Il-Trafiletto
Visualizzazione post con etichetta esercito. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta esercito. Mostra tutti i post

04/03/14

Le "epurazini" dei Senatori del M5S | "Pizzarotti e' nella black list di Grillo da tempo".

Federico Pizzarotti conferma per il 15 marzo l'appuntamento con sindaci e candidati sindaci grillini. Anche se ieri Grillo era stato molto duro su twitter scrivendo che "l'incontro con i sindaci ed i candidati sindaci M5S organizzato da Pizzarotti a marzo non e' stato in alcun modo concordato con lo staff, ne' con me". Gia' Giovanni Favia, primo storico 'cacciato' dal Movimento, ha sostenuto che "Pizzarotti e' nella black list di Grillo da tempo". 


Luis Alberto Orellana, uno dei quattro appena espulsi e dimissionario, e' convinto che "quello di Grillo, sostiene è segno di nervosismo ma certo se Pizzarotti conferma l'incontro con i sindaci, lo fanno fuori". La democrazia e' una bella cosa - dice ironico - ma secondo Grillo siamo in guerra e la democrazia non possiamo permettercela". I 5 stelle? "E' un esercito" risponde secco. Intanto, gli espulsi lavorano alla costituzione di un nuovo gruppo, come annuncia il senatore Lorenzo Battista, anche se i tempi potrebbero essere lunghi.

L'obiettivo dei fuoriusciti ed espulsi e' formare "un nuovo gruppo politico, avere un'identita' come gruppo"; sara' formato solo da ex 5 stelle, precisa, sara' "piu' democratico e non ci sara' alcun leader, tutti potranno esprimere il proprio pensiero liberamente". "Fiducia condizionata su punti e risultati ottenuti dal Governo Ranzi" sottolinea ancora. E alla Camera, tra gli integralisti, c'e' gia' chi ironizza: "Nasce il gruppo di Battista.. Ora confonderanno Battista e Di Battista". Mentre il primo e' stato espulso da M5S, il secondo, Alessandro Di Battista, e' tra i fedelissimi. I numeri comunque al Senato ci sarebbero: oltre ai 4 espulsi (Battista, Bocchino, Campanella e Orellana), ci sarebbero anche i 3 ex che gia' si trovano nel Misto (De Pin, Anitori, Mastrangelo e Gambaro). E poi a questi, potrebbero sommarsi anche i 5 senatori dimissionari (Mussini, Casaletto, Bencini, Bignami e Romani) che pero' al momento, finche' le dimissioni non saranno approvate - ipotesi abbastanza remota e comunque i tempi non sono immediati - rimarrano a lavorare con il gruppo M5S. Tra l'altro, finora nelle loro dichiarazioni hanno sempre smentito di voler passare ad altro gruppo. In stand by, invece, la situazione alla Camera dove i deputati piu' critici alla linea del Movimento sono una piccola minoranza. Uno di loro lo ammette: "Il problema e' che non abbiamo i numeri, siamo una decina e non bastiamo". Ma intanto, osservano e discutono. Anche animatamente perche', come spiega un altro deputato, "ognuno va per se', non c'e' un gruppo. La difficolta' e' anche questa". Alessio Tacconi, passato al Misto, ha avuto contatti telefonici con alcuni degli ex colleghi ma anche lui conferma che al momento nulla si muove. Un altro ammette: "E poi se fai una critica generale, ti fanno fuori subito. Non puoi parlare. Al limite puoi fare critiche nel merito dei provvedimenti..". E' nervoso Tommaso Curro', un dissidente della prima ora che ha gia' rischiato l'espulsione, e che oggi su Facebook ha scritto un esplicito "Andate affanc... tutti!" a proposito di presunte sue cene segrete con Civati. E in transatlantico sbotta: "E' 10 mesi che sopporto. Ora basta. Venerdi' appena incontro gli attivisti li faccio neri. Mi sono scocciato di tutte queste dicerie su di me, tutte false". A fianco c'e' Walter Rizzetto, anche lui considerato una delle voci critiche del Movimento, ma che sull'ipotesi di lasciare o meno il gruppo fa il misterioso: "Ho deciso. Non vi dico cosa ma ha deciso". Intanto racconta che sul territorio - Friuli Venezia Giulia - gli attivisti sarebbero spaccati e che molte sono le sollecitazioni di chiarimento che arrivano. Secondo quanto si apprende, infatti, agli attivisti del Friuli non sono piaciute le modalita' delle espulsioni e contro il triestino Battista non c'era alcuna sfiducia del territorio. (AGI) .

