Il-Trafiletto
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27/08/14

Voglia di freschezza

Tanti anni fa, a Palermo (quando la città era certo più tranquilla), i venditori di gelsi «scendevano» dalle campagne circostanti con le loro ceste piene di frutti neri. E levando il viso in alto, verso le persone che chiacchieravano sedute nei balconi, gridavano strascicando le parole: «A 'stura varrifriscanuuuuu! » (a quest'ora vi rinfrescano!). Le donne prendevano i «panieri» di vimini, li facevano scendere mediante una cordicella fino al venditore ambulante e compravano i gelsi: frutti freschi che portavano fresco. Così quel grido e quei gesti diffondevano nell'aria la «voglia di freschezza» dei palermitani anni trenta. Gesti e grida (con parole e prodotti diversi) comuni a gran parte del paese .

«È fresco!», Quante volte ci viene alle labbra questa esclamazione che esprime piacere, ammirazione, anche sorpresa per qualcosa che abbiamo visto o gustato? La parola «fresco», infatti, ha molti sottili e differenti significati e pronunciandola, senza pensarci, noi li fondiamo tutti. Fresco è innanzitutto nuovo. Per questo la freschezza viene di solito considerata un attributo della giovinezza, quando non addirittura dell'infanzia (che sensazione dolce è carezzare la pelle di un neonato!). Ma oggi le barriere dell'età sono in gran parte cadute: e non è raro che si senta dire di una donna matura: «è fresca come una rosa!». Conservarsi bene, di corpo e di spirito, dona appunto freschezza, allevia il peso degli anni, aiuta a vivere ogni giorno come se fosse il primo. E, del resto, non è forse vero, come diceva il poeta, che «ogni giorno è un nuovo giorno»?

immagine presa dal web
Se la si affronta con energia e conoscenza della vita, ogni novità può assumere il gusto dell'avventura. Non per caso, «fresco» significa anche vigoroso. Pensiamo, per esempio, all'aspetto che hanno frutta e verdure fresche: ciò che subito colpisce, già a prima vista, sono la robustezza delle fibre e la vivacità dei colori. Ed è questo che ne fa pregustare il buon sapore. Del resto, anche nelle persone, ciò che può risultare più sgradito al primo impatto non sono i lineamenti del volto o la forma del corpo ma, appunto, il colorito e la consistenza delle carni (perfino per indicare negativamente il temperamento e l'umore si usa spesso l'aggettivo «moscio»). E, infatti, la parola «fresco» allude anche alla brillantezza, in tutti i sensi. Anche l'umorismo, il modo di conversare, la fantasia possono essere freschi o stantii: e spesso è proprio su questo terreno che una persona anziana riesce a far dimenticare la sua età.

Ma l'umore e lo stesso comportamento non sono forse legati anche allo stato di salute fisica, al «sentimento del corpo»? Nel suo significato più alto, la parola «fresco» richiama, infine, la purezza. C'è nella freschezza - nella sue novità, nel suo vigore, nella sua brillantezza - qualcosa di incontaminato, di assoluto, di originario. Forse la freschezza ci attira tanto proprio perché abbiamo la sensazione che ci inviti in territori nei quali nessuno è entrato prima di noi e la vita pulsa piena e forte. Forse la freschezza ci attira tanto perché ci rinvia allo «stato di natura»: uno stato che oggi ci appare tanto più privilegiato in un mondo nel quale si parla continuamente di possibili catastrofi ecologiche e la natura violata e strumentalizzata sembra ribellarsi contro l'umanità fino a cancellare se stessa.

La voglia, di freschezza è, dunque, molto di più che desiderio di salute e di bellezza. E desiderio di benessere corporale e mentale, di purezza e di equilibrio. L'alba, l'inizio del giorno è forse il momento nel quale tutto sembra aprirsi a qualsiasi possibilità: levarsi, affacciarsi alla finestra e respirare l'aria fina a pieni polmoni (non nelle nostre città, purtroppo) è già rispondere alla nostra voglia di freschezza. Poi seguirà la giornata e seguiranno i mesi e gli anni. E «vivere fresco» dipenderà anche dalle nostre scelte, in molti sensi.

23/07/14

Seducente, leggera, freschissima ...La seta

Raso, voile, crepe, taffetas: sono i mille volti della seta. Scopriamo insieme in questo dossìer tutti i segreti del più nobile dei tessuti Perfetta d'estate: impalpabile come un velo. Ideale d'inverno: avvolgente ed elegante. E basta un cuscino lucente per vestire di raffinatezza la casa ... 

