20/02/17

A tavola contenti come una "Pasqua"

La Pasqua

La partenza degli Ebrei dall' Egitto (ESODO XII), l'ultima cena e la resurrezione di Cristo (Vangeli di S. Matteo 26, di S. Marco 14,di S. Luca 22) e la determinazione della domenica successiva alla prima luna piena dell'equinozio di primavera: le origini della Pasqua tengo entro questi termini. Sui calcoli astrologici e sulle sacre scritture, s'è appuntata quindi un'interpretazione ibrida e mutevole: quaranta giorni di Quaresima e sette di Passione hanno suggerito precetti lassi o restrittivi, con lo sguardo rivolto ora al sacrificio ora al tripudio. 

Mosè ha dettato la scelta degli alimenti e la loro preparazione: "L'agnello maschio (d'età inferiore all'anno) arrostito intiero, con testa e visceri, il pane senza lievito e le erbe amare. Un cesto posto sulla tavola del Seder (pranzo pasquale) contiene tre azzime, una zampa d'agnello arrostita, un uovo sodo, qualche foglia di lattuga. Ogni commensale ha il suo bicchiere per il vino, più uno, sulla tovaglia bianca, per il profeta Elia". 

Di questa legge, ripetendo la Cena nel giorno della Resurrezione, i cristiani hanno serbato l'agnello e il vino, rinunciato alle erbe e aggiunto il lievito nella farina. Nella sua antica forma, la Pasqua è una festa parca, di pochi e meditati sapori. Cristo risorgeva con un corpo piagato e l'incertezza regnava sul suo ritorno: ascoltando i racconti di feroci torture, migliaia di cristiani .oscilleranno nel crederlo ora un uomo ora un dio. Austera nell'ispirazione, in seno alla chiesa di Roma questa ricorrenza s'è via via corrotta a contatto con il passato digiuno e liberata dai lacci della tradizione mosaica ed evangelica. Tutte le varianti, anche le più innocenti, sottolineate dalla pittura italiana del '400, pesce, crostacei e frutta, appartengono ad una gioia tardiva, istruita dal gusto e dal rapporto fra latitudine, ciclo stagionale e pregio delle derrate. La geografia della festa contribuisce molto al suo protocollo. Nelle valli alpine e subalpine, cinque secoli fà, si serviva un piatto di gamberi, sulle coste mediterranee la verdura si mostrava varia e bella mentre per molti fedeli regnava ancora l'inverno.

Pane, carne e vino sono le basi di una millenaria alimentazione cui l'affresco conferisce leggiadria nuova con un arredo talora prezioso e con qualche ghiottoneria d'autore. L'uovo e il dolce per la loro natura superflua o mediata, hanno invece un posto discreto, fuor della cena (sacra), entro il banchetto (profano). In una lenta muta, il serpente della gola è andato inghiottendo l'angelo dell'astinenza, favorito dalla terra che al sud produce già frutta quando al nord sbucano grame le erbette. In mancanza di ovini, si tira il collo al pollame, riservandone le uova, parte per la frittata e parte per dipingerle. Sulla domenica di Pasqua preme il ricordo del Carnevale, laddove era la Quaresima con pani e pesci ad anticipare la Resurrezione. Le processioni, in tutta Italia, portano le statue colorate di Gesù, della Madonna, di qualche Santo a visitare le vie e le case. Quelle grosse teste lignee, quegli occhi neri dietro veli d'argento si trascinano dietro un gran desiderio di spettacolo, consanguineo dei misteri e delle sceneggiate. 

In questo mito frugale e nel suo conseguente traviamento, hanno attecchito infinite varianti storiche, ed alcune recenti in cui l'ombra dei simboli eucaristici vela appena la presenza di un' offerta che si ripete nella cioccolata, in forma d'uovo, o nel coniglio, avvolto nella stagnola, con sorpresa. Come per gli ebrei era un rito di partenza (dall'esilio) e per i cristiani la scoperta di un mondo (provvisoriamente) senza l'Uomo-Dio, oggi la vacanza e il viaggio sanciscono l'abbandono della propria comunità e l'avventura in un altro deserto, fitto di oasi turistiche, e di alberghi dispensa tori di manna. Il precetto dietetico cede tutta la sua forza al simbolo che diviene moneta e consumo. Pasquale fa rima con ovale. Un neopaganesimo spiritualmente indigente, e una antropologia da rotocalco ripetono che nel tuorlo c'è sempre stata la cellula della rigenerazione, prima di Cristo e dopo. Ma conferire alla festa religiosa radicipaleolitiche, significa, il più delle volte, laicizzare il presente, legittimandolo in tutte le sue forme. 

Essendo tempo di pace o tregua di guerra, la colomba (più antica di Mosè) ha buon gioco nell'imporsi, non arrostita, ma soffice e zuccherina: è un prodotto dell'industria con varianti cremose, mandor/ate, e candite. Come già in occasione dell' Epifania e del Carnevale, il gusto dolce prevarica sugli altri, ultimo nel servizio, primo per volume d'acquisti, liberando il menù dalla sottile scelta delle erbe, crude, cotte o in torta, dall'alternanza di pesci e carne ovina, da un servizio avveduto e fantasioso di frittate. Viceversa, alcuni piatti regionali saldano l'inverno dell'anno passato con la primavera del futuro. La torta pasqualina, sfoglia e ricotta con qualche filo d'erba e fette d'uovo, farcia dalle mille ricette, si vende a fette in ogni rosticceria prima e dopo la Resurrezione. 

L'agnello da latte cede il suo posto alla faraona? Entrambi sono disponibili per dodici mesi. Sta forse spegnendosi il ricordo della Cena? Forse vacilla il lume della memoria,di un regime ciclico e forzato. Nessuno ignora la fine alimentare delle stagioni e dietetica della Quaresima, la semplificazione crescente della liturgia e la minore povertà sociale. Come rimettere ordine nella carnevalata pasquale, o punzecchiare l'apatia festiva? Si potrebbe consigliare di attenersi ai precetti: Niente gusci di cioccolato con anellini di plastica, una sola carne, quella più antica, e pane a volontà. Ma come persuadere chi ha già scelto, profittando della neve o di un viaggio di modico forfait? Che faranno i più avvezzi da anni a comperarsi qualche porzione di fricassea d'agnello, aggiungendo, se è il caso, una confezione di cuori di carciofo surgelati? Impartire il contrordine alle abitudini, è uno sforzo impari alla forza dell'inerzia e dei consumi agevolati. I simboli costano mille lire o milioni, vengono offerti ovunque. Per riequilibrare passato e futuro, occorre sapere, farsi una idea della Pasqua ampia e varia, soppesare tradizioni e novità, studiare il guado, scegliere per gusto. 

Un giro per l'Italia e per l'Europa; una sbirciata ai riti ebraici, cattolici, greci possono metter appetito di fare, dopo aver letto, e di godere, dopo aver meditato. Parrebbe inutile mettersi in viaggio, senza una terra promessa: si rischia di finire in quelle isole che pure vengon chiamate di Pasqua, dove i capoccioni neri e accigliati, guardano il turista come un sauro e dove mille lucertole crestate e antichissime paion fornire la prova che, prima della festa ebraica o cristiana, si celava un mondo cruento e tetro. 

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