20/02/14

Cibo con le "stellette"

Un cibo  "ricercato" quello che si conserva anche tre anni a temperature alte, oggetto di studio di ricercatori dell'esercito americano, per poter dare più scelta ai militari.

cibo in scatola per l'esercito
 Una pizza con i peperoni in grado di resistere tre anni, a una temperatura di 27 gradi, mantenendo la stessa fragranza. E' la 'ricetta' a cui sta lavorando un gruppo di ricercatori dell'esercito americano, che ha messo a punto una combinazione di ingredienti, come zucchero, sale e sciroppi "umettanti", per eliminare acqua dall'impasto ed evitare la formazione di muffe.

Obiettivo dell'esperimento e' far si' che anche la pizza possa essere inserita nella razione per i militari impegnati sul campo. Al momento, nel 'menu' ci sono 24 scelte, dallo spezzatino messicano di carne, alle specialita' italiane. Tra i piatti considerati piu' trendy, secondo quanto riferito alla Bbc dal portavoce del centro di ricerca dell'esercito a Natick, David Accetta, c'e' la pasta al pesto con il pollo, "simile a una pietanza che puoi mangiare al ristorante".                                                                                                fonte(AGI)

18/01/14

Deceduto l’ultimo soldato giapponese arresosi nel 1974.

Hiroo Onoda, il leggendario ultimo soldato dell'Esercito imperiale giapponese arresosi soltanto nel 1974, è morto all'età di 91 anni per un infarto in un ospedale di Tokyo dove era stato ricoverato dal 6 gennaio dopo un'insufficienza cardiaca. Onoda, ex ufficiale dell’intelligence, continuò a combattere per decenni sull’isola filippina di Lubang, dove era stato distaccato nel 1944, malgrado la resa del Giappone nella Seconda guerra mondiale.

Hiroo Onoda
Onoda era un membro della classe di comando Futamata Bunko, addestrato come guerrigliero. Nel Natale del 1944 fu inviato nell'isola filippina di Lubang con il compito, insieme con i soldati già ivi presenti, di ostacolare l'avanzata nemica. Aveva ricevuto l'ordine di non arrendersi, a costo della sua stessa vita. Dopo essere sfuggito all’attacco statunitense del 28 febbraio 1945, Onoda ed altri tre commilitoni si nascosero nella giungla, decisi a frenare l’avanzata del nemico ad ogni costo. Non riuscivano a credere che la loro Patria, il grande Giappone, si fosse potuto arrendere. Così nonostante fossero arrivate notizie della fine della guerra, essi non gli diedero peso, e reputarono falsi anche alcuni volantini e foto di famiglia lanciati da un aereo per convincerli a cessare le ostilità. Onoda e i suoi compagni rimasero quindi sull'isola continuando la "missione" e combattendo contro gli abitanti dell'isola (non giapponesi), nascosti nella giungla. I tre vissero di furti di viveri e vestiti dei cittadini filippini. Dopo che un compagno si arrese e gli altri due rimasero uccisi, Onoda continuò da solo la “missione” per quasi trent’anni. Il 20 febbraio 1974, dopo giorni di ricerche, il giapponese Norio Suzuki ritrovò Onoda e fece ritorno in Giappone con le foto del militare e convincendo l'ufficiale diretto superiore di Onoda, il Magg. Taniguchi, a recarsi sull'isola per convincerlo ad arrendersi. Onoda si arrese, riconsegnando la divisa, la spada, il suo fucile ancora perfettamente funzionante, 500 munizioni e diverse granate. Ma al suo rientro in patria la celebrità lo sorprese negativamente; i valori antichi del Giappone secondo i quali aveva vissuto e per i quali aveva combattuto una personale guerra, ai suoi occhi erano scomparsi. Onoda emigrò in Brasile con il fratello Tishro e si sposò nel 1976.