IMPALPABILI trasparenze che accarezzano la pelle. Nuvole di luce e di colore che ci avvolgono. Preziosissimi disegni che sottolineano l'abbronzatura ... Brillante e vistosa, negli irresistibili «top» estivi, o trasparente e incredibilmente sexy, è la seta, regina incontrastata dei nostri guardaroba. Difetti? Nemmeno uno: la seta è fresca d'estate e calda d'inverno; è molto più resistente di altre fibre e sopporta benissimo (quando è pura) un normale lavaggio a mano. Quanto ai prezzi, la seta orientale (quella più usata per i top e le camicie a tinte unite) è di buona qualità e costa poco. Certo, la seta «firmata» ha prezzi più alti. Ma la spesa vale davvero la pena e non stiamo parlando solo di vestiti: in casa, per esempio, una tenda di seta o quache cuscino di batik danno subito un tocco prezioso e molto chic. 

seta di Damasco
IL SEGRETO DELLA SETA è tutto lì: in un bozzolo di baco che si dipana a poco a poco. Un filo di bava lungo 800 metri, che sembra fragile (il diametro oscilla fra i 10 e i 22 micron) ma è a prova di bomba (ogni millimetro quadrato può reggere un peso di 45 chili, come l'acciaio). Il baco da gelso lo secerne per avvolgersi in una tana protettrice: formata da una parte interna (fibroina) e da una seconda sostanza proteica esterna (la sericina), che a contatto dell'aria si saldano insieme. Selvatico o d'allevamento? Ce n'è per tutti i gusti: i bachi che producono «su ordinazione» dell'uomo sono generalmente in Cina, quelli allo stato brado sono i rari «tussah» indiani. Si selezionano solo quelli più grossi. Lo sapevate? La tintura può cominciare all' origine, colorando le foglie di gelso di cui si cibano i bachi: il risultato sono fili di volta in volta trasparenti, rossastri o cangianti al verde. Fin qui la natura. 
seta italiana

Compito delle fìlande è, invece, dipanare il bozzolo per avere la seta greggia: più lungo e integro è il filo, più prezioso è il filamento. Ma il filo dipanabile non è molto, i residui e i bozzoli difettosi sono i cascami, che vengono lavorati e da qui esce la seta "shappe", dal fìlo discontinuo di minore qualità. Si usa nello shantung di seta e in altri tessuti dall'effetto luccicante. A questo punto, i fili di seta greggia vengono sottoposti alla sgommatura, ossia a un bagno caldo di sapone che toglie la sericina che ricopre il filamento. Risultato? Un filo più morbido: la seta completamente sgommata (o seta cotta) è la più pregiata perché diventa straordinariamente brillante e dolce al tatto. I fili delle sete crude, invece, non riescono a «tenere» la filatura e la tintura una volta privati della sericina: per questo vengono immersi in sostanze sintetiche come la formaldeide, che impedisce alla «gomma naturale » di sciogliersi.

seta grezza
Da dove viene. «Sarà italiana o cinese? ». Davanti a una camicetta di seta in vetrina, la risposta è scontata. Quasi tutta la seta greggia viene dalla Cina che ne produce 485 mila tonnellate all' anno e anche il 90 per cento della seta lavorata in Italia viene da Pechino. Seconda in classifica, per la produzione di bozzoli, è l'India, con 11.500 tonnellate. Di filati indiani a noi, però, ne arrivano pochi, dato che questo immenso Paese li usa alI'80 per cento per la confezione dei sari, le splendide tuniche femminili che lasciano scoperta una spalla. La moda detta legge anche in Giappone. terzo produttore al mondo di seta greggia, che ne impiega moltissima per i kimono.

L'Italia, invece, è il primo paese importatore di filato grezzo: donne italiane avvolte di seta da capo a piedi? Niente affatto: ne usiamo un decimo rispetto alle giapponesi (solo 30 grammi all'anno a testa), ma la compriamo per lavorarla ed esportarla. La seta lavorata in Italia è richiestissima in tutto il mondo per la qualità del taglio e del design. Certo, il tessuto e i capi confezionati in Estremo Oriente hanno prezzi molto competitivi e si vendono molto anche da noi. E per un top o una camicetta a tinta unita, il made in "Cina" va benissimo. Ma se cercate disegni e fantasie più ricercate, è quasi inevitabile scegliere il made in Italy».
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