La letteratura tantrica fu esposta da Avalon come culto della Dea che è potere e pura coscienza(cit) , anteriore alla manifestazione dell'universo, alla dualità di conoscente e conosciuto, abbastanza simile alla coscienza che si può avere risvegliandosi con un vago ricordo della gioia goduta nel sonno, coesistenza del puro essere (sattva), della coscienza primordiale e della beatitudine, quando si può dire, secondo Il Visvasàratantra «Chi sta qui sta anche altrove. Chi non è qui non è in nessun luogo ». Per arrivarci bisogna aver infranto le restrizioni (pasa): pietà, ignoranza, vergogna, famiglia, moralità, casta, come le elenca il Kulàrnavatantra: Finché Kundalini è addormentata avvolta al coccige, si è perfettamente svegli. Quando si sia ridestata, la nostra coscienza è trasfusa nella luce e di fronte agli inganni, alle illusioni del mondo si resta del tutto assopiti.

IL TANTRA BUDDHISTA
Fin qui si è presentato il Tantra come eresia induista, terza fra le vie alla liberazione. Il buddhismo lo condannò quanto l'induismo ortodosso ma ne fu altresì compenetrato e lo assunse come dottrina maggiore nella massima sua università a Nàlandà, dotata dai Gupta d'una vastissima biblioteca. Si generò così il vajrayana, la via del forte e duro, dello scoppio, che conduce a conoscere la vacuità del reale, rimasta a tutt'oggi intatta in Tibet, nel Nepal e a Bali a fianco dell'induismo.
Tre missionari tantrici dall'India raggiunsero il tempio a forma di mandala a Famen nello Shaanxi di dove, dopo cent'anni di nascondimento, il Tantra si diffuse nella Cina dei Tang. Ci vissero le scuole tantriche Zhenyanzong, Jushezong, Chengshizong, ma nessuna riuscì a impiantarsi. La straordinaria civiltà tantrica indiana fu spezzata con stragi e incendi dall'invasione islamica del 1200.