17/01/14

Vivo il sergente dell'Esercito USA prigioniero dei Taleban da cinque anni

Fu catturato nel giugno del 2009, al termine di un turno di guardia. Trattative discontinue con i taleban, trascinano a lungo la sua liberazione. Unico prigioniero di guerra americano, non si sapeva nulla di lui da tre anni. Finalmente un video dove lo ritrae vivo, riapre i negoziati per portarlo a casa.

Il sergente dell’Esercito degli Stati Uniti, Bowe Bergdahl, prigioniero dei taleban, fucatturato nel giugno del 2009, al termine di un turno di guardia in un remoto avamposto della provincia di Paktika, nel sud-est dell’Afghanistan. Ad oggi è l’unico prigioniero di guerra americano in tutto il Pianeta, e di lui non si avevano immagini da circa tre anni. Sino a quando, pochi giorni fa, le autorità militari americane sono venute in possesso di un video le cui immagini confermano che il sergente è ancora vivo. Dal filmato, realizzato sembra il 14 dicembre 2013, Bergdahl appare in precarie condizioni di salute a causa della sua lunga detenzione nelle mani del gruppo Haqqani, ovvero gli affiliati dei taleban in Pakistran, ma non è chiaro dove sia il luogo di detenzione. «La vicenda del sergente Bowe Bergdahl si è trascinata troppo a lungo e noi continuiamo a lavorare alacremente per giungere a una sua liberazione in tempi rapidi», ha spiegato un portavoce del Pentagono.
Nel maggio 2012, il governo americano aveva confermato pubblicamente di aver avviato un negoziato con i taleban per la liberazione di Bergdahl, ma da allora le trattative sono state assai discontinue e non hanno portato a nessun risultato di fatto.

Bowe Bergdahl, 28 anni, in un filmato con
uno dei carcerieri del gruppo terroristico Haqqani.
Il sergente Usa è stato catturato al termine di un turno di
guardia nella provincia di Paktika
Soprattutto per la preoccupazione da parte americana che consegnare prigionieri in cambio della liberazione del sergente avrebbe voluto dire permettere loro di tornare a combattere contro le forze alleate. Poi il cambio di rotta, circa un anno fa, quando la Casa Bianca ha annunciato che era disposta a inviare cinque detenuti in Qatar, dove era stata aperta un rappresentanza diplomatica taleban, in cambio di Bergdahl. Non è chiaro quali sviluppi abbia avuto quell’annuncio, né se il video del sergente giunto in questi giorni sia un segnale di svolta. «Non possiamo fornire informazioni dettagliate sullo stato della trattativa o su quali passi stiamo compiendo. - prosegue il portavoce della Difesa Usa - Ma è fuori discussione che ogni giorni ci adoperiamo, con ogni strumento e mezzo militare di intelligence o diplomatico, affinché il sergente Bergdahl faccia ritorno a casa sano e salvo». Chi è sempre stato convinto di poter riabbracciare il militare, è la sua famiglia originaria dell’Idaho. «Come abbiamo fatto tante volte in questi quattro anni e mezzo, chiediamo ai rapitori di rilasciare Bowe sano e salvo così che possa riunirsi ai suoi genitori», spiegano in una nota. Lo scorso anno i Bergdahl avevano ricevuto una lettera da parte del figlio – che al momento del rapimento aveva 23 anni – attraverso la mediazione della Croce Rossa. E proprio al figlio si rivolgono in un nuovo accorato appello: «Bowe, se sei in grado di sentire questo messaggio, ti chiediamo di continuare ad essere forte e sopportare ancora per un po’ questa situazione. La tua capacità di resistere ti porterà al traguardo».                                                  fonte La Stampa.it
Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia.