09/11/14

Un ingresso aperto nel chiuso palazzo del Re | L'Alchimia

.............. ma poi riprese la ricerca alchimistica.[Qui]


Alcuni testi, come The Sophic Hydrolyth [L'idrolito sofico], offrono agli alchimisti una guida per poter giudicare quando la sostanza non sta procedendo in modo soddisfacente. Un arrossamento prematuro, la mancanza di coagulazione e così via sono sintomi di una composizione e di una temperatura errata, o di qualche disattenzione. L'autore prosegue: se non ci si accorge subito di questi difetti, ben presto non vi si potrà più porre rimedio. Un adepto accorto dovrebbe essere pratico dei vari espedienti con cui poter rimediare; e io qui li esporrò loro per il bene del principiante ...
Una sorte ben peggiore viene prospettata da un antico scrittore cinese nel caso lo studioso si senta smarrito:
«I gas prodotti dal cibo consumato provocheranno dei rumori nell'intestino e nello stomaco. Si espirerà la giusta essenza e si inalerà quella cattiva. Si passerà giorno e notte senza dormire, mese, dopo mese. Il corpo allora sarà spossato, e assumerà un aspetto malato. Centinaia di vibrazioni fremeranno e ribolliranno in modo cosi violento da allontanare qualsiasi pace di spirito e di corpo ... Vi saranno apparizioni spettrali, dalle quali resterà turbato perfino nel sonno. Poi sarà condotto nuovamente a rallegrarsi, al pensiero che gli è assicurata la longevità. Ma all'improvviso sarà colto da morte prematura».
Potrebbe essere pericoloso divulgare che si è praticata l'alchimia: se le persone associassero l'alchimia con il demonio, potrebbero impiccarti; se pensassero che tu sei in possesso del segreto per fabbricare l'oro ti darebbero la caccia con avidità: nel caso di re e potenti si trattava spesso di «provarlo o morire». Talvolta venivano emanate leggi che bandivano l'alchimia o che altrimenti insistevano sulla necessità per l'alchimista di ottenere una licenza speciale se voleva provare di essere un ricercatore autentico. L'anonimo autore di Un ingresso aperto nel chiuso palazzo del Re dipinge un ritratto alquanto patetico della sorte degli alchimisti:
«Fino a che il segreto è in mano ad un numero relativamente piccolo di filosofi, la loro sorte non può che essere brillante e felice; circondati, come siamo, da ogni parte dall'ingordigia crudele e dalla moltitudine sospettosa e impicciona, siamo costretti, come Caino, a vagare sulla terra senza casa e senza un'amicizia. Non sono destinati a noi i benefici influssi della serenità domestica; non sono per noi le deliziose confidenze dell'amicizia. Gli uomini che agognano il nostro aureo segreto ci inseguono per ogni dove e la paura serra le nostre labbra, quando l'amore ci induce alla tentazione di aprire liberamente il nostro cuore ad un fratello. Per questo motivo a volte ci sentiamo di poter prorompere nella desolata esclamazione di Caino: "Chiunque mi troverà, mi assassinerà!". Eppure noi non siamo gli uccisori dei nostri fratelli· siamo solo desiderosi di fare del bene al nostn simili. Ma la nostra gentilezza e la nostra compassione caritatevole vengono ricambiate con nera ingratitudine - ingratitudine che grida vendetta al cospetto di Dio. Non molto tempo fa, dopo aver visitato i ritrovi colpiti dalla peste di una certa città, e dopo aver completamente risanato i malati con una medicina miracolosa, mi sono trovato circondato da una marmaglia urlante, che pretendeva che dessi loro il mio Elisir dei Saggi; fu solo cambiandomi di abito e mutando il mio nome, rasandomi la barba e indossando una parrucca cheriuscii a porre insalvo la pelle ...»
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