un'indagine fatta tra il 1989 e il 1996 dall'Apat e dall' Istituto Superiore di Sanità e realizzata con gli assessorati alla sanità e le Agenzie per la protezione dell'ambiente regionali e provinciali (Arpa e Appa) il valore della concentrazione media è 70 Bq/metro cubo (Bq » becquerel, unità di misura di un radionuclide). La situazione varia da una Regione all'altra, con un picco di 100 Bq/ metro cubo in Lombardia e nel Lazio L'ISS (Istituto Superiore di Sanità) ha stimato che, dei 31mila casi di tumore ai polmoni che si registrano in Italia ogni anno, il 10 per cento circa è attribuibile al radon (questo dato comprende per la maggior parte fumatori, a causa della sinergia tra radon e fumo che ne moltiplica gli effetti).

Di questo killer silenzioso però non si percepisce la gravità. Viceversa basta invece accennare alle score nucleari e molte persone vanno nel pallone, sebbene la dose radioattiva, sia centinaia di volte inferiore a quella del radon.(science)


06/05/14

Il potere della manipolazione mentale

Nella maggior parte dei thriller lo scontro tra il bene (la polizia) e il male (l'assassino) avviene prevalentemente su un piano concreto: prove, tracce di sangue, indizi, esami, autopsie. Quando in questo quadro entra la psicologia, solitamente ad usarla è il bene. Ci sono sempre le eccezioni ovviamente, non tutti i thriller sono uguali per nostra fortuna. Il libro di cui voglio parlarvi oggi è proprio uno di quei thriller che si divertono a cambiare le regole del gioco.

Il Manipolatore
Il Manipolatore
Ne Il manipolatore di Michael Robotham, ci troviamo a seguire uno scontro tra il bene e il male giocato tutto sul piano psicologico. Prove ed indizi sono solo un contorno, il vero campo di scontro è la mente umana. Da una parte abbiamo Joseph O'Loughlin, noto psicologo affetto dal morbo di Parkinson che insegna psicologia comportamentale all'Università di Bath, un uomo che usa le sue abilità per il bene. Dall'altra parte c'è un misterioso killer, con la straordinaria abilità di entrare nella testa delle loro vittime, costringendole a fare tutto ciò che lui vuole, compreso gettarsi da un ponte o lasciarsi morire appesi ad un albero. Joseph si trova, suo malgrado, a giocare contro un avversario spietato, che conosce i suoi stessi trucchi e li usa per i propri scopi.

“Io so come aprire una mente. So piegarla o spezzarla.”
“Io so forzare una mente. Posso lacerarla. Posso giocare con i suoi pezzi.”

Il Manipolatore, premiato con il Ned Kelly Award 2008 per il miglior romanzo di crime fiction, è il quarto romanzo pubblicato da Robotham. Di questo autore ho letto solo questo romanzo, quindi non posso dirvi se sia il migliore, se si noti un miglioramento nel modo di scrivere o altro. Quello che posso dirvi è che un libro magistralmente architettato.

Michael Robotham
Michael Robotham
La figura di Joseph, con il suo male, la sua decisione di ritirarsi dal proprio passato tormentato, fanno di lui un protagonista eccezionale e subito preso in simpatia dal lettore, una scelta questa davvero geniale da parte dell'autore. Co-protagonista e antagonista di Joseph, quest'uomo in grado di entrare nella mente delle persone, di cui si intuisce l'identità in davvero pochi capitoli. Attenti però, questa non una pecca per il libro, il romanzo non ci perde nulla in questa rivelazione senza sorpresa, questo perché l'intento dell'autore non era quella di creare un colpo di scena sulla sua scoperta. L'intento è la contrapposizione tra i due personaggi, lo scontro ad armi pari tra i due. E' questo su cui l'autore punta per il suo Il Manipolatore.

Robotham divide la narrazione proprio tra questi due personaggi, così che il lettore possa entrare nella psiche ora di Joseph ora del Manipolatore. Anche questa scelta si dimostra efficace, pochi autori lo fanno e ancora meno lo sanno fare bene riuscendo a cogliere le diversità e le sfumature tra il bene e il male.

“C'è un momento in cui tutta la speranza svanisce, tutto l'orgoglio è perduto, tutte le aspettative, tutta la fede, tutti i desideri. Quel momento è mio. Appartiene a me. E' allora che sento il suono, il suono di una mente che va in pezzi. Non è lo schiocco secco di quando un osso si frantuma, una spina dorsale si incrina o un cranio si frattura. E non è dolce e umido come il cedere di un cuore. E' un suono che ti fa domandare quanto dolore possa sopportare una persona, un suono che infrange i ricordi e lascia che il passato fluisca nel presente; un suono così acuto che solo i Mastini dell'Inferno possono udirlo. Riesci a sentirlo? Qualcuno, rannicchiato su se stesso, sta piangendo piano in una notte senza fine.”

Un libro scritto con un'abilità narrativa tale da farlo sembrare più un film che un libro. Uno psicothriller che è un viaggio nei recessi più sconvolgenti della mente. Un libro che gli amanti di questo genere non possono assolutamente perdere.

(Le immagini presenti in questo articolo sono state prese da internet, le citazioni invece sono tratte dal libro di cui si parla nell'articolo.)

04/02/14

Temple Grandin | "Più conosco l'essere umano più sento di amare gli animali!" Psicologa autistica ed amante delle mucche!

Grandin: psicologa, autistica ed amante delle mucche! Provate ad immaginare un bel giorno che vi venga diagnosticato di essere affetti di autismo all’età di soli 2 anni di non aver proferito sillaba fino a 4 di essere nate negli States intorno la fine degli anni ’40, ovvero sia, quando la teoria che andava per la maggiore riguardo la causa dell’autismo era quella delle “madri no frost”, prive di alcun sentimento e attenzione ai vostri bisogni, al punto tale da costringervi a forza di chiudervi in una fortezza vuota

Bene...immaginate di avere avuto viceversa una madre fantastica, oltre ogni umana immaginazione che si rifiuta di farvi internare in un istituto e si impegna per insegnarvi a parlare, a cercare le cure migliori e le scuole idonee a darvi gli stimoli più congeniali a voi. Così da consentirvi di ottenere, nonostante le difficoltà, un notevole successo accademico e professionale in un campo non propriamente per signorine, gli allevamenti di bestiame. A raccontare la vita di questa donna è "Temple Grandin. Una vita straordinaria”, il film HBO che è proiettato al Festival delle Scienze 2014 di Roma dedicato ai linguaggi.
Temple Grandin

Autistica altamente funzionale, Grandin si laurea in psicologia, conquista un master in zootecnia e un dottorato in scienze del comportamento animale, nonostante le sue difficoltà nei rapporti con gli esseri umani. Celebre la definizione che diede di sé durante una conversazione con Oliver Sacks, il primo a raccontarne la storia: “quando cerco di entrare nella testa delle persone il più delle volte mi sento come un antropologo su Marte”. 

Grazie alla sua diversa sensibilità, capacità di osservazione e di catalogazione delle immagini, Temple riesce invece a entrare in piena sintonia con le mucche e analizza le cause di stress nei grandi allevamenti intensivi. Rumori, riflessi, percorsi, staccionate: tutto viene riprogettato da Grandin in modo da migliorare la qualità della vita del bestiame e di condurlo in un flusso ordinato al suo triste destino.
Che i percorsi da lei progettati conducano al macello è per Grandin un fatto inevitabile: molte mucche non sarebbero neanche in vita se non fossero state allevate a questo scopo. 

L’importante è ridurre però la loro ansia, non soltanto negli ultimi minuti di vita, quando il livello di cortisolo può alterare la qualità della carne. Riduzione dell’ansia che Grandin sperimenta su se stessa, quando inventa una “macchina per gli abbracci”. Durante un’estate trascorsa nel ranch della zia in Arizona, Temple osserva come le mucche si calmino quando vengono strette nelle gabbie per la vaccinazione. “Non sappiamo perché, ma le rende docili” le spiega un cow-boy. In preda a un attacco di panico, prova a entrare lei stessa nella gabbia e scopre che una pressione uniforme su tutte le parti del corpo è la cosa più simile a un abbraccio che un autistico riesca a sopportare. 

Il film esplicita e sintetizza, anche con una buona dose di ironia, un diverso modo di osservare la realtà: “le persone autistiche e gli animali ragionano nello stesso modo, non usano le parole ma il linguaggio sensoriale di suoni, odori, tatto. E soprattutto immagini”. A interpretare Temple Grandin è Claire Danes, che per questo ruolo ha vinto un Emmy e un Golden Globe. Le figure chiave della sua giovinezza – la madre, la zia e il professore di scienze – sono rispettivamente Julia Ormond, Catherine O’Hara e David Strathairn.